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    NON VADO MAI IN BIANCHI - IL SUPERCONSULENTE CONSIP, PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE “OPEN” E TESTIMONE DI NOZZE DI CARRAI, ALBERTO BIANCHI E’ UNO E TRINO - A DISPETTO DEL BASSO PROFILO IN PUBBLICO I SUOI GIUDIZI E I SUGGERIMENTI IN PRIVATO, AGEVOLANO E RAFFORZANO CARRIERE E INVESTITURE


     
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    Andrea Ducci per il “Corriere della Sera”

     

    ALBERTO BIANCHI E MARIA ELENA BOSCHI ALBERTO BIANCHI E MARIA ELENA BOSCHI

    Un percorso di vita contrassegnato da due distinte stagioni. Nel caso di Alberto Bianchi la cronaca di questi giorni lo obbliga a tirare le fila di un'intera carriera, rivendicando la legittimità di scelte e frequentazioni. Per l'avvocato, nato a Pistoia nel 1954, e dal 2012 presidente della fondazione Open, la holding politica del potere renziano e cassaforte della Leopolda, la vicenda Consip si è tradotta suo malgrado in una trappola a causa delle consulenze legali affidategli sul contenzioso della più grande centrale acquisti della pubblica amministrazione.

     

    In tutto, parcelle per 290 mila euro in 4 anni. Quanto basta per alimentare sospetti e dubbi sull' opportunità di assegnare mandati legali, da parte di una società pubblica, a uno degli uomini più vicini a Renzi. La replica di Bianchi è secca. «Consip ha iniziato ad affidarmi il contenzioso di alcune gare ben prima che Renzi fosse presidente del Consiglio, tanto che alla gestione dell'attuale amministratore delegato Carlo Marroni sono ascrivibili incarichi per 80 mila euro a fronte dei 290 mila totali. Tutto ciò a riprova che ho lavorato di più in passato e non ho beneficiato di alcunché».

     

    ALBERTO BIANCHI ALBERTO BIANCHI

     

    Resta che, di fronte all' attacco delle ultime ore, Bianchi rivendica la propria storia professionale: «Faccio l'avvocato dal 1986 e ho un percorso che parla per me, quando Renzi ancora studiava io ero già commissario all' Efim, più di recente sono stato presidente di Dada, la principale Internet company italiana». Ecco, insomma, il ricorso al passato per legittimare il presente.

     

    Nel curriculum di Bianchi figura, del resto, un'esperienza di quasi vent' anni all' interno dello studio di Alberto Predieri, il giurista a cui il governo nel 1992 affidò il ruolo di commissario nella liquidazione dell'Efim. Ma è negli anni 2000 che nasce il sodalizio umano e politico con Renzi. Il futuro premier all' epoca è presidente della provincia di Firenze mentre Bianchi, erede di un notabile democristiano locale orbita nell'area della Margherita seppure di osservanza pistelliana, intesa come Lapo Pistelli. Ossia il candidato a sindaco di Firenze che nel 2009 viene, sorprendentemente, battuto da Renzi.

    alberto bianchi maria elena boschi alberto bianchi maria elena boschi

     

    A quel punto il gioco è fatto. Bianchi diventa più che organico al progetto del «rottamatore». Tra le altre cose è testimone di nozze di Marco Carrai. Nel 2014 è indicato, durante il governo Renzi, come consigliere di amministrazione in Enel. Nel 2016 entra nel comitato di indirizzo dell'ente Cassa di Risparmio di Firenze, azionista del gruppo Intesa San Paolo. Ruoli e incarichi che, corredati dalla veste di presidente della fondazione Open, ne fanno uno dei professionisti più in auge nell' epoca del renzismo.

     

     

    Ma la sola idea che possano esserci conflitti di interessi è liquidata come «frutto di fantasie malate». A dispetto del basso profilo in pubblico i giudizi e i suggerimenti in privato di Bianchi agevolano e rafforzano le investiture di manager come Renato Mazzoncini, Francesco Starace e Gianni Vittorio Armani ai vertici rispettivamente di Ferrovie, Enel e Anas. La sua tesi resta ferma: «Quel che faccio per Renzi lo faccio per perché credo in lui. Che provino il contrario, se ci riescono».

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