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    AI WEIWEI ALL’OPERA (DI ROMA) – L’ARTISTA DISSIDENTE CINESE PRESENTA LA SUA TURANDOT AL COSTANZI DA QUESTA SERA AL 31 MARZO: UN ALLESTIMENTO CHE INTRECCIA IL TEATRO MUSICALE CON IL LINGUAGGIO CONTEMPORANEO. SUL PODIO LA DIRETTRICE D'ORCHESTRA UCRAINA OKSANA LYNIV - VIDEO DI ESPLOSIONI, RIFUGIATI, ROVINE, OSPEDALI, PANDEMIA, RIVOLTE, ACCOMPAGNANO SUL PALCO L'OPERA DI PUCCINI, NELLA VERSIONE INCOMPIUTA, SENZA HAPPY END: “PIÙ IN LINEA CON LA NOSTRA VISIONE E CON IL MOMENTO STORICO…”


     
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    Simona Antonucci per “il Messaggero - Cronaca di Roma”

     

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    «Questa è la mia prima e ultima regia lirica. Ho dato tutto. Sono soddisfatto del risultato, ma più di così non potrei fare». Ai Weiwei, artista cinese dissidente, 64 anni, presenta la sua Turandot al Costanzi da questa sera al 31 marzo. Un allestimento-evento che intreccia il teatro musicale con il linguaggio contemporaneo.

     

     Video di esplosioni, rifugiati, rovine, ospedali, pandemia, rivolte, accompagnano sul palco l'opera di Puccini, nella versione incompiuta, senza il finale happy end di Alfano: «Sicuramente più in linea con la nostra visione e con il momento storico », spiega Weiwei.

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     OKSANA LYNIV

     Sul podio la direttrice d'orchestra ucraina Oksana Lyniv che ha lavorato in totale sintonia con il regista: «Questa produzione interrotta dalla pandemia nel 2020», hanno spiegato, «nasce tra una crisi sanitaria e una guerra. Non parlare di tutto questo sarebbe un crimine». «L'opera», ha aggiunto il sovrintendente del Costanzi, Francesco Giambrone, «ha sempre parlato di noi, ma lo abbiamo dimenticato limitandola a riproporre un passato lontano.

     

    Questo allestimento conferma la straordinaria capacità degli artisti di leggere in profondità il tempo nel quale viviamo e di raccontarne le contraddizioni in uno spettacolo che per sua natura non ha tempo».

     

    Su un palco globale che abbraccia la Pechino della favola di Gozzi e il caos che affligge l'umanità, un mappamondo e le rovine imponenti romane, fragili «come l'Unione Europea in questo momento», cantano Oksana Dyka nel ruolo del titolo, Rodrigo Ortiz (l'imperatore Altoum), Antonio Di Matteo (Timur), Michael Fabiano (Calaf) Francesca Dotto (Liù).

     

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    Dirige il coro, il maestro Gabbiani. Firma le luci Peter van Praet, mentre la coreografia è curata da Chiang Ching, una delle figure principali nell'industria cinematografica di Hong Kong e Taiwan. Ma oltre ai video, sono i costumi a tradurre la sua visione: personaggi rubati alla cronaca, «cui restituisco poesia perché», spiegò durante i giorni di lavorazione in sartoria «ho cara la bellezza anche nelle condizioni peggiori: siamo comunque sognatori».

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    GLI OMBRELLI

    Ci sono voluti più di otto mesi di lavoro per cappe, parrucche, parastinchi, caschi, zainetti, scarpe, giubbotti da salvataggio, tute anti-sommossa, mantelli con il suo terzo finger, camici ospedalieri, copricapo con le bombe di Hiroshima, caftani, ombrelli della rivolta di Hong Kong: più di duecento abiti-installazione per una produzione kolossal. Calaf, il principe spodestato, che s' innamora di Turandot, porta sulle spalle un rospo gigante: secondo l'artista rappresenta qualcosa che lo insidia come il fascino del potere quando si avvicina alla principessa.

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    Ping, Pong e Pang, i funzionari imperiali, sono i mannequin dei simboli chiave: la bomba, protagonista di molte sue mostre, le telecamere delle guardie anti-rivolta, denunciate nei suoi video, e il dito medio, con cui spesso il creativo, ha manifestato il suo dissenso nei confronti di molti establishment. Turandot è un candido bozzolo nel primo atto, per diventare farfalla quando comincia a cantare, ma con un ragno tra i capelli. «Tutti abbiamo una vita, breve, solo un attimo per far sentire la nostra voce: vale la pena fare un po' di rumore», spiegò nel 2020 al termine dei lavori in sartoria. Teatro dell'Opera, piazza Gigli. Oggi, ore 20. Fino al 31

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