1.SE ANCHE APPLE SCOPRE LA PAROLA FLOP
Rodolfo Parietti per “il Giornale”
L' iPhone squilla ancora, ma il suono non è più quello tintinnante dei registratori di cassa.
ipad pro hulk
L' eterna crescita, il moto perpetuo a salire sempre più in alto, non ci sono più. Cancellati da un trimestre in cui Apple è tornata sulla terra, appiattita da cifre non più siderali, azzoppata dal primo infarto dei ricavi dopo 13 anni.
Peggio: imperdonabile peccato capitale, Cupertino non ha rispettato le stime degli analisti scatenando gli animal spirits dei mercati, in un tiro al bersaglio della Mela morsicata degno di Guglielmo Tell.
Meno 6%, uno score da peso piuma a Wall Street che fa svaporare circa 43 miliardi di dollari di ricchezza borsistica, l' intero valore di Deutsche Bank, mentre soci di gran stazza come la banca centrale svizzera sono in gramaglie a fronte degli almeno 80 milioni di dollari andati in fumo.
A presentare un conto salato sono stati i dieci milioni in meno di melafonini venduti.
la apple pencil sul web
Era da mettere in conto. Bastava lanciare anche uno sguardo distratto agli affanni consumistici della Cina (-25% il fatturato dall' iPhone dopo le vacche obese dei trimestri precedenti) per ritarare il budget, magari schiacciarlo anche un pelino al di sotto delle potenzialità, giusto per poi presentarsi ai mercati con i numeri più luccicanti del previsto e fare tutti contenti.
Funziona anche così, nella finanza di oggi. Essendo le aspettative, spesso sgangherate, spesso immotivate, prevalenti sulla realtà delle cose, capita di dare un' aggiustatina preventiva ai conti. Una volta le aziende venivano valutate soprattutto sulla base delle prospettive, sulla capacità di innovare: ora il dominio dagli algoritmi è fondato sull' istante, sul nanosecondo, in una sorta di carpe diem speculativo.
TAYLOR SWIFT MELA APPLE
Ma, al di là delle logiche di mercato, serve capire se il trimestre nero sia da considerare solo un incidente di percorso, o se Apple stia perdendo il proverbiale tocco magico. Di sicuro, la strategia di far dell' iPhone il nocciolo duro dell' intero business (dallo smartphone derivano i due terzi del fatturato) espone Cupertino al pericolo di diventare quasi un marchio mono-prodotto.
Con tutti i rischi del caso, accentuati dalla forte concorrenza esercitata nell' emisfero occidentale da Samsung e Huawei e, a Oriente, da prodotti emergenti come quelli targati Xiaomi. Serve un plus, per vendere e fare quei volumi che new entry come la Apple Tv e l' Apple Watch non possono certo garantire. Ma, forse, servirebbe soprattutto ripartire da una frase di Jobs: «Quale incredibile beneficio abbiamo dato ai clienti!».
tim cook alla presentazione dell'apple watch e3bee14
Dalla discoteca incastonata nell' iPod con cui ha pensionato il Walkman, allo schermo touch sognato da intere generazioni, Apple ha cambiato il mondo e sorpreso tutti. Generando uno stupore paragonabile a quello di chi era in sala alla proiezione di «L' arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat», dei fratelli Lumière. Ecco, serve ancora ritrovare quella magia.
2.“L’INNOVAZIONE È FINITA SMARTPHONE IN CALO” NEI PAGAMENTI VIRTUALI LA RICETTA PER IL RILANCIO
Jaime D’Alessandro per “la Repubblica”
APPLE CAMPUS
Prima la battuta di arresto, poi il passo indietro. La Apple, dopo la scorsa trimestrale in pareggio, mostra il segno negativo. Non accadeva da tredici anni. L’utile netto è stato di “soli” dieci miliardi e mezzo di dollari contro gli oltre tredici dello stesso trimestre del 2015. Questo significa, fra le altre cose, dieci milioni di iPhone in meno. Ma a Cupertino si possono consolare.
APPLE STORE IN LUTTO
Assieme a Google e Microsoft hanno in mano un asso: l’universo di servizi e app presenti e future che ruota attorno al loro sistema operativo per mobile. Tutto il mondo degli smartphone rallenta o si ferma e in certi Paesi, quelli occidentali in primis, in maniera vistosa. Da quando sono nati i telefoni evoluti, non era mai successo che la loro crescita si contasse in pochi punti percentuali.
