Stefano Montefiori per il Corriere della Sera
LAVAPIATTI ALI
Il lavapiatti arrivato dal Gambia diventa socio di uno dei ristoranti più famosi del mondo, il Noma di Copenaghen. Il locale dello chef René Redzepi sabato scorso ha chiuso lo storico indirizzo al 93 di Strandgade, dove è nato nel 2003, con una festa per duecentocinquanta persone, tra staff e amici: riaprirà, se i lavori del grande architetto Bjarke Ingels rispettano i tempi, il 1° dicembre in una piccola isola della capitale danese, appena fuori dalla comune hippie di Christiania.
Il Noma rinascerà in una struttura abbandonata oggi ricoperta dai graffiti, e con una diversa organizzazione societaria. «Il progetto è fantastico, ma che cosa varrebbe senza gli uomini?», ha detto Redzepi prima di annunciare che il lavapiatti Ali Sonko, al suo fianco dall' inizio dell' avventura tredici anni fa, sarà il primo dei nuovi partner. «Ali rappresenta il cuore e l' anima del Noma.
NOMA PIATTI
Penso che la gente non si renda conto fino in fondo di quel che significa avere intorno una persona come Ali. Lavora con il sorriso, e non importa come si siano comportati quel giorno i suoi figli. Anche mio padre si chiamava Ali, e quando è arrivato in Danimarca dalla Macedonia anche lui si era messo a fare il lavapiatti», ha concluso commosso Redzepi.
Il grande chef ha vinto per quattro volte con il Noma il premio per «il migliore ristorante del mondo», dando il via alla tendenza New nordic che prevede l' utilizzo di ingredienti locali, scandinavi, compresi licheni, funghi ed erbe mai usati prima e raccolti con l' arte del foraging . Specialità come lo skyr islandese (una specie di yogurt) sono apparse improvvisamente ovunque, dal Marais a Brooklyn.
RENE' REDZEPI
Redzepi è diventato una star internazionale puntando tutto sul carattere autoctono, locale e irripetibile delle materie prime. In antitesi rispetto all' alta gastronomia latina, spagnola, da El Bulli (dove pure Redzepi ha studiato) a El Celler de Can Roca, il Noma ha lanciato una cucina fieramente nordica. Ma nel modo meno nazionalistico e più aperto e scanzonato possibile.
La storia personale dello chef conta molto. Suo padre Ali-Rami Redzepi nel 1972 lasciò le campagne della Macedonia, allora parte di una Jugoslavia ancora salda, per emigrare in Danimarca pronto a fare qualsiasi lavoro. Tassista, autista di autobus, fattorino.
Hannah, danese, era donna delle pulizie negli uffici e negli ospedali e per un periodo anche cassiera in un caffè. Lì conobbe Ali-Rami, che faceva il lavapiatti. Dal loro incontro nacque René Redzepi, chef multietnico di una cucina iper-locale.
LAVAPIATTI ALI
Il figlio del lavapiatti macedone ha assunto un lavapiatti gambiano nel 2003, appena aperto il Noma. René, Ali e gli altri hanno lavorato assieme come dei forsennati. Una volta Redzepi ha raccontato di avere vissuto come in una bolla per i primi cinque anni almeno, «il Noma era tutto, il mondo esterno non esisteva. Un giorno finalmente mi sono imbattuto in un giornale, c' era una fotografia di Cristiano Ronaldo. Non avevo idea di chi fosse».
Nel 2010, per la prima volta il Noma entra in finale per il titolo di «miglior ristorante del mondo».
Redzepi porta tutta la squadra a Londra, ma Ali non riesce a ottenere in tempo il visto e segue la cerimonia in tv assieme alla famiglia. «Sono saltato in piedi dalla gioia quando ho visto che avevamo vinto - raccontò all' epoca Ali -. Poi loro si sono aperti le giacche, e avevano una maglietta con la fotografia della mia faccia. Non ci potevo credere».
Sabato è toccato ad Ali, oggi sessantaduenne, staccare dal muro una a una le lettere dell' insegna «Noma». «È tutta la mia vita», diceva sorridendo. A fine anno le appenderà - stavolta da socio - su un altro muro. L' avventura Noma continua.
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