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    “NELLA FICTION SU ALDA MERINI SI RESPIRA L’ARIA POCO TONIFICANTE DELLA CARICATURA” – ALDO GRASSO MENA DURO SU “FOLLE D’AMORE” DI ROBERTO FAENZA: “TENDE AD ASSOMIGLIARE PIÙ AGLI SCENEGGIATI DEL PASSATO E AL FOTOROMANZO MELODRAMMATICO CHE A UN RACCONTO VIVIDO. UNA NARRAZIONE PIATTA E STATICA, CON IN PIÙ UN’INTERPRETAZIONE UN PO’ APPANNATA DI LAURA MORANTE. IL PERICOLO PIÙ GRANDE DEL BIOPIC NON È QUELLO DI COSTRUIRE UN “SANTINO” QUANTO QUELLO, BEN PIÙ INSIDIOSO, DELLA…"


     
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    Aldo Grasso per corriere.it - Estratti

     

    LAURA MORANTE ALDA MERINI LAURA MORANTE ALDA MERINI

    Certo, girare una fiction su Alda Merini con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte significa privarsi di Milano, dei Navigli, di tutta l’iconografia, a volte persino folclorica, che ha accompagnato la vita intensa e tormentata della poetessa. Del poeta, verrebbe da scrivere. «Io diventerò un poeta!», urla la piccola Alda in faccia alla madre in una delle prime scene di «Folle d’amore – Alda Merini» di Roberto Faenza (Rai1).

     

     

    (...) Il pericolo più grande di queste biografie non è tanto quello di costruire un «santino» (Faenza è sufficientemente attrezzato per non cadere nell’agiografia) quanto quello, ben più insidioso, della parodia involontaria. Basta essere introdotti in quella sorta di circolo culturale che Giacinto Spagnoletti aveva allestito in via del Torchio (era la casa dove abitava) e vedere degli attori che si presentano come Giorgio Manganelli (con cui Merini avrà un devastante rapporto; per filarsela lui scapperà in Lambretta a Roma), Maria Corti o David Maria Turoldo per respirare l’aria poco tonificante della caricatura.

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    Il contrario del «santino» è il ritratto dell’artista maledetto, con tutti gli inevitabili snodi retorici della sofferenza (artistica e mentale), dei tormenti, delle scelte sbagliate, del manicomio. A parte il fatto che Rai Fiction dovrebbe mettere una moratoria sui biopic (quest’anno abbiamo già sistemato Califano, Mameli, Margherita Hack), «Folle d’amore» tende ad assomigliare più agli sceneggiati del passato e al fotoromanzo melodrammatico che a un racconto vivido, capace di cogliere le sfumature e le spigolature dei protagonisti. Condensare una vita incredibile e tumultuosa come quella della poetessa milanese in una narrazione piatta e statica, con in più un’interpretazione un po’ appannata di Laura Morante, non rende pieno omaggio alla figura della Merini.

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