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    BOSE DELL’ALTRO MONDO - ENZO BIANCHI IGNORA L'ORDINE DEL DELEGATO PAPALE DI ANDARE IN “ESILIO” E RESTA NELLA COMUNITÀ DI BOSE, CREANDO UNA FRATTURA SENZA PRECEDENTI - ALCUNI INTELLETTUALI, DA ALBERTO MELLONI A MASSIMO RECALCATI, LO HANNO DIFESO SCHIERANDOSI CONTRO LE DECISIONI DEL VATICANO: “UNA SCURE MEDIEVALE” - MA PERCHE’ BIANCHI NON VUOLE MOLLARE? E’ IL SUO EGO FERITO DA FONDATORE AFFONDATO?


     
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    Lorenzo Bertocchi per “la Verità”

     

    enzo bianchi enzo bianchi

    Qualche anno fa circolava sul Web un sito intitolato «Bose curiose», con riferimento esplicito e poco simpatetico alle cose che succedevano nella comunità fondata da fratel Enzo Bianchi, il ragioniere di 77 anni che nel 1965, terminati gli studi in Economia e commercio all'Università di Torino, si ritirava in una cascina a Bose, frazione di Magnano (Biella), e qui fondava appunto una comunità monastica ecumenica.

     

    Quel sito Web chiuse i battenti anche perché irritava non poco fratel Bianchi (non padre, perché non è sacerdote), ma oggi andrebbe forse rieditato viste le cose curiosissime che accadono in quel di Bose.È di ieri la nota della comunità che «con profonda amarezza» ha «dovuto prendere atto che fratel Enzo» ha disubbidito ancora al decreto del Vaticano, emanato con placet di papa Francesco, che gli intimava di lasciare la comunità da lui fondata e lo faceva decadere da ogni incarico.

    monastero di bose monastero di bose

     

    Il decreto, firmato dal Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, gli era stato notificato il 21 maggio 2020, lasciandogli dieci giorni di tempo per andarsene. Ma nulla di fatto, fratel Enzo, tra un tweet e l'altro, non aveva mollato di un millimetro. Così lo scorso 4 gennaio un altro decreto, firmato questa volta da padre Amedeo Cencini, delegato pontificio e già visitatore apostolico della stessa comunità, sanciva che era giunta l'ora per il signor Bianchi di trasferirsi in località Cellole di San Gimignano, nel Senese.

    luciano manicardi 1 luciano manicardi 1

     

    Chiusa la comunità monastica che si trovava a Cellole, comunità appartenente alla galassia di Bose, si disponeva inoltre di «cedere in comodato d'uso gratuito il complesso di immobili di Cellole a fr. Enzo Bianchi», con l'indicazione di trasferirvisi «entro e non oltre martedì 16 febbraio p.v., avendo già dato il suo assenso al riguardo, assieme ad alcuni fratelli e sorelle che hanno manifestato la propria disponibilità ad andare con lui».

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    Ma il 16 febbraio l'ex priore e fondatore della comunità di Bose è rimasto a Bose, mettendo in atto il suo nuovo niet in totale e perpetua disobbedienza a quanto approvato e disposto dalla Santa Sede. Eppure, si legge nel comunicato di ieri, «si trattava di una soluzione messa a punto in questi mesi con l'assenso ribadito per iscritto dallo stesso fr. Enzo».

     

    Nonostante le articolesse di intellettuali vicini al fondatore, già icona della meglio chiesa catto-dem italiana, e frequentatore assiduo di parrocchie e predicatore di prima scelta per taluni vescovi, non si comprende questa ostinata disobbedienza. Sulle cause del siluramento purtroppo non si hanno molte certezze, oltre a quella «situazione tesa e problematica» circa «l'esercizio dell'autorità del fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno», di cui si parlava in una nota della stessa comunità del maggio 2020.

    ENZO BIANCHI ENZO BIANCHI

     

    Bianchi ha guidato la sua comunità fino al 2017, quando ha lasciato le redini al successore, fratel Luciano Manicardi, e qui i problemi devono essersi acuiti ulteriormente. Si dice che la decisione per Francesco sia stata sofferta, vista la stima che ha più volte il Papa dimostrato nei confronti del Bianchi, ma i fatti devono aver fatto arrabbiare molto il Santo Padre, toccando uno dei suoi punti più sensibili. Probabilmente sono in ballo il tanto odiato clericalismo, che Francesco condanna senza posa, e il conseguente abuso di potere.

     

    ENZO BIANCHI E PAPA BERGOGLIO ENZO BIANCHI E PAPA BERGOGLIO

    Enzo Bianchi in questi mesi, soprattutto con i suoi cinguettii social, ha fatto intendere chiaramente che rimanda al mittente tutte le accuse e illazioni.Repubblica e La Stampa sono i giornali su cui Enzo Bianchi in questi decenni ha profuso il suo verbo con maggiore copiosità, quotidiani di solito sempre attenti alla questione abusi di potere, e a selezionare i nemici di papa Francesco, ma questa volta devono aver preso un po' male la vicenda. Sono saliti con rapidità inusuale sul carro del garantismo, poco frequentato in occasione di vicende analoghe riguardanti altri movimenti o fondatori cattolici.

     

    massimo recalcati massimo recalcati

    Con alcune capriole intellettuali, lo storico Alberto Melloni, che a Bianchi è legato da amicizia e collaborazioni (fratel Enzo è «membro a vita» del consiglio di amministrazione della bolognese Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII), ha scaricato tutto sul delegato papale Cencini. Qualora appunto Bianchi accettasse di andarsene, allora, dice Melloni, «la dottrina Cencini avrà vinto, a spese del Papa».

     

    Ancor più diretto è stato Massimo Recalcati su La Stampa, parlando apertis verbis di «scure mediovale» fatta calare sull'ex priore, ma anche lui distingue: «Nessun cristiano alza la sua voce a difendere l'inerme, il padre colpito al cuore dai suoi figli con la complicità invidiosa di padre Cencini?

     

    ALBERTO MELLONI ALBERTO MELLONI

    Papa Francesco è il solo ad avere l'autorità e il giusto sguardo per salvare Enzo Bianchi da una umiliazione che non merita». Insomma, Francesco che, lo ricordiamo, ha approvato il decreto di siluramento e allontanamento di Bianchi da Bose, sarebbe stato male informato e soprattutto manipolato da questo padre Cencini, che in alcune articolesse erudite sembra uscito direttamente dal film Il nome della rosa.

     

    Una volta c'erano i conservatori che nella Chiesa remavano contro Francesco accusandolo di avere intorno a sé maneggioni e cortigiani, ora anche tra le migliori intelligenze catto-dem sembra vada di moda lo stesso copione. È davvero il momento di rieditare quel vecchio sito Internet dal titolo «Bose curiose», perché la vicenda sembra non finire qua.

     

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