Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
giuseppe conte - festa dell unita di ravenna
Bentornato «compagno Giuseppi», come lo chiamano con un misto di bonarietà e cinismo nelle friggitorie del Pala De Andrè, con le falci e martello sulle pareti. Va bene, non è più il Conte «punto di riferimento fortissimo dei progressisti», Zingaretti dixit, ma non è nemmeno il filo-trumpiano che nel 2018 alla festa della Lega si auto-definiva orgogliosamente «sovranista». Né il paria dell’estate scorsa, messo all’angolo da Enrico Letta per la caduta del governo Draghi. Quella macchia, alla festa dell’Unità di Ravenna, la prima targata Schlein, pare scomparsa. Tutto (o quasi) è perdonato.
[…] il leader del M5S è affiancato da Stefano Bonaccini. […] Decisione dello staff di Schlein. Non solo per un problema di agende, ma anche per evitare di regalare palco e microfono a un assolo pentastellato. Certo, nella cerchia della leader non avevano previsto la piega che avrebbe preso la giornata, al momento di stilare il programma della festa.
giuseppe conte - festa dell unita di ravenna 2
Perché Bonaccini è sì il governatore dell’Emilia Romagna ma anche il presidente del Pd. Lo sconfitto del congresso, che ha organizzato la sua corrente, Energia Popolare. Che da 24 ore è una pentola a pressione. Prima per le uscite, in direzione Calenda, di una trentina di dirigenti liguri, ma soprattutto per la risposta arrivata ieri mattina dalla segretaria.
[…] In platea però spedisce un folto gruppo di attivisti M5S, capitanati dal coordinatore regionale, l’ex senatore Gabriele Lanzi. E la mossa funziona: appena il presidente del Movimento monta sul palco, un pezzo di platea si lancia in un’ovazione, partono i coretti Conte-Conte. Lui gongola un po’ sulle divisioni fra i dem: «Non vorrei entrare in vicende altrui, ma se me lo chiedete… - giogioneggia - Non saprei dire perché attaccano Schlein, mi viene più facile dire perché attaccano me: perché siamo scomodi».
stefano bonaccini e giuseppe conte - festa unita di ravenna
Applausi. Nonostante l’ospitata alla festa dem si tramuti subito in un match in casa, anziché in trasferta, il capo dei 5 Stelle si mostra ancora cauto sull’idea di un’alleanza strutturale coi dem. Con qualche spiraglio. «Spesso ci dicono: dovete andare uniti. Ma abbiamo visto a cosa portano i cartelli elettorali costruiti così: dopo un anno di governo della destra, vediamo grandissime divisioni». E allora? «Dobbiamo lavorare per costruire un progetto di governo del Paese, ma non buttandoci adesso in un’alleanza posticcia. Dobbiamo arrivarci attraverso un confronto chiaro. Ritrovandoci sui temi, come il salario minimo e la sanità».
C’è sempre il grande scoglio, la politica estera. L’Ucraina. «Abbiamo posizioni diverse. E per noi non è un tema negoziabile». Seguono stoccate a Draghi, «gli avevamo detto che serviva subito un percorso di pace. Era facile prevedere che non sarebbe stata possibile una vittoria militare sulla Russia». La claque si esalta.
ELLY SCHLEIN E GIUSEPPE CONTE IN VERSIONE BARBIE E KEN - MEME BY GRANDE FLAGELLO
«Con tutto il rispetto per Zelensky…». Le spese militari al 2% del Pil? «Ho letto una dichiarazione di Schlein, forse è stata contestata nel Pd. Ma non possiamo essere in una posizione servente nei confronti di una grande potenza», cioè gli Usa. «Io non ho mai messo in discussione il 2% del Pil, ma non posso affamare la mia popolazione, dirottando tutti gli investimenti lì. Io al mio alleato questo glielo dico». Poi Conte si addentra in un’accorata difesa del Superbonus, macina attacchi al Jobs Act, incassando un’altra ovazione, come quando torna su Renzi, «che ha fatto cadere il governo in piena pandemia».
Bonaccini, sul palco, pare a tratti una spalla […] Le fuoriuscite? «Sbaglia chi se ne va. Non mi accodo al teatrino. La nostra gente non ne può più delle liti». A Schlein rivolge solo miti consigli: «Chi fa il segretario deve rappresentare anche chi non l’ha votato, cogliendo i malesseri. Mi aspetto che domani Elly faccia un discorso che rassicurerà sul fatto che abbiamo bisogno di un partito che non diventi più piccolo. Se il Pd rimane al 20% non basta per vincere».
Per il governatore, c’è bisogno «di un partito di sinistra. Ma in questo Paese ci sono milioni di persone non si definiscono così e che non hanno voglia di votare a destra». Il Pd adesso è troppo a sinistra? Prima di Bonaccini, risponde il pubblico: «Era ora!».
ELLY SCHLEIN SBIRCIA NEL TELEFONO DI GIUSEPPE CONTE giuseppe conte elly schlein 1 giuseppe conte in versione barbie