1 - AL CSM LE ACCUSE A WOODCOCK «MINACCIÒ TESTIMONE DI CONSIP»
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Il racconto del testimone che doveva essere sentito come indagato, con un avvocato accanto che invece non c'era, si trasforma in una nuova accusa per il pubblico ministero napoletano Henry John Woodcock e la sua collega Celeste Carrano.
HENRY JOHN WOODCOCK DAVANTI AL CSM
Davanti alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, i due pm incolpati dalla Procura generale della cassazione per violazione di legge e dei «doveri di imparzialità e correttezza» devono dunque difendersi non solo per aver ascoltato l' ex consigliere economico di Palazzo Chigi Filippo Vannoni senza difensore, ma anche «con modalità tali da essere lamentate come non rispettose della sua dignità dallo stesso Vannoni».
JOHN HENRY WOODCOCK DA GIOVANE
In particolare, quando l'hanno convocato al palazzo di giustizia di Napoli il 21 dicembre 2016 per conoscere la sua versione sulla fuga di notizie che ha sabotato l'inchiesta sugli appalti Consip, Woodcock e Carrano «hanno consentito agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria presenti di svolgere, in maniera confusa e contemporaneamente, una molteplicità di domande, invitando il Vannoni a "confessare"».
Inoltre Woodcock, «all'inizio dell'audizione del Vannoni, lo ha invitato a guardare dalla finestra il carcere di Poggioreale, chiedendogli se vi volesse fare una vacanza; e ha mostrato al Vannoni dei fili che gli disse essere microspie, facendogli percepire - senza che ciò corrispondesse al vero - di essere stato intercettato». La conseguenza fu che «la persona informata sui fatti di è sentita "sconvolta", "frastornata" e "scioccata"».
filippo vannoni e matteo renzi
Questo ha detto lo stesso Vannoni ai pm di Roma (divenuti titolari dell' inchiesta) sei mesi più tardi, il 5 luglio 2017, e questo ora viene contestato ai due magistrati finiti sotto processo disciplinare. L'implicita deduzione è che le dichiarazioni fatte da Vannoni a Napoli - e cioè che era stato l' allora sottosegretario Luca Lotti ad avvisarlo di «stare attento» perché c' era un' inchiesta su Consip - furono condizionate, se non estorte. Tanto più che a Roma Vannoni - sentito da indagato, senza più l'obbligo di dire la verità - ha in parte ritrattato quelle dichiarazioni.
FILIPPO VANNONI
L'integrazione dell'accusa a Woodcock e Carrano (titolari pure dell'indagine sulla gestione dei rifiuti in cui s'è inserita l'inchiesta di Fanpage.it che ha provocato le dimissioni dell' assessore salernitano Roberto De Luca) è arrivata durante la prima udienza del processo preliminare, dopo che i difensori dei due magistrati (l'ex procuratore di Torino Marcello Maddalena, oggi in pensione, e il procuratore di La Spezia Antonio Patrono) avevano eccepito l'indeterminatezza della contestazione.
TULLIO DEL SETTE
«Così non ci possiamo difendere», avevano detto dopo la precisazione del sostituto procuratore generale Mario Fresa che le «modalità non rispettose dei diritti di Vannoni» non erano né la stanza piena di fumo di sigarette né che l'avevano fatto attendere al freddo di dicembre fuori dalla Procura, di cui pure il testimone si era lamentato.
«Vannoni mente perché Woodcock ha smesso di fumare da tanto tempo» aveva detto Maddalena all'inizio dell'udienza e l'ha ribadito dopo le nuove accuse: «Non è affidabile né attendibile». Per dimostrarlo, i difensori hanno chiesto al Csm di sentire una serie di testimoni che dovrebbero contraddire la ricostruzione dell' interrogatorio incriminato.
mattarella malago luca lotti
Il Csm ha ammesso i carabinieri e i finanzieri che vi parteciparono, mentre non ha ammesso (riservandosi di decidere in seguito) l'audizione dei pm di Roma Paolo Ielo e Mario Palazzi. Per adesso nessuno l'ha sollecitato, ma è possibile che venga convocato pure Vannoni, visto che questa incolpazione deriva dalle sue dichiarazioni e dalla sua credibilità, tutta da valutare.
