Aldo Grasso per corriere.it
giampiero galeazzi
È morto all'età di 75 anni Giampiero Galeazzi, storico giornalista sportivo. Era malato da tempo e da settimane era ricoverato in terapia intensiva al Policlinico Gemelli di Roma.
È una domenica pomeriggio del 2018 e Giampiero Galeazzi si presenta a Domenica in, dalla sua amica Mara Venier, in carrozzina. Ha problemi di diabete, le gambe gonfie, lo studio è pieno di cavi e qualcuno gli consiglia di non rischiare. Qualche giorno dopo lui se ne rammarica, perché tutti pensano che stia molto male e un ex campione come lui non può congedarsi in questo modo:
«Ho sbagliato a presentarmi in quel modo: sui social m’hanno già fatto il funerale. La verità è che sono reduce da un’operazione al ginocchio sinistro, mi muovo con le stampelle. La salute va su e giù, come sulle montagne russe. Ho sbalzi di pressione, gonfiore alle gambe. Quando mi emoziono, mi tremano le mani».
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Già, l’emozione, quel sentimento che lui per primo aveva introdotto nelle telecronache quando aveva accompagnato nl 1988 i fratelli Abbagnale all'oro olimpico di Seul: «Rinviene la Germania dell’Est, ma la prua è italiana. È la prima a vincere». Un’emozione a briglia sciolta, da far tremare i televisori, da rendere epico uno sport che fino ad allora era vissuto un po’ nell’ombra, un’emozione urlata con tutta la voce in corpo.
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Già, il corpo. Galeazzi era conosciuto anche con il soprannome di «Bisteccone» (Mara Venier si divertiva un mondo a chiamarlo così) affibbiatogli dal giornalista Gilberto Evangelisti, grazie al quale era stato assunto in Rai, alla radio. «Era il 1970, un giorno dovevo andare a giocare un doppio di tennis con Renato Venturini, che lavorava alla radio», aveva ricordato Galeazzi intervistato dalla Gazzetta dello Sport. «Andai a prenderlo nella sede di via del Babuino e mi presentò ai colleghi dello sport. Ero alto e massiccio, così Gilberto Evangelisti se ne uscì con la frase: “Renà, ma chi è ‘sto Bisteccone?”».
galeazzi
Galeazzi si è occupato di tutti gli sport, dal calcio al tennis, dal ciclismo allo sci, ma il suo nome resta indissolubilmente legato al canottaggio. Merito degli Abbagnale se questo sport è diventato popolare, merito suo se lo ha reso popolare: «Partiti. L’importante per l’Italia è tenere il contatto con i battistrada. Giuseppe e Carmine hanno messo la loro prua davanti a tutte le altre. Partenza secca e asciutta dei fratelloni di Castellamare. Andiamo Giuseppe, andiamo Carmine. 37 i colpi in questo momento. Avanzano inesorabili con le loro pale a mannaia…».
In gioventù, anche lui era stato campione italiano nel singolo nel 1967 e nel doppio con Giuliano Spingardi nel 1968, anno in cui partecipò alle selezioni per le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico. Quando nel 1987 il Napoli vince lo scudetto, negli spogliatori passa il microfono a Maradona e lo reinventa intervistatore: uno show più che una cronaca.
GALEAZZI SMAILA
Era debordante in tutto, voglioso di nuove esperienze, anche nel mondo dello spettacolo: diventa inevitabilmente “personaggio”, oggetto persino di imitazioni. Dal 1994 si propone nelle inedite vesti di intrattenitore in Domenica In, incosciente delle insidie che lo aspettano (canzoni, sketch, balletti), incurante delle critiche. Gli bastava sorridere di tutto, manifestare autoironia. L’anno seguente torna alla conduzione di 90° minuto (che ha guidato da ‘92 al ’99).
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Nel 1996 Pippo Baudo lo vuole al 46º Festival di Sanremo 1996. Poi lo vediamo a fianco di Antonella Clerici, durante i mondiali calcio di Francia 1998. Non si fa mancare nulla: con Gaia De Laurentiis è protagonista di “Su e giù” e con Milly Carlucci di “Dove ti porta il cuore”. In occasione dei Mondiali di calcio del 2002 in Giappone e Corea del Sud, Galeazzi torna a condurre (con Marco Mazzocchi, Luisa Corna) la striscia quotidiana Notti Mondiali e, nel 2003, Stappa la tappa e La domenica sportiva. «Andiamo a vincere» era il suo grido di battaglia. Lo avrà certamente urlato anche in questa ultima.
ABBAGNALE
fratelli abbagnale
(ANSA) "In questo momento sono triste: Giampiero ha accompagnato non solo la nostra vita sportiva in maniera intensa e totalizzante, ma nel tempo è diventato anche una persona di famiglia, con cui si era creato questo connubio. Un personaggio anche sui generis se vogliamo, ma con lui voce e impresa sportiva diventavano una cosa sola. E quella telecronaca e' storia della tv". Giuseppe Abbagnale, col fratello Carmine, vinse l'oro olimpico del canottaggio a Seul '88 ma quell'impresa e' tutt'uno con la telecronaca di Galeazzi. "Con lui - dice all'ANSA Abbagnale, attualmente presidente della federcanottaggio - ho sempre avuto un rapporto vero, leale. Con Giampiero c'e sempre stata empatia".
DI CAPUA
agostino abbagnale tizzano
(ANSA) "Sono addolorato dalla sua morte: Galeazzi ha fatto conoscere noi e il canottaggio, ci ha spronati. E' stato un personaggio importante per noi, ci ha fatti conoscere al grande pubblico: era come se l'equipaggio fosse formato da quattro e non da tre elementi. Possiamo dire che era come un 'quattro senza': è stato molto, molto importante per noi. Ci è stato vicino per più di 20 anni". Così Peppiniello Di Capua, timoniere dei fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale, ricorda all'ANSA la figura di Giampiero Galeazzi. "Ci ha seguiti da sempre, quante cene assieme, era come un fratello per noi: lo stimavamo e gli volevamo bene", aggiunge.
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