Gemma Gaetani per "la Verità"
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Conoscerete tutti i proverbi, i modi di dire e i luoghi che rendono conto della grande importanza dei lupini: homo homini lupinus, cioè «l'uomo è un lupino per l'altro uomo», lupinus in fabula («lupino nel discorso») quando si parla di qualcuno e quello arriva, e poi c'è il «lupinanare», il luogo dedicato al culto del dio Lupino dove, nell'antica Roma, si svolgeva la prostituzione sacra in nome suo...
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Naturalmente abbiamo giocato sull'apparente parentela tra le parole «lupino» e «lupo». La prima sembra il diminutivo dell'ultimo, ma non lo è. Seppure l'etnia autoctona italiana del cane da pastore detto luvin dell'Appennino Reggiano ora sia stata denominata cane lupino del Gigante (Gigante è il soprannome del Monte Cusna), si tratta di un uso decisamente gergale sconosciuto fuori dallo specifico settore.
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Lupo e lupino non hanno niente in comune nemmeno come divinità: il lupanare romano era dedicato alla dea Lupa, parola che in senso figurato significava prostituta. Tuttavia, come vedremo, si sta sviluppando un «culto» vegano del lupino, per cui se il «lupinanare» è un fake di nostra invenzione, non escludiamo che possa essere prima o poi ideato oggi che tutto, veganesimo compreso, diventa adesione tra il religioso e il delirante...
frittata di lupini
Nel ventennio passato, vegetariani e vegani hanno già trasformato in feticci soia e ceci. Soprattutto questi ultimi sono stati eletti a uova vegane. Con la farina di ceci diluita con acqua, connubio con il quale la cucina tradizionale carnivora prepara la farinata di ceci, il vegano cucinava la «farifrittata» fingendo che il liquido giallo fatto di legumi fossero uova.
E dell'acquafaba, cioè l'acqua di governo o di cottura dei ceci, dotata di leggero potere montante per la presenza di saponine, il vegano aveva fatto il suo finto albume d'uovo.
SALSICCIA VEGETARIANA
salsiccia vegana
Oggi che vegetarianesimo e veganesimo sono diventati anche mode, contagio sociale e succulenti affari, nel paniere di chi rifiuta la carne finiscono tanti altri prodotti fatti con farina di lupini, più à la page di soia e ceci perché prodotto nuovo nel mercato vegetariano, come «carne» e «salumi» di lupini.
Hanno trovato un testimonial anche nel giornalista Andrea Scanzi, che qualche anno fa sul suo blog, vantandosi di essere un vegetariano che stava diventando vegano, distribuiva consigli sui surrogati vegani e raccomandava «medaglioni di lupini, salame di lupini, arrosto di lupini. Perfino la maionese di lupini. Davvero buonissimi». Insomma, il lupino è diventato la salsiccia dei vegani e ciò dipende dalla sua composizione.
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Ma il lupino non nasce con i vegani, perciò liberiamolo da questa appropriazione. Bisogna scoprirlo, se non lo si conosce, e riscoprirlo, se già lo si conosce, nella sua realtà di legume in una dieta onnivora perché è molto più di un sostituto per mangiatori che escludono la carne. Il lupino era molto apprezzato dai Romani, che ne diffusero la coltivazione in tutto l'impero. Plinio scrisse che era «usato sia dall'uomo che dagli ungulati.
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È necessario pulirlo dopo la pioggia. In questo caso, i suoi chicchi non cadono e non si perdono durante la raccolta. È una pianta così meravigliosamente gradevole con il terreno. All'inizio, durante il giorno ruota insieme al sole e mostra l'ora al contadino anche sotto un cielo nuvoloso. È l'unica pianta seminata senza aratura.
Il lupino ama i luoghi sassosi, asciutti e persino sabbiosi. Non richiede alcuna manutenzione. Campi e vigneti sono migliorati da questa coltura. Non richiede letame, essendo di per sé il miglior fertilizzante. È l'unico impianto che non richiede alcuna spesa o manodopera. È il primo a essere seminato e l'ultimo a essere raccolto, indicativamente a settembre».
