Estratto dell’articolo di Michela Bompani per www.repubblica.it
AGNESE MORO
«Non si ripara l’irreparabile, ma abbiamo attraversato insieme i nostri inferni, io e i miei amici difficili e improbabili, i miei amici preziosi»: Agnese Moro parla di chi ha ucciso suo padre, Aldo Moro, 45 anni fa, nel silenzio assoluto del Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, a Genova, ieri sera, dopo aver ricevuto dalle mani del sindaco Marco Bucci il Premio internazionale Primo Levi, istituito da Piero Dello Strologo presidente del Centro Culturale Primo Levi di Genova nel 1992, e assegnato ad Agnese Moro per il suo impegno nella “giustizia riparativa”.
FRANCO BONISOLI
E il primo ad alzarsi in piedi, il primo di tutti, poi seguito da tutta la sala, per una commossa standing ovation, è Franco Bonisoli, ex brigatista, proprio uno dei suoi “amici difficili e improbabili”, che rapì l’ex presidente del consiglio e presidente della Dc.
AGNESE MORO AL PREMIO LEVI A PALAZZO DUCALE A GENOVA
«L’incontro è molto importante - dice Moro - perché, fino ad allora, vivevo in un mondo popolato di fantasmi. Al primo incontro, invece, mi trovai di fronte a una persona: fino ad allora ero circondata da fantasmi giovani, invece lì c’era un vecchio. E il dolore, ho capito, non era solo mio. Mi disse “Hai una faccia che non si può vedere”, perché gli ricordavo mio padre. È strano il loro desiderio di incontro. Si sono fatti decine di anni di galera brutta, eppure mi vogliono incontrare. La giustizia riparativa è fatta così: raccontare, rimproverare e imparare a disarmarsi, per ascoltare. E ci fa togliere le maschere: quelle che ci hanno intrappolato per decenni: loro, quelle di cattivi per sempre. Noi, quelle di vittime per sempre. La giustizia riparativa si occupa dell’irreparabile».
AGNESE MORO AL PREMIO LEVI A PALAZZO DUCALE A GENOVA
[…] Agnese Moro ha sottolineato l’onore di ricevere il Premio dedicato a Primo Levi: «Ammiro tanto il suo coraggio di non cedere mai alla tentazione della semplificazione - ha detto - Levi non ha mai escluso neppure un atomo, neppure il più contraddittorio o il più scomodo. Una virtù, la complessità, di cui abbiamo assoluto bisogno, in un mondo che ama i leader, le persone strafighe». […]