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    GIAMPAOLO O 'GIAMPOLLO'? – AL MILAN ARRIVA PIOLI, ESONERATO IL TECNICO DI GIULIANOVA CHE PAGA L'INTEGRALISMO (“SONO UN TALEBANO”, HA DETTO) E LA STRAMPALATA FORMAZIONE CON IL GENOA – FABRIZIO BOCCA: “IL FATTO CHE IL MILAN SI SIA GIOCATO PRIMA LA CARTA SPALLETTI, POI QUELLA DI PIOLI, E RIMANGIATO COMUNQUE LA MOSSA GIAMPAOLO SIGNIFICA CHE IL DUO BOBAN-MALDINI, DOPO AVER COSTRETTO GATTUSO A SCAPPARE, HA VAGATO ALLA CIECA E SBAGLIATO TUTTO. PRIMA O POI UNA L'AZZECCHERÀ”


     
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    Carlos Passerini per il “Corriere della sera”

     

    Titoli di coda. Di una storia mai nata, di un racconto mai iniziato. Che arrivi Spalletti, Pioli o chissà chi altro, è una questione che riguarda il domani, il futuro, il Milan che verrà. L' unica certezza dell' oggi è che il progetto Giampaolo non esiste più.

    Svanito, sfumato, frantumato.

     

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    Dopo solo sette giornate. Insieme alla grande occasione di un allenatore che dopo una gavetta lunga una vita sognava una storia diversa, un finale diverso. E forse lo meritava anche, come se lo meriterebbero tutti quelli che partono da lontano, i figli di nessuno, senza spinte né compromessi. Nei romanzi va così. La vita è diversa. Il calcio è diverso.

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    Perché nella vita e nel calcio senza compromessi non si va lontano.

     

    Se Marco Giampaolo ha commesso errori, e ne ha commessi, è stato proprio nell' intestardirsi su certe scelte. «Sono un talebano» ha detto più volte. Gli integralismi non sono però mai una buona idea. Fissarsi col trequartista quando il trequartista non ce l' hai è un esempio di integralismo. Inutile, dannoso. La conversione a un sistema più logico, il tridente, è arrivata solo dopo aver sprecato due mesi di lavoro. Il peccato originale.

     

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    Poi si può discutere sul fatto che gli accordi fossero diversi, che dal mercato un trequartista sarebbe dovuto arrivare, ma è un altro discorso.

    Le colpe sono di tutti. Giocatori che non rendono, proprietà distante, dirigenti che non hanno trovato il modo di dare al tecnico ciò che al tecnico serviva.

     

    Ma Giampaolo, e questo è indiscutibile, ci ha messo del suo. La strampalata formazione di partenza contro il Genoa, con Leao e Paquetà fuori, è stato il punto di non ritorno. Una scelta poi corretta all' intervallo, ma che nella testa dei dirigenti rappresentava la prova dello stato di confusione del tecnico. È a quel punto che anche Maldini, che lo aveva scelto con forza e che lo ha poi difeso durante i primi flop, s' è dovuto arrendere. Per adeguarsi alla linea di Boban, che fin dai primi giorni non aveva risparmiato critiche, anche pubbliche, verso un tecnico che aveva avallato ma non scelto.

     

    La verità è che nei suoi cento giorni al comando Giampaolo e il Milan non sono mai stati realmente in sintonia.

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    Dopo una prima parte d' estate convincente, il Diavolo è sparito. La sconfitta di Udine ha aperto la crisi già alla prima giornata. I dubbi di dirigenza e proprietà sono cresciuti di settimana in settimana. Il Milan è riuscito addirittura a peggiorare, schiacciato da criticità evidenti: la mancanza di un gioco e di un' identità, lo scarso utilizzo degli acquisti estivi, l' insistenza sulla vecchia guardia, l' attacco fantasma. Ma anche il rischio di deprezzamento dei top, come Piatek e Paquetà, che ha inquietato e indisposto Elliott.

    Cento giorni ed è tutto finito. Era nei piani, lo si era messo in conto. Magari non così presto, ma era un' eventualità.

     

    Giampaolo era una scommessa e le scommesse a volte si perdono. Basta sapere, e tenerlo bene in mente, che per risolvere i guai di una squadra a volte cacciare l' allenatore aiuta, ma non sempre basta.

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    BOBAN&MALDINI PRIMA O POI AZZECCHERANNO IL NOME GIUSTO

    Fabrizio Bocca per “la Repubblica”

     

    Giampaolo, Spalletti, Pioli, Di Francesco: tutti nel tritacarne. Se vuoi far fuori l' allenatore, lo fai ora: c' è la sosta, puoi guardarti attorno, scegliere, trattare, licenziare, dirlo ai tifosi: "La società ha deciso di esonerare l' allenatore signor Mario Rossi, ringraziandolo per l' impegno profuso". Ok, avanti il prossimo.

     

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    Troppo presto? Sette giornate di campionato in Italia sono un' era geologica per segare un allenatore: Lippi nel 2000 all' Inter saltò alla prima giornata, Guidolin al Bologna (2003), De Biasi al Torino (2006), Pioli al Palermo (2011), Delneri addirittura due volte con Empoli (1998) e Porto (2004) e altri nemmeno lo iniziarono il campionato. Trascorsa la mezzanotte di sabato Di Francesco, 6 partite perse su 7 alla Samp, sapeva di aver varcato la fatidica "timing zone" del "grazie dell' impegno profuso". Al 7 del mese (e alla settima giornata) suona la campana: 7 marzo esonero dalla Roma, 7 ottobre esonero dalla Samp, sette mesi tondi. Nel tritacarne passa soprattutto Marco Giampaolo, sperava di essersi guadagnato una tregua e invece no: il Milan gli promette la conferma anche in caso di sconfitta e lo fa fuori dopo averne vinta a fatica una.

     

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    L' allenatore assiste impotente all' umiliante ricerca di un nome per il Milan. Boban e Maldini sono andati dritti su Spalletti. Serve "la scossa"? Vai con l' ex allenatore dell' Inter col dente avvelenato che salta il filo spinato e passa di là.

    Sempre che gli diano tanti soldi, da una parte e dall' altra. Perché sia chiaro non è una questione di soldi è questione di principio...

     

    Rari quelli che hanno allenato entrambe le milanesi: Radice, Castagner, Trapattoni, Zaccheroni, Leonardo. Non si può fare Spalletti? E allora Pioli, che anche lui fa doppia sponda.

    All' Inter arrivò alla sosta - sempre attenti alla sosta - del novembre 2016, per non finire la stagione.

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    Non è chiaramente la stessa cosa dare il Milan a Spalletti o a Pioli: ma così va, è un poker al buio questo. Sotto a chi tocca.

     

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    Boban e Maldini avrebbero potuto prendere Spalletti, fresco di licenziamento dall' Inter, già a giugno, quando a Milano non si parlava che di Conte, lo si presentava con un film su una Limousine e lo si fotografava insieme a Zhang sui tetti di Milano, quasi a dire: un giorno tutto questo sarà nostro. Cioè dell' Inter.

    Scelsero Giampaolo.

     

    Il fatto che il Milan si sia giocato prima la carta Spalletti, poi quella di Pioli, e rimangiato comunque la mossa Giampaolo significa che il duo Boban-Maldini, dopo aver costretto Gattuso a scappare, ha vagato alla cieca e sbagliato tutto.

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    Prima o poi una l' azzeccherà.

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