Giovanna Vitale per "La Repubblica"-Roma
MARIANNA MADIASe c'è qualcuno, nel governo, che più di tutti si è speso per mettere la parola fine alla telenovela sul salario accessorio dei dipendenti comunali, che per giorni ha fatto la spola fra il Campidoglio e Palazzo Chigi per cercare di costruire una soluzione condivisa, che ha tessuto la trama normativa tra veti degli ispettori del Tesoro e più prosaici equilibri politici, ebbene quel qualcuno si chiama Marianna Madia.
MARIANNA MADIAÈ stata lei, la botticelliana ministra della Funzione pubblica, il vero motore della trattativa: lei a convincere l'esecutivo che bisognava darsi una mossa, lei a tenere i contatti con un sindaco sempre più nervoso, lei a stringere i tempi quando era ormai chiaro che tempo non ne restava più molto: lo sciopero generale proclamato cinque giorni prima delle Europee a suonare come una campana a morto sul risultato del Pd.
Il quale - in una sorta di prova generale di scenari prossimi venturi - si è subito stretto come un sol partito intorno alla giovane condottiera, scordando all'improvviso guerre di correnti e mesi di rancori: il segretario romano Cosentino (cuperliano di rito bettiniano) fianco a fianco con il vicesegretario nazionale Guerini (renziano del giglio magico), uniti nell'impresa di aiutare Marianna a centrare l'obbiettivo.
assessore&sindaco feliciDue, in verità. Celando, la partita sul salario accessorio, un bersaglio assai più grosso: la scalata del Campidoglio finalmente liberato da Marino. È infatti il salvataggio degli stipendi comunali che ha definitivamente imposto Madia come il ministro di Roma che ha a cuore la sorte dei romani: etichetta che, in un governo a trazione tosco-emiliana, vale doppio.
Tra i parlamentari e i consiglieri comunali ormai non si parla d'altro. Di come Marianna si stia muovendo bene, di quanto sia brava e bella e disponibile, sempre presente quando il partito chiama, umile e attenta, lontana anni luce dalla ragazzina raccomandata che nel 2008 Veltroni volle capolista nel Lazio.
Maria Elena Boschi e Marianna MadiaNe è passata di acqua da allora. Nel frattempo Marianna è cresciuta. A forza di sponsor, feste dell'unità e sezioni. Girate in lungo e in largo con metodo e pazienza. Tant'è che quando a fine 2012 il Pd decise di scegliere deputati e senatori con le primarie, lei ottenne un risultato che nessuno si aspettava: arrivò quinta quasi cinquemila voti, appena dopo Orfini e prima di Morassut, non certo due pesi piuma.
IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZIBuona amica di Enrico Letta che la scoprì, compagna di banco di D'Alema per cinque anni, sostenitrice di Bersani al congresso contro Renzi ma subito convertita al credo rottamatore, è da un po' che il suo destino incrocia quello periclitante del sindaco Marino. È stata il primo ministro del governo Renzi a entrare in Campidoglio, l'unico a sedere nella cabina di regia sul piano di rientro: adesso è pure quello che non taglia il salario dei comunali e salva la faccia al centrosinistra.
MADIA E RENZI ba a d c a becfe c MGzoomLa carta su cui puntare per liberarsi del chirurgo dem senza rischiare la disfatta. Possedendo Marianna l'identikit ideale per vincere nonostante tutto: donna, giovane e renziana. In grado, coi suoi trascorsi, di tenere insieme tutte le correnti. «Persino Marino farebbe fatica a essere contrario» ironizza più di qualcuno.
Non è un mistero che da mesi il Pd trami per mandare a casa il sindaco. Dopo le Europee, ogni occasione tornerà buona: se infatti il Pd prenderà una percentuale al di sotto della media nazionale, sarebbe la prova che Roma ha un problema e ogni decimale in meno sarà messo in carico a Marino. Renzi a quel punto lo mollerebbe.
E la maggioranza capitolina cercherebbe l'incidente decisivo: la mancata approvazione del bilancio in aula o del piano di rientro da parte del governo. Il Comune verrebbe commissariato e in primavera si tornerebbe a nuove elezioni, magari abbinate con le politiche. Tanto il candidato, meglio la candidata, c'è già.