Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
alibaba boom di vendite per il singles day
Nuvole nere oscurano improvvisamente la nuova stella dell’ecommerce mondiale: la cinese Alibaba è stata accusata di permettere sulle sue piattaforme la vendita di prodotti contraffatti o che non soddisfano gli standard nazionali di sicurezza e di aver consentito pubblicità ingannevole.
Tutto scritto in un dossier firmato dall’Agenzia statale cinese di controllo sull’Industria e il Commercio, vale a dire da un organo del governo di Pechino. I numeri dell’indagine sono gravi: solo il 37 per cento dei prodotti offerti su Taobao e Tmall sarebbero autentici, il resto non a norma, scadente o falso.
DIRIGENZA ALIBABA
Almeno 279 milioni di consumatori e 8,5 milioni di venditori usano i due siti principali di Alibaba per l’ecommerce. Il libro bianco con le contestazioni è un bruttissimo colpo per il mito del geniale Jack Ma, il fondatore e presidente esecutivo del colosso che a settembre dell’anno scorso è sbarcato a Wall Street battendo tutti i record di capitalizzazione con una Ipo (Offerta preliminare di acquisto) che ha fruttato in un solo giorno 25 miliardi di dollari.
IL CEO DI ALIBABA JACK MA
L’accusa del controllore statale rischia di bruciare miliardi di dollari: appena il dossier è stato pubblicato, mercoledì, il titolo ha perso il 4 per cento, scendendo a 98,45 dollari. C’è molto di inusuale e oscuro in questo caso.
È eccezionale che il governo di Pechino attacchi una delle aziende che hanno portato il nome della Cina nel mondo, un campione nazionale della new economy. Finora il controllore cinese aveva preso di punta solo grandi gruppi stranieri come Microsoft, Apple o case automobilistiche. Jack Ma ha sicuramente ottime relazioni con la nomenclatura del partito (anche troppe, secondo un’inchiesta del New York Times che ha individuato diversi figli di dirigenti politici con partecipazioni e interessi nell’azienda).
Jack Ma Forbes
Poi c’è un problema di tempi. Il lavoro degli ispettori governativi era pronto già a luglio, ma non è stato diffuso per non danneggiare la quotazione di Alibaba sui mercati finanziari internazionali (questo lo ha sottolineato la stessa agenzia di controllo). Forse oggi Jack Ma non è più il beniamino del partito-Stato? «Lo hanno voluto rimettere al suo posto», ha commentato con la Associated Press l’analista Gil Luria di Wedbush Securities.
Il dossier ha acceso uno scontro verbale dai toni forti. Nel documento governativo si legge che Alibaba era stata avvertita, ma che ha consentito «a un foruncolo trascurato di diventare un bubbone rovinoso». L’agenzia scrive ancora di «aver cercato di svegliare Alibaba dal suo narcisismo, di fare grande attenzione alla serietà del problema rilevato e uscire dal suo arrogante stato mentale».
Neanche Alibaba ha misurato le parole della sua replica. Una reazione straordinaria contro un organo governativo in Cina. In un comunicato sul suo sito ha fatto il nome del funzionario statale che ha firmato il rapporto, il signor Liu Hongliang, accusandolo di «comportamento scorretto, irrazionale e fondato sul pregiudizio».
Jack Ma
Poi un secondo intervento, firmato da Jack Ma sul suo blog: «Taobao ha radunato un battaglione di 300 tecnici per dichiarare guerra alla contraffazione e continuerà a reclutare personale in tutto il Paese, cercando alleanze con i governi, i detentori di diritti di proprietà intellettuale e i consumatori» e mettere offline i prodotti falsi. Taobao sopporterà questa ingiustizia, questa responsabilità, l’accetterà e la risolverà».
Alibaba aveva annunciato a dicembre di aver rimosso 90 milioni di prodotti sospettati di falso dalle sue piattaforme di ecommerce e di aver speso 160 milioni di dollari nella battaglia anticontraffazione a partire dal 2013.
jack ma