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Un uomo braccato dalle forze dell’ordine. E un giallo, quello della morte di Alice Neri, uccisa e bruciata all’interno della sua auto, che potrebbe essere alla svolta. Il sospettato è Mohamed G., un tunisino di 29 anni, indagato per omicidio e distruzione di cadavere. I carabinieri sanno dove si nasconde in Francia e presto potrebbero fermarlo. La sua deposizione sarà decisiva per chiudere il cerchio sul caso che vede indagati anche il marito della donna e un suo collega. Matteo Marzoli, il fratello di Alice, comunque non trae ancora facili conclusioni.
«È cambiato tutto in un minuto — dice —, ma solo quando mi diranno con certezza chi è stato potrò puntare il dito su qualcuno». L’ipotesi principale è che sia stato il tunisino a uccidere Alice, durante una tentata violenza. Secondo questa ricostruzione giovedì 17 novembre l’uomo sarebbe salito a bordo dell’auto della donna, ferma davanti allo Smart Cafè dopo la serata trascorsa con un collega di origini sarde. E poi si sarebbero spostati verso il luogo dove è stato rinvenuto il cadavere e l’auto carbonizzata. Un luogo poco distante dall’abitazione dove Mohamed risiedeva con la compagna, fino al 18 novembre, quando è scappato. Altro particolare, il tunisino era all’interno del bar durante il pomeriggio trascorso da Alice con il collega. Lo ha raccontato quest’ultimo, parlando di un uomo che la fissava in continuazione.
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L’entrata in scena del tunisino alleggerisce la posizione del marito e del collega di Alice. L’auspicio del legale di Nicholas Negrini è che presto possa passare da «indagato a persona offesa». Restano comunque tanti i misteri attorno a questa storia. A cominciare dal lungo pomeriggio trascorso al bar con il collega. Stando alla ricostruzione degli inquirenti la donna esce di casa intorno alle 19. Dice al marito che ha un appuntamento, poi si trattiene a discutere con il collega fino alle due di notte, quando il titolare deve chiudere. Uscita dal locale Alice resta ferma in auto per oltre 10 minuti. Perché? Proprio in quest’arco temporale il tunisino si sarebbe avvicinato ad Alice. Alcune telecamere della zona, poco dopo, riprendono l’auto del collega che si dirige verso casa e quella di Alice verso il luogo in cui è stata uccisa, ma non si capisce chi ci sia alla guida.
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C’è poi il mistero del telefonino. Il delitto si consuma poco dopo l’aggressione (anche se non è stata trovata l’arma), ma fino al mattino successivo squilla regolarmente e all’altro capo qualcuno riattacca. Potrebbe essere stato sempre Mohamed, che solo molte ore dopo il delitto decide di disfarsene. Ma perché correre il rischio di portarsi dietro il telefono per tutto quel tempo? Superficialità o voleva che non andasse distrutto? Tutte domande alle quali dovrà dare delle risposte. Al momento la posizione del marito appare inattaccabile. L’altra sera per due ore ha risposto agli inquirenti. «Ha un alibi e su questo non ci sono dubbi — dice il suo legale, Luca Lugari —.
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Siamo di fronte a un mosaico con centinaia di tasselli che gli inquirenti stanno cercando di comporre. Nicholas quella sera era a casa con la bambina. Il vero problema è che in questi casi sono i cadaveri a parlare, ma purtroppo in questa triste vicenda il corpo di Alice non può dare risposte perché non esiste, è stato completamente bruciato».
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