Apple Jobs
E invece ora la Gartner, azienda d’analisi specializzata in tecnologia, certifica per la prima volta un più 7 per cento dopo stagioni passate a guardare i dati galoppare a doppia cifra. «La vera ragione del calo? Di rivoluzioni tecnologiche su schermo tattile se ne vedono sempre meno. Non ci sono motivi per acquistare un modello nuovo».
Da Londra, Roberta Cozza sintetizza così il brutto momento dei colossi dell’elettronica di consumo. Originaria di Cosenza, trasferitasi in Inghilterra diciotto anni fa, da oltre sedici segue proprio per Gartner il settore mobile. «Perfino in Cina il mercato è saturo — continua - Di persone che non hanno mai avuto un telefono ce ne sono sempre meno. E la crescita dall’India e dell’Africa viene bilanciata dalla calma piatta che regna altrove. Noi prevediamo che nel 2020 il mercato a livello globale sarà pieno».
ROBERTA COZZA
Ripensando a quel che è accaduto da quando nel 2007 Steve Jobs mostrò il primo iPhone, era prevedibile che la corsa sarebbe finita. Gli smartphone hanno fagocitato più o meno tutto finché è rimasto poco da fagocitare.
Sono l’unico computer davvero personale della storia, con uno schermo diventato così grande da far battere in ritirata i tablet, un numero di megapixel sufficiente da rendere inutile l’acquisto di una macchina fotografica compatta, processori cresciuti in unità di calcolo e in potenza a tal punto da superare quelli montati sui pc di fascia economica.
ANDREA LAMPERTI
E poi la rivoluzione delle app che ha messo in difficoltà le console portatili e l’avvento delle reti di terza e quarta generazione grazie alle quali vedere show e serie facendo diventare il display del telefono il nuovo piccolo schermo.
«Il caso Apple è un caso indicativo, ma anche singolare», sottolinea Andrea Lamperti del
Politecnico di Milano. «Un anno fa era cresciuta del quaranta per cento. Un periodo straordinario dovuto all’iPhone 6 che ha avuto un successo senza precedenti. È stato il primo iPhone con schermo davvero ampio, molti clienti abituali lo hanno comprato per quello. L’i-Phone 6s è un semplice miglioramento».
Ovunque siamo in presenza di “semplici miglioramenti”. Ora vanno di moda le macchine fotografiche a doppia ottica, ad esempio, da quella del P9 di Huawei a quella del G5 di Lg. Alla fine però i modelli più economici, magari della medesima marca, vanno bene ugualmente alla maggior parte delle persone. Hanno prestazioni più che accettabili per scattare una foto, aprire l’app di Facebook, ascoltare musica in streaming. E allora perché acquistarne uno più costoso?
STEFANO MOSCONI JOLLA
«Si è fermato tutto», conferma Stefano Mosconi da Helsinki. Romano, ex dipendente Nokia, è uno dei cofondatori della Jolla, azienda finlandese che tenta di ritagliarsi a fatica uno spazio con il suo sistema operativo per mobile Sailfish alternativo al duopolio fra Andoid di Google e iOs di Apple.
«Dagli smartphone non mi aspetto grandi novità. Resteranno centrali, e restano centrali i loro sistemi operativi, ma il nuovo terreno di ricerca è legato ai servizi e ai dispositivi che ruotano loro attorno. Cominciando dalla rivoluzione nel campo bancario con i metodi di pagamento da persona a persona senza più nemmeno bisogno di avere un conto corrente. Sempre attraverso una app».
HUAWEI P9
Per proseguire con la realtà virtuale e l’internet delle cose, quell’universo di oggetti intelligenti che vanno dai termostati alle lampadine fino ai sensori che si possono controllare attraverso un telefono. «E poi le assistenti virtuali», replica Roberta Cozza. «Da Alexa di Amazon a Cortana di Microsoft, fino a Siri di Apple o alle applicazioni smart di Google: ora sono un po’ carenti, ma stanno migliorando a vista d’occhio.
Saranno loro a portarci in un’era post app. Dove i servizi non sono più dati solo dalle applicazioni, ma verranno fornite dagli assistenti virtuali». Sempre partendo da ecosistemi nati su smartphone e saldamente in mano alle compagnie americane. Apple inclusa.