LUIGI DI MAIO
Paolo Cacace e Stefania Piras per “il Messaggero”
La lista dei possibili ministri di cui parla Luigi Di Maio è ancora per aria. La speranza del leader M5S è che aprendo un canale diplomatico con il Quirinale possano giungergli consigli e dritte informali su come compilarla. L' ex movimento digitale farebbe di tutto per un like di Sergio Mattarella. Ma nel metodo che hanno messo in piedi i vertici M5S per trovare i possibili ministri la trasformazione a partito analogico risulta ancora lontanissima.
TELEFONATE
Carlo Cottarelli
Le telefonate ai papabili sono partite solo recentemente: manca tutto il lavoro politico propedeutico per avvicinare i profili più interessanti. Ieri Di Maio a Skytg 24 ha confessato che gli piacerebbe un confronto con Carlo Cottarelli, l'ex commissario alla spending review. Tentativo alquanto timido di proporre un ministero.
Eppure i pentastellati sono debitori nei confronti di Cottarelli. I tagli alla spesa pubblica che intendono operare se andranno al governo sono ispirati proprio alla revisione della spesa redatta da Cottarelli. Ma condividere una visione politica non è come condividere un file sui social. Ecco perché stanno fioccando tanti no. Ieri sono arrivati i rifiuti dello storico dell'arte Tomaso Montanari alla cultura, l' economista cattolico Leonardo Becchetti al Lavoro e anche Paolo Magri, attuale direttore dell' Ispi, il cui nome era circolato con insistenza, non si è reso disponibile per la Farnesina.
TOMASO MONTANARI
La verità è che la caccia ai ministri comporta un rischio troppo alto di replicare l' effetto Roma con il valzer degli assessori annunciati e poi bruciati in pochi giorni o mesi (Andrea Lo Cicero e Paola Muraro ne sanno qualcosa). E però a Di Maio preme soprattutto far arrivare un messaggio al capo dello Stato: «Noi facciamo sul serio».
Ecco perché ieri è riuscito a strappare un appuntamento. E la volontà di evitare polemiche a pochi giorni dal voto ha indotto il Quirinale ad accogliere l' irrituale richiesta di essere ricevuto per preannunciare l' invio al capo dello Stato, nei prossimi giorni, della lista dei ministri nel caso in cui il M5S dovesse risultare il primo partito. Un sì facilitato dal fatto che Di Maio ha chiesto direttamente al segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, di essere ricevuto e non a Mattarella.
PAOLO MAGRI
È stato un colloquio cordiale, assicurano al Colle, anche se la «comunicazione» grillina dev' essere apparsa assai poco protocollare. Di Maio ha spiegato al suo interlocutore di aver agito per «cortesia istituzionale» ma Zampetti gli ha chiarito che se anche invierà la lista dei ministri Mattarella non potrà neanche guardarla poiché non intende aprire alcun discorso sui nomi fino a quando non ci saranno le consultazioni dopo il voto del 4 marzo.
La visita dunque ha avuto tutto il sapore di un passo falso. I nomi dei componenti della squadra, assicura il leader M5S, saranno comunque annunciati la prossima settimana ma prima di rivelarli, insiste, «informerò il Presidente della Repubblica». Dunque Di Maio spera in un altro pellegrinaggio sul colle.
LEONARDO BECCHETTI
La verità è che la logica seguita per riempire le caselle dell' esecutivo è la stessa utilizzata per trovare i candidati nei collegi uninominali con i risultati noti e non sempre vincenti. Il ministro dell' Economia non c' è ma Di Maio e i suoi continuano a sognare un mondo nuovo dove esistano i dicasteri alla Meritocrazia e alla Democrazia diretta. Poi tentano la breccia nel grande centro, sfoderando invece il ministero della Famiglia. Un' idea per mettere d' accordo tutti e per accreditarsi presso il Colle più alto e sgombrare il campo da qualsiasi rischio di salto nel vuoto dopo le elezioni.