Felice Manti per "il Giornale"
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Orgoglio e pregiudizio. No, Jane Austen non c'entra, anche se nella comunità Lgbt lei è un'icona perché si favoleggia fosse lesbica. Balle. L'orgoglio è quello andato in scena ieri ai Gay Pride, da Milano a Roma, il pregiudizio è il solito: siccome «la Chiesa perseguita i gay da 2mila anni» (altra balla) allora perché non trasformare anche Gesù in un'icona gender, mettergli dei tacchi a spillo, imbrattare la sua croce con un simbolo fallico e guadagnarsi una foto sui giornali? Un attivista l'ha fatto, e il risultato l'ha ottenuto.
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«Secondo me raffigurare Gesù Cristo con minigonna e tacchi a spillo non è una simpatica provocazione, è una schifezza, un'offesa e una sgradevole mancanza di rispetto», twitta Matteo Salvini. «Che bisogno c'è di mancare di rispetto a milioni di fedeli per sostenere le proprie tesi?», aveva detto già l'altro giorno la leader Fdi Giorgia Meloni.
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Se oggi qualcuno volesse sostenere che questo attivista gay ha insultato una religione nel cui nome, nel 2020, sono morte 4.761 persone, potrebbe farlo senza timore di smentita. D'altronde, i dati parlano chiaro: l'anno scorso 340 milioni di persone sono state perseguitate perché credono che un ragazzo di 33 anni morto in croce fosse il figlio di Dio.
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Ma con il ddl Zan sarà ancora possibile difendere il proprio credo da una bestemmia arcobaleno? Sarà ancora possibile dire che un bambino ha diritto a una mamma e a un papà senza finire davanti a un giudice?
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Secondo il Vaticano e molti esperti, no. La Chiesa è un facile bersaglio, soprattutto se rivendica la propria libertà di culto prevista nel Concordato. Ma, come dice padre Laurent Cabantous, «la libertas ecclesiae è il cuore di ogni altra libertà, e la Chiesa nel proteggere i suoi diritti difende la libertà di tutti».
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Nessuno nel centrodestra vuole giustificare i reati di omotransfobia, tanto che Lega, Fdi e Forza Italia hanno presentato una proposta di legge, molto più ragionevole e meno ideologica, per venire incontro alle istanze della comunità Lgbt.
Eppure il tema resta lo stesso: il ddl Zan serve perché copre un vuoto normativo o è solo un cavallo di Troia per imbavagliare i cattolici? La Pd Monica Cirinnà ha gettato la maschera: «Va approvato così com'è - ha detto a margine del Gay Pride di Roma - se dovesse essere modificato meglio non avere nessuna legge».
Segno che il problema non è combattere veramente l'omotransfobia, ma approfittare di un clima favorevole per mettere fuori gioco chi si ostina ad opporsi al pensiero unico che predica amore vero ma razzola di utero in affitto, fluidità di genere e ideologia gender nelle scuole.
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«Se non ci sarà una legge perché la parte oltranzista del Parlamento non si siederà con la volontà di approvare una norma buona e condivisa, ai cittadini sarà chiaro chi stava realmente dalla parte dei diritti e delle libertà e chi, invece, faceva solo finta», dice Licia Ronzulli di Forza Italia.
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Intanto ieri un ragazzo, Orlando Merenda, si è gettato sotto un treno a 18 anni, i pm indagano per bullismo e omofobia, altro segno che una nuova legge non serve. Il ragazzo sui social aveva scritto «il problema delle menti chiuse è che hanno la bocca aperta», qualcuno ha replicato «morte ai gay».
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Non è puntando il dito contro il nemico, che sia un prete o un militante Lgbt, che si risolve il problema dell'omofobia. Non è spaccando il Paese mettendo all'indice cattolici e moderati che si insegna la tolleranza per chi percepisce il proprio corpo come qualcosa di estraneo.
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È anche per questo che Papa Francesco lunedì scorso ha scritto (a mano e in spagnolo) al padre gesuita James Martin, considerato un difensore dei diritti Lgbt, dicendo che «il cuore di Dio è aperto a tutti, si avvicina con amore ad ognuno dei suoi figli». Perché il rispetto prevede altrettanto rispetto, l'odio semina odio, e nessuna legge potrà impedirlo. Qualcuno, duemila anni fa, è morto per amore di tutti. Anche di Orlando.