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Il lupino, infatti, si semina proprio in questo periodo, soprattutto nel Centro Sud Italia: Lazio, Campania, Calabria e Puglia. Si semina a ottobre e novembre, senza bisogno di grande spazio perché si interra in file distanti una trentina di centimetri per un totale di 20-30 piante a metro quadrato, con una resa di circa 3 tonnellate per ettaro. Il lupino maturerà a giugno e luglio, dopodiché si faranno seccare le piante in campo e poi si procederà a trebbiare.
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Il poeta ottocentesco Enrico Pazzanchi, nel bel sonetto a rima incrociata intitolato Trebbiatura (notare anche il bell'incipit cronologico) scrive: «Meriggio. La macchina trebbia / ansando con rombo profondo. / Il grano, rigagnolo biondo, / giù scorre. Nell'aria è una nebbia / sottile. Sogguarda per l'aia / il nonno, con faccia rubizza». La meraviglia per la trebbiatura del grano espressa da Pazzanchi riguarda anche quella del lupino, color giallo, quasi biondo anch' esso.
Una volta si trebbiava a mano, oggi a mano separiamo giusto il lupino dalla sua buccia, che - è un dubbio di molti - è edibile, sì, ma sinceramente il lupino è più buono e consigliamo di mangiare solo quello. Anche perché la sua buccia è ricca di cellulosa, poco o zero digeribile.
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Il lupino bianco, il cui nome botanico è Lupinus albus, è una pianta della famiglia delle Fabaceae, che raggiunge fino a 1,5 metri di altezza, è poco ramificata e riunisce i bei fiori in infiorescenze a racemo (grappolo) apicali che sembrano quelle del glicine, anch' esso magnifica fabacea, ma rispetto a quelle sono posizionate al contrario e, dopo la fecondazione, prevalentemente autogama, formano i lunghi legumi.
Il nostro lupino ha bisogno di terreni ben drenati perché teme il ristagno idrico, quindi i terreni subacidi di origine vulcanica sono i più adatti, ma ribaltando la prospettiva scopriamo che esso fa bene ai terreni. È difatti considerato una coltura miglioratrice per l'alto tasso di azoto, che rilascia lentamente nel terreno. spuntino mondialeIl lupino non è un'esclusiva italica.
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Risulta molto apprezzato anche in Egitto, dove si chiama termes, si mangia come spuntino e durante il festival nazionale Sham el-Nessim che risale ai tempi dell'antico Egitto. Boguslav Stanislavovich Kurlovich, agronomo scientifico russo-finlandese esperto di lupini e autore del libro monografico Lupini: geografia, classificazione, risorse genetiche e allevamento, spiega che le prime attestazioni archeologiche dei lupini si riferiscono alla XII dinastia dei faraoni egizi, oltre 2000 anni a.C. Nelle loro tombe sono stati scoperti semi di Lupinus digitatus Forssk, allora già addomesticato, e anche diverse valve vuote di lupini: è la più antica testimonianza di lupino nel Mediterraneo.
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Si trovano anche in Spagna, Portogallo, Grecia e tutto il Medio Oriente; in Nord Africa è diffuso il Lupinus angustifolius e in America Latina il Lupinus mutabilis. Dicevamo che il lupino fa bene al terreno. Ma fa bene anche a noi, perciò dovremmo riscoprirlo innanzitutto come snack, per una merenda non dolce e altamente proteica che aiuta a restare in forma o a tornarci se abbiamo qualche chilo in più.
I lupini detti dolci non perché siano zuccherati, ma perché sono quelli mangiabili, essendo quelli amari talmente ricchi di alcaloidi da risultare tossici, si trovano nel reparto frutta secca e olive dei supermercati; sono conservati in salamoia e sono i meno calorici dell'intera gamma di ospiti di quei ripiani. Non a caso in Portogallo, dove si chiamano tremoços, sono molto diffusi come accompagnamento dell'aperitivo: 100 grammi di lupini presentano soltanto 114 calorie contro le 594 di un etto di arachidi.
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Un etto di lupini contiene 9,88 grammi di carboidrati, di cui 2,8 di fibra alimentare, che aiuta l'intestino in caso di stipsi. Abbiamo poi 2,92 grammi di grassi e soprattutto 15,57 grammi di proteine. Per questa ragione, l'industria vegetarian-vegana li sfrutta molto per i fake di carne, pesce e formaggio. Ma, come detto, il valore del lupino va riconosciuto a prescindere dalla sua utilizzabilità vegana.