A parte la non immediata iscrizione di Vannoni sul registro degli indagati (come invece avvenne per Lotti e per i generali dei carabinieri Tullio Del Sette e Emanuele Saltalamacchia, chiamati in causa dall'ex amministratore delegato di Consip Luigi Marroni) a Woodcock viene anche contestato il colloquio con una giornalista de La Repubblica che poi lo pubblicò sul suo giornale, violando le diposizioni di riservatezza dell' allora procuratore di Napoli e interferendo sull' attività della Procura di Roma.
SALTALAMACCHIA
Woodcock era stato pure inquisito dai pm della capitale per la fuga di notizie sull' indagine Consip comparse sul Il Fatto quotidiano il 23 dicembre 2016, ma poi il giudice ha disposto l'archiviazione su richiesta degli stessi pm. I quali ora accusano per quell'episodio l'ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, già indagato per altri reati e adesso anche per violazione di segreto.
2 - I PM CI RIPROVANO: ADESSO LA FONTE DEL FATTO È SCAFARTO
Valeria Pacelli e Vincenzo Iurillo per il “Fatto quotidiano”
Inizialmente la Procura di Roma riteneva che ad aver rivelato l'inchiesta Consip al vicedirettore del Fatto, Marco Lillo, fosse stato il magistrato napoletano Henry John Woodcock e la conduttrice del programma Chi l'ha visto? Federica Sciarelli. Queste due posizioni però sono state archiviate per mancanza di prove e ora i pm cambiano rotta: secondo l'accusa, c'è Gianpaolo Scafarto dietro gli scoop di fine dicembre 2016 firmati da Lillo.
GIANPAOLO SCAFARTO
Per questo per il maggiore del Noe, già indagato per falso e depistaggio, è stata formulata una nuova contestazione: rivelazione di segreto d'ufficio. L'interrogatorio di Scafarto, interdetto per un anno dal proprio lavoro, è fissato per oggi. In mano, i magistrati capitolini avrebbero un messaggio di un maggiore del Noe e le testimonianze di due colleghi di Scafarto. Al centro delle rivelazioni contestate ci sono gli articoli pubblicati sul Fatto il 21 dicembre 2016, quando Lillo svela l'esistenza dell'inchiesta Consip, e nei giorni successivi, quando è stata rivelata l'iscrizione dell'ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, e del ministro dello Sport, Luca Lotti, per rivelazione di segreto e favoreggiamento.
scafarto
In un primo momento erano stati accusati il pm Woodcock e la giornalista Sciarelli: alla fine la stessa Procura, in mancanza di prove, è stata costretta a chiedere (e ha ottenuto) l' archiviazione. Adesso viene accusato Scafarto. "Per la seconda volta - spiega Marco Lillo - la Procura di Roma ritiene di aver individuato una mia fonte. Nel primo caso, quando sono stati accusati Woodcock e la Sciarelli, è andata male e sono intervenuto facendo una eccezione alla regola secondo la quale i giornalisti non parlano mai delle fonti, solo perché c' era un riferimento a un' amica e collega, Federica Sciarelli, tirata in ballo. In questo caso, come sempre, non voglio entrare nella questione fonti. Suggerisco alla Procura di valutare bene queste nuove accuse a Scafarto e di non ripetere l' errore fatto in passato".
SCIARELLI E WOODCOCK
Il maggiore del Noe era già indagato per aver falsificato una parte dell' informativa del 9 gennaio 2017 quando attribuiva la frase "Renzi l' ultima volta che l' ho incontrato" all' imprenditore Alfredo Romeo (ora a processo per corruzione di un dirigente Consip). In realtà dai brogliacci risultava che ad aver pronunciato quella frase era stato l'ex parlamentare Italo Bocchino (indagato, intanto, in un filone dell' inchiesta, per traffico di influenze).
Henry John Woodcock e Federica Sciarelli
Scafarto è accusato anche di rivelazione di segreto - per aver inviato alcuni atti dell' indagine ad ex colleghi poi passati nei servizi segreti - e di depistaggio, in questo caso con il vicecomandante del Noe, Alessandro Sessa. L'indagine Consip però è molto più ampia. In un altro filone d' inchiesta è accusato di traffico di influenze il padre dell' ex premier, Tiziano Renzi, e il suo amico, Carlo Russo.
LAURA BOVOLI E TIZIANO RENZI CARLO RUSSO marco lillo