1 - RENZI APRE LA CAMPAGNA ELETTORALE
Adalberto Signore per “il Giornale”
RENZI PINOCCHIO
Torna dopo una settimana di silenzio. E lo fa evocando un clima da vera e propria campagna elettorale. Nonostante le vacanze agostane, infatti, i toni e i modi con cui Matteo Renzi decide di rientrare in scena al Meeting di Rimini sembrano quelli di chi ragiona avendo davanti una prospettiva di sei, otto mesi e non una legislatura la cui scadenza naturale è nel 2018.
Certo, in primavera ci sarà una corposa tornata amministrativa nella quale il premier ha tutto da perdere e nulla da guadagnare, con il pareggio come migliore risultato possibile visto che andranno alle urne tutte città già governate dal centrosinistra: da Milano a Torino, passando per Napoli e Bologna.
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Una rincorsa tanto lunga per un semplice voto amministrativo, però, fa venire il sospetto che Renzi non escluda uno show down che possa portare a elezioni politiche anticipate, anche se il leader del Pd assicura che «da qui ai prossimi due anni e mezzo non ci sono urne in vista». In verità, molti dei suoi fedelissimi teorizzano una sorta di ricetta Tsipras all'italiana, con buona parte della minoranza del Pd che teme proprio questo scenario (perché una cosa è essere pronti allo scontro sulle riforme a settembre, altra tornare al voto).
Gli ingredienti, insomma, ci sono tutti. Dagli annunci rilanciati nei suoi tre discorsi di ieri - non solo a Rimini, ma anche a Pesaro e al Gran Sasso - a un'agenda già fittissima e destinata a esserlo ancor di più nelle prossime settimane. Renzi, infatti, è attivissimo. Al punto da lanciare un tour per cento teatri «per raccontare le cose che stiamo facendo».
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Prima tappa, appunto, Pesaro. Prima tappa di quella che è a tutti gli effetti una campagna elettorale. Anche nei toni se, dopo aver puntato il dito contro «berlusconismo e antiberlusconismo» che hanno bloccato il Paese «per venti anni», il leader del Pd fa proprio uno dei mantra del berlusconismo: «Dal prossimo anno, via Tasi e Imu per tutti». E non dovesse essere abbastanza, «nel 2017 ci possiamo concentrare sull'Ires» (la tassa sulle imprese che il premier vorrebbe portare dal 31 al 24%) e «nel 2018 interveniamo sull'Irpef».
Ancora una volta, dunque, le elezioni si giocheranno sul portafoglio. Sicuramente le amministrative di primavera, chissà se anche le politiche. D'altra parte, lo schema è esattamente quello applicato lo scorso anno, quando con il bonus di 80 euro in busta paga Renzi riuscì a stravincere le europee portando il Pd al suo massimo storico con il 40,8%. Niente male per un presidente del Consiglio arrivato a Palazzo Chigi senza alcuna investitura popolare.
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2 - SIAMO ALLO “STORYBALLING”. E A DIRLO NON È UN GUFO MA QUELLI CHE FANNO I CONTI
Maurizio Belpietro per “Libero quotidiano”
Quanto costa promettere di togliere la Tasi e l' Imu per tutti nel 2016? Con le clausole di salvaguardia che rischiano di scattare nel 2016, costerà 22,4 miliardi come dice la Cgia di Mestre? No, non costerà niente. I tagli d' imposta promessi infatti non vanno iscritti a bilancio, non devono essere contabilizzati nelle spese rendicontate da Bruxelles, non bisogna neppure trovare le coperture finanziarie come prevede la Costituzione. Una promessa è niente fino a che non è messa nero su bianco in un decreto o in un disegno di legge. Sono solo parole.
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Efficaci, ovvio, per lo meno dal punto di vista elettorale e per questo il presidente del Consiglio ieri le ha pronunciate. Anticipate da un tam tam dell' ufficio stampa che assicurava ai giornalisti al seguito frizzanti dichiarazioni, le promesse hanno interrotto la pausa estiva di Matteo Renzi, riprendendo la campagna di recupero del consenso là dove il premier l' aveva lasciata: dalle parole, appunto. Che sono molte e tutte tese a dare un' immagine positiva della situazione politica e finanziaria del Paese.
