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    BIENNALE DELL’ALTRO MONDO: MOLTA AFRICA, POCA AMERICA, LENIN E MAO: A VENEZIA SI TORNA ALL’UTOPIA MA IL SOL DELL’AVVENIRE È LA CENA DI PINAULT - MARINA ABRAMOVIC S’ATTOVAGLIA CON IL LOBBYSTA DEI CLINTON - ATTESO ANCHE IL FILOSOFO BERNARD-HENRI LÉVY


     
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    BIENNALE BIENNALE

    Aldo Cazzullo per il "Corriere della Sera"

     

    Si è accolti dall’inno sovietico ( Sovietzky Soyuz! ), dalle parole del Capitale , dalle immagini di Lenin Stalin Mao; ma il sol dell’avvenire è la cena di stasera da Pinault: chi non è invitato non conta niente.

     

    Nella Biennale del nigeriano Okwui Enwezor la lotta non è più tra classi ma tra etnie, e il bianco, va da sé, è il cattivo. Molta Africa, parecchia Argentina, poca America quasi tutta nera: foto di Martin Luther King, della staffetta 4x400 sul podio delle Olimpiadi di Messico ’68 a pugno chiuso e con i baschi delle Black Panthers, di Morgan Freeman al Muppet Show ; gli unici bianchi, a parte la tomba di Jim Morrison, sono gli aviatori di Enola Gay reduci da Hiroshima e i sorveglianti a cavallo con gli occhiali scuri e la carabina, che vegliano sui detenuti neri con badile.

    wangechi mutu blue eyes wangechi mutu blue eyes

     

    Gli altoparlanti restituiscono le voci di centinaia di indios — aymara, chiriguano, chon, chorote, araona, bororo — che raccontano quanto vivessero felici tra fiumi pescosi e foreste lussureggianti prima dell’arrivo dell’uomo bianco. Gli ospiti del vernissage si scambiano gli indirizzi per la sera: dai Cuniberti cucina lo chef Bottura; ospitano anche Gagosian e le altre grandi gallerie; ma il vero problema è essere ammessi da Pinault. È vero che gli invitati sono 600; ma non si ha idea di quanto finiscano velocemente i posti, tra direttori di musei, artisti, critici. A Punta della Dogana hanno attraccato già tre yacht monumentali e un veliero. Atteso forse anche Bernard-Henri Lévy: indimenticabile il suo passaggio alla Biennale 2011, quando affittò un motoscafo da cui si sbracciava per salutare con la camicia bianca aperta i veneziani ignari ( ma chi xé queo là? ).

    victor man luminary petals on a wet, black bough (after giorgione) victor man luminary petals on a wet, black bough (after giorgione)

     

    È una Biennale politica e terzomondista: manovali sudamericani al lavoro, senegalesi che impastano fango, artigiani cinesi che intrecciano cesti di paglia. I manovali veneziani quelli veri non canticchiano più il vecchio ritornello dei Pitura Freska — « Quanta mona che ghe xé a la Bienal… » —, stavolta fanno notare che tra i visitatori gli eterosessuali sembrano pochissimi. Un video ammonisce che «quando le élites non reggono il ritmo dei cambiamento, allora le masse diventano rivoluzionarie»; grande è la confusione sotto il cielo della Biennale; il momento è propizio.

     

    terry adkins darkwater record terry adkins darkwater record

    Fabio Mauri ha portato una sua bella foto dei primi Anni Settanta con Pasolini, alle Corderie è esposto anche l’articolo con cui PPP stroncò il giovane De Dominicis: «Il mongoloide alla Biennale è il prodotto della sotto-cultura». Al padiglione danese un angelo ligneo dentro una cassa di whisky Johnny Walker. I collezionisti stavolta sono entusiasti: «Una Biennale spiazzante, aperta sul mondo, con artisti giovani e poco conosciuti», dice Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.

     

    E Roberto D’Agostino: «Finalmente non ci sono i soliti Koons, Cattelan, Hirst. Non c’è la plastica della scorsa Biennale di quel fighetto di Gioni; qui c’è carne, c’è sangue. C’è il mondo non omologato, pre-internet». Ma lei, D’Agostino, colleziona Hirst, e ha un sito internet molto temuto. «Però mi piace andare oltre. E questa Biennale rompe il circuito commerciale, gli schemi del mercato».

