Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
sonny colbrelli
Se l'avesse immaginata uno sceneggiatore questa Parigi-Roubaix non sarebbe stata così emozionante, così epica, così esaltante: il pavé, la pioggia, il fango, la fatica disumana, le forature, le cadute, le lacrime e le urla di gioia di Sonny Colbrelli, il nuovo re della regina delle classiche.
Tutto sembrava scritto per celebrare l'ennesimo trionfo azzurro in questa straordinaria e forse irripetibile stagione sportiva.
colbrelli
A 25 km dal Vélodrome «André Pétrieux», dove come in un rituale d'altri tempi si conclude la corsa, Gianni Moscon era solo a comando, si stava involando verso la vittoria. Ma prima una foratura e poi una caduta gli hanno tolto ogni risorsa. Eravamo in debito nei confronti di un Fato che sembrava in quel momento sorridere complice al favorito di giornata, Mathieu Van der Poel.
È a quel punto che è entrato in scena Sonny Colbrelli, a rivendicare il ruolo di protagonista. Di solito, la corsa non finisce mai in volata, quest' anno voleva un finale, un à bout de souffle con il cuore in gola. Sei ore di diretta tv, sei ore di tensione, mentre a poco a poco i corridori diventavano irriconoscibili, maschere di sudore e di fango, mentre le strade si riempivano di pozzanghere provocando un'infinità di cadute.
sonny colbrelli
In molti considerano la Roubaix come l'ultima follia del ciclismo moderno, con quel gruppo di amatori che ogni anno ripristina i tratti di pavé, copre le buche con aguzzi cubi di pietra, pulisce stradine buone sole per i carriaggi. La Parigi-Roubaix è l'enfer du Nord , è meravigliosa insensatezza, è leggenda. Colbrelli ha scritto un'altra pagina indimenticabile di storia del ciclismo (e di tv) conquistando la prima «classica monumento» in carriera, in un 2021 da sogno.
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