Lo storytelling - la storia raccontata con enfasi e retorica - è un insieme di trionfi. Il mercato del lavoro che cresce, le tasse che scendono, il Pil che sale, le preoccupazioni degli italiani che diminuiscono. In sintesi, quella che viene narrata è una storia a lieto fine, la sola che dopo anni di cattive notizie i nostri connazionali vogliano sentire.
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Peccato che lo storytelling del presidente del Consiglio sia basato su assunti farlocchi per non dire falsi. Tanto per cominciare, nonostante gli sforzi del ministero del Lavoro, che anche ieri ha diffuso ottimi dati riguardanti la crescita dei contratti a tempo indeterminato, le assunzioni non hanno affatto ridotto il numero di disoccupati, che resta sempre intorno al 13 per cento e supera il 40 se si prendono in considerazione i giovani.
La pressione fiscale, nonostante le promesse e nonostante il bonus di 80 euro, non è affatto diminuita, in quanto la restituzione di una parte di imposte sui redditi bassi è stata compensata da un aumento delle tasse locali che hanno ripreso con la mano sinistra ciò che Renzi aveva donato con la destra.
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Niente di entusiasmante anche sul fronte del Prodotto interno lordo: nei primi mesi di quest' anno il Pil non è stato negativo, ma il merito, più che delle misure varate dal governo, è del calo del prezzo del petrolio (al minimo storico) e dell' euro debole. Ora che la moneta unica è risalita e la Cina minaccia i mercati, il vantaggio potrebbe sparire, non a caso qualcuno ha già ipotizzato che nel 2016 la crescita non sarà dell' 1,4 come stimato, ma più vicina all' uno per cento.
Infine, stante la situazione, gli italiani non sono affatto fiduciosi rispetto al futuro, ma come ha illustrato un recente sondaggio mandato in onda da Agorà, su Rai3, oltre l' ottanta per cento teme un peggioramento della situazione. Raccontare tutto ciò significa gufare contro il proprio Paese ossia fare il tifo per il peggio?
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No, affatto. Prendere con le pinze le previsioni e le promesse di Matteo Renzi significa solo non avere l' anello al naso e dunque non bersi qualsiasi cosa Palazzo Chigi smerci. Essere scettici sul taglio delle tasse annunciato ieri vuol dire dare del bugiardo al premier? Neppure questo è vero. Il governo potrebbe perfino varare davvero la riduzione dell' Imu e della Tasi, se non addirittura la loro eliminazione, ma fino a quando non sarà chiaro come sarà finanziata la cancellazione, ossia con quali risorse, sarà lecito se non doveroso dubitarne. Un taglio di imposte se non ha come contropartita una riduzione di una corrispondente voce nel bilancio dello Stato corrisponde solo a una maggiore spesa. In pratica, far sparire Imu e Tasi senza toccare gli sprechi ha un solo effetto: fa aumentare il debito pubblico.
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Che è quanto successo lo scorso anno, con Renzi e prima di lui con molti suoi predecessori, Mario Monti compreso, anche se bisogna dar atto all' ex rettore della Bocconi di non aver neppure provato a ridurre le tasse e di essersi impegnato solo per aumentarle.
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Tornando allo storytelling, ossia alla narrazione positiva su cui Matteo Renzi sta scommettendo convinto che ciò che manchi al suo governo non siano i buoni risultati ma la capacità di raccontarli, il presidente del Consiglio, dopo essere saltato da Rimini a Pesaro e da lì all' Aquila (dove è stato contestato), ha annunciato che d' ora in poi girerà l' Italia, passando di teatro in teatro, fino a collezionare almeno cento appuntamenti. Il suo sarà un tour, anzi una tournée.
Del resto non c' è da stupirsi: quello in cui è impegnato sembra sempre più a uno spettacolo, un one man show. Lo si potrebbe chiamare Matteo Renzi Show, il teatrino della politica di un teatrante di successo. Applausi.
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Ps. Ieri a Rimini Renzi ha detto che l' Italia è stata rovinata da Berlusconi. È per questo che lui gli ha rubato lo slogan meno tasse per tutti?