     

    Chi è già sicuro del posto a cena da Pinault briga ora per il pranzo sul Canal Grande da Miuccia Prada. «Cattelan dorme da noi!», grida felice nell’iPhone una ragazza bionda. Meno soddisfatto Francesco Bonami, che nell’ultimo libro spiega così le fortune del curatore nigeriano: «Con Okwui in pista si capiva subito che non c’erano più chance.

    francois pinault e salma hayek francois pinault e salma hayek

     

    Eloquente, capace di una retorica travolgente, con idee non scontate, Okwui era l’uomo giusto al momento giusto. Senza togliere nulla ai suoi meriti, solo degli imbecilli potevano farsi sfuggire l’opportunità di farsi belli nominando il primo curatore non europeo, africano, nero, di quell’Olimpo eurocentrico e bianco che era stata Documenta nella sua intera storia. Stessa cosa vale per la Biennale di Venezia».

     

    Alle Corderie va in scena la terza guerra mondiale a pezzi, teorizzata da Papa Francesco. Il colore dominante è il nero, l’atmosfera da disastro incombente. Il lampadario cinese con le immagini dei test nucleari. I coltellacci dell’algerino Adel Abdessemed. Le scritte al neon di Bruce Nauman: «morte», «odio», «paura». Le motoseghe di Monica Bonvicini. Il cannone di Pino Pascali. Le macerie di Katharine Grosse. Il padiglione ucraino si chiama opportunamente Hope , Speranza; quello di Hong Kong Il Nulla infinito .

     

    SALMA HAYEK E IL MARITO PINAULT SALMA HAYEK E IL MARITO PINAULT

    Il presidente Baratta riceve per un cocktail sulla terrazza di Ca’ Giustinian affacciata sulla laguna. Cattelan è stato accorto a farsi ospitare: gli alberghi sono prenotati da mesi da sceicchi, oligarchi e amici di Pinault; gli altri si avviano mestamente verso Mestre. Bonami: Okwui riesce «a farci capire che l’arte moderna e contemporanea non è solo un quadro di Cézanne o un cane palloncino di Jeff Koons, ma anche la capacità di gonfiare i testicoli in nome del mai abbastanza sbandierato scioglilingua della multiculturalità».

     

    Di sicuro l’arte contemporanea ha definitivamente divorziato dalla bellezza e ha l’ossessione di mappare, catalogare, documentare, archiviare: non a caso le principali rassegne si chiamano Manifesta e Documenta; un giorno si dirà che nei primi anni del secolo si pensava che l’arte fosse questa. Sugli Archivi della memoria è incentrato il padiglione italiano, che è piaciuto molto, in particolare i lavori di Mimmo Paladino, Marzia Migliora, Nicola Samorì.

    Marina Abramovic Marina Abramovic

     

    Immancabili le performer berlinesi Eva&Adele, come sempre rasate a zero con i pizzi e gli ombrellini rosa. Un Mao di porcellana custodisce il nastro magnetico dello storico discorso di Du Bois: Il socialismo e il negro d’America . Una scritta sul muro indica il «Padiglione anonimo dei migranti senza Stato». Video sui crimini americani in Vietnam. Altre scritte evocano i moti razziali di Ferguson e le stragi di Boko Haram. Video di corvi nerissimi. Marina Abramovic ordina spaghetti con i caparazzoli al Covo insieme con Tony Podesta, il lobbysta dei Clinton. Il capo indio Uraan Suruì racconta l’incontro tra il suo popolo e i bianchi, ovviamente disastroso. Salma Hayek nuora di Pinault assegna i posti.

    Bernard Henry Levy Bernard Henry Levy Marina Abramovic Marina Abramovic teresa burga fuerzas operaciones especiales foes teresa burga fuerzas operaciones especiales foes rosa barba the long road rosa barba the long road SALMA HAYEK E IL MARITO PINAULT SALMA HAYEK E IL MARITO PINAULT padiglione armeno, armenity, curato da adelina von furstenberg padiglione armeno, armenity, curato da adelina von furstenberg luis gomez, la rivoluzione luis gomez, la rivoluzione marlene dumas justice marlene dumas justice melvin edwards dakar melvin edwards dakar marcel broodthaers un jardin d'hiver marcel broodthaers un jardin d'hiver oscar murillo i don't work on sundays oscar murillo i don't work on sundays qiu zhijie jinling chronicle theater project qiu zhijie jinling chronicle theater project robert smithson dead tree robert smithson dead tree ricardo brey black box ricardo brey black box

     

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