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    NIBALI COME PANTANI - CUORE, CORAGGIO, ASTUZIA: AL TOUR DOMINA LO SQUALO MESSINESE CHE IN UNA TAPPA EPICA ATTACCA SUL PAVÈ E STACCA TUTTI I RIVALI A PARTIRE DA CONTADOR - FROOME, VINCITORE L’ANNO SCORSO, SI RITIRA


     
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    Leonardo Coen per il “Fatto quotidiano

     

    NIBALI NIBALI

    Se la nazionale di calcio ha deluso, Balotelli fa inviperire e Prandelli si rivela un furbetto, ecco che a rimettere insieme i cocci dell’orgoglio tricolore sbrindellato in Brasile ci pensa un altro sport popolare, il ciclismo, oscurato talvolta da brutte storie di doping, ma pur sempre nel cuore della gente perché il ciclismo è soprattutto sport di strada e di strade. Succede quando meno te l’aspetti, soprattutto succede sul palcoscenico più prestigioso del mondo, quello del Tour de France.

     

    Ebbene, il messinese Vincenzo Nibali, in maglia gialla da quattro giorni, sta recitando la parte di assoluto protagonista del Tour. Se l’è conquistata con la forza. Con l’astuzia. Con l’autorevolezza (e la strategia di gara) di chi non teme confronti. Ora ha in mano lui il copione.

     

    NIBALI NIBALI

    La classifica generale è già una sentenza. Nibali domina la corsa, ne anticipa le cadenze, annichilisce gli avversari su terreni che non avrebbero dovuto essergli congeniali. Il primo ad arrendersi è stato Christopher Froome, strepitoso vincitore del Tour 2013 e trionfatore annunciato: colpa della sfortuna. Ma anche colpa del modo imperioso in cui Nibali si propone. Il keniota naturalizzato british ha abbandonato ieri, dopo due cadute, la seconda a 67 km dall’arrivo. La sua resa è apparsa più psicologica che dettata da un infortunio. Avrebbe potuto continuare?

     

    Il dubbio resta. Forse si è reso conto di non essere all’altezza di Nibali, in condizioni mentali e fisiche stupefacenti. Che ingrato destino, quello degli inglesi, proprio nell’anno in cui il Tour è cominciato qui. Hanno perduto subito Cavendish, il re delle volate. Adesso Froome. E lo squadrone Union Jack della Sky arranca... Pure lo spagnolo Alberto Contador sta pagando pegno. Era l’altro grande favorito, è diventato il grande bastonato: ieri ha buscato due minuti e mezzo da Nibali.

     

    VINCENZO NIBALI VINCENZO NIBALI

    Che ha corso con coraggio e determinazione, virtù agonistiche che nei nostri calciatori si sono appannate. Invece di difendersi, ha attaccato nella tappa più temibile, la tappa della paura, del terrore ciclistico: il pavé. Il buon senso, specie in una corsa a tappe che dura tre settimane, predica cautela, suggerisce di non rischiare: “Mi è andata bene, per tre volte l’ho vista brutta”. Le pietre del pavé sono la rinomanza della terribile Parigi-Roubaix. Ieri erano disseminate in sette sezioni per una quindicina di chilometri (su 152).

     

    L’Inferno del Nord non è un appellativo a caso. Sul pavé ci puoi lasciare bici e gambe. Froome è caduto prima che iniziasse. Ma era già infernale, la corsa. A renderla estrema, pioggia, freddo, asfalto viscido, erbacce tra le pietre del pavé, buche ai margini dei viottoli, curve assassine, rondò micidiali: il repertorio della tregenda. I volti dei corridori ricoperti di fango. Come i “poilus”, i fantaccini delle trincee. E poi, sangue: non metaforico. Chi cade lascia per terra tracce scarlatte.

     

    Alberto Contador Alberto Contador

    Sotto un cielo basso e plumbeo, ieri, non c’era solo il senso della storia di un ciclismo eroico, antico, drammatico che resiste all’usura del tempo. C’era anche il peso di un passato tragico, spaventoso. Per onorare il centenario della Grande Guerra – costato la vita a milioni di soldati e civili ma anche a decine di campioni del ciclismo, tra cui molti vincitori dei primi leggendari Tour come Lucien Petit Breton che lo fece suo due volte di seguito, come François Faber e Octave Lapize – la quinta tappa partiva da Ypres, la cittadina belga martire della Grande Guerra, bombardata dai gas asfissianti, per seguire idealmente le linee del fronte.

     

    froome mont ventoux froome mont ventoux

    I corridori della Omega Pharma Quich Step (team belga) hanno indossato maglie con un ricamo simbolico: un papavero rosso. Il fiore delle Fiandre, ma anche il fiore del sangue delle vittime di quel catastrofico conflitto mondiale. Così, non per caso, la quinta tappa è diventata un furibondo campo di battaglia. Con le sue vittime. Coi suoi trionfatori. Ha vinto un olandese che si chiama Lars Boom, sembra quasi l’abbiano fatto apposta.

     

    Nibali, terzo, ha domato pavé e combattuto con fierezza: hanno ceduto persino gli specialisti della Roubaix, come Fabian Cancellara, Peter Sagan e un nugolo di fiamminghi. Uno sparpaglio di sconfitti. A premiarli, re Filippo del Belgio, che ama il ciclismo e la Roubaix. Al gran popolo della bicicletta piacciono le maglie gialle che vanno all’assalto. Vincenzo ha già vinto una Vuelta e un Giro. Come premessa è già una promessa.

    MARCO PANTANI MARCO PANTANI

     

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