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Rispetto ad altri legumi, i lupini - sbucciati - sono facilmente digeribili. In confronto a soia & co. i lupini hanno un contenuto assai più basso di antinutrienti, come le lectine e le saponine che possono irritare stomaco e intestino. Mangiando lupini anziché fagioli, per esempio, ci sentiremo meno gonfi e meno pesanti. Ciò non vuol dire che allora possiamo mangiare un chilo di lupini al giorno, perché un consumo eccessivo, seppure proporzionalmente minore rispetto allo stesso peso di altri legumi, potrebbe avere effetto lassativo.
Le proteine hanno le stesse calorie dei carboidrati, ma impieghiamo di più a digerirle, perciò i lupini saziano più a lungo rispetto a un pezzo di pane. Molto utili a saziare si rivelano anche le fibre dei lupini, che in questo caso solo solubili (la cellulosa della buccia è invece una fibra insolubile) e hanno anche effetto prebiotico (cioè nutrono i batteri «buoni» del nostro microbiota intestinale, così risultando utili per la normalizzazione delle funzioni intestinali e del sistema immunitario).
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Grazie a queste fibre, i lupini migliorano la tolleranza al glucosio dei diabetici. Il contenuto di grassi buoni, cioè gli acidi grassi polinsaturi omega 3 e omega 6, rende i lupini utili a contrastare il colesterolo cosiddetto cattivo, cioè Ldl, e non soltanto. Questo tipo di grassi ha anche effetto emmenagogo (cioè facilita il flusso mestruale) ed è perciò utile alle donne in caso di sindrome premestruale, durante il ciclo e anche in menopausa.
Poiché naturalmente privi di glutine, i lupini sono adatti anche ai celiaci. Non sono note interazioni con farmaci, però i lupini andrebbero evitati se si è allergici alle arachidi, alle lenticchie e ai fagioli, perché con l'aumento del consumo di prodotti vegani, che impiegano grandissime quantità di farina di lupini, la sensibilità verso alcune frazioni proteiche del lupino è aumentata: tra il 15 e 20% di allergici alle arachidi ha presentato reazioni allergiche ai lupini.
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ATTENZIONE ALLE ALLERGIE
Andrebbero evitati anche se, senza essere allergici a niente, dovessero avere sapore amaro. Esso, infatti, deriva dalla presenza eccessiva di alcaloidi, lupanina, lupinina e sparteina, che producono avvelenamento più o meno pesante, colpendo sistema nervoso, circolatorio e gastrointestinale.
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Per eliminare questi alcaloidi, i lupini vanno ammollati e risciacquati a lungo e più volte e poi bolliti: solo questo articolato trattamento inattiva gli alcaloidi (e il sapore amaro). Per quanto nel tempo siano state messe a punto varietà di lupini con un quantitativo bassissimo di alcaloidi, dette «dolci», conviene consumare i lupini in salamoia che troviamo nel normale supermercato, che sono già precotti e deamarizzati e perciò sicuri.
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Se ci troviamo di fronte a lupini secchi, dobbiamo rigorosamente procedere a questi trattamenti. In caso di incertezza su come procedere, meglio usare solo i lupini in salamoia confezionati. L'amarezza del lupino ha anche una valenza figurata e letteraria.
Amari furono i lupini nel romanzo di Giovanni Verga I Malavoglia nel quale «Padron 'Ntoni adunque, per menare avanti la barca, aveva combinato con lo zio Crocifisso Campana di legno un negozio di certi lupini da comprare a credenza per venderli a Riposto, dove compare Cinghialenta aveva detto che c'era un bastimento di Trieste a pigliar carico. Veramente i lupini erano un po' avariati; ma non ce n'erano altri a Trezza».
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Ma i lupini non riuscirono a essere strumento di emancipazione per i pescatori che volevano diventare commercianti: Padron 'Ntoni incarica il figlio Bastianazzo di portare i lupini a Riposto, ma durante il viaggio la barca, la Provvidenza, affonda e Bastianazzo muore. I Malavoglia, con il debito dei lupini non ancora pagati e pure perduti, perciò impossibilitati a pagarli, dovranno cedere la casa familiare.
Verga non ha mai specificato se si trattasse di lupini nel senso dei legumi o in quello dei molluschi, ma si propende più per l'ipotesi dei legumi.
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