angelo branduardi
Antonello Piroso per la Verità
Angelo Branduardi, do you remember? Artista colto e non banale, che una pigra vulgata descrive come un intellettualoide inavvicinabile, chiuso e scontroso solo perché, non «gureggiando» (non impancandosi cioè a maitre-à-penser), non fa della sua musica e della sua carriera legna per il falò delle vanità.
Maestro, lei è sempre in tournée, e con 68 primavere alle spalle.
«Non chiamarmi così, e diamoci del tu: non sono ancora un monumento, né ambisco a esserlo. Canto e suono perché la musica è la mia ragione di vita. È la forma d' arte più astratta, e per questo - come sostiene l' amico che mi onoro di avere, Ennio Morricone - è la più vicina a Dio. Spero di potermi continuare ad esibire a lungo, sempre confortato - anche se non dovrei essere io a dirlo - dall' affetto e dal gradimento del pubblico. Composto anche da giovani».
Che ti sfiniranno con la richiesta di riascoltare Alla fiera dell' Est.
«Dipende dal tipo di performance, perché se il programma prevede la riproposizione di musiche sacre e profane del Medioevo, come quelle delle mie raccolte Futuro antico, di certo quel repertorio non viene ripescato. Ma non mi offendo per nulla: se l' aspettano e ne sono lieto. Avrei voluto scriverne 1.000, di brani capaci di rimanere nella memoria, resistendo al tempo e alle mode».
angelo branduardi
Il sito Dagospia, per spiegare il gioco dell' oca della crisi politica, ha titolato «Governo: il cerino passa al centrodestra, che lo molla a Salvini, che lo gira a Giorgetti...che al mercato mio padre comprò». Lo sai che «alla fiera del Web» gli interventi finiscono quasi sempre con quel verso? È una citazione che tutti capiscono.
«Alla fiera dell' Est è un pezzo importantissimo per me, è il mio passaporto verso l' immortalità. A un bambino di oggi il nome Branduardi non dice niente, mentre conosce molto bene il topolino della canzone.Vuoi mettere? È un brano che vive di vita propria e che non appartiene più al suo autore, ma alla cultura popolare».
È persino contenuto in alcune raccolte di filastrocche per piccini. Invece è una storia di violenza purificatrice, un testo di tua moglie Luisa Zappa, che è un dotto richiamo alla cultura ebraica e all' ineluttabilità del giudizio divino, al componimento intitolato Chad Gadya, che si conclude con: «E venne l' Unico, benedetto egli sia, che uccise l' angelo della morte, che uccise il macellaio...», eccetera.
angelo branduardi
«Ti trovo preparato...».
Cascami di una formazione pop: l' ho scoperto guardando il film Free zone di Amos Gitai, nel 2006.
«La canzone è molto liberamente ispirata a quel canto intonato durante la cena della Pasqua ebraica, in cui si celebra la liberazione della schiavitù in Egitto. Musicalmente però c' è un motivo mitteleuropeo e uno arabo mescolati insieme. L' oboe e la tromba per la nostra tradizione medievale europea, i violini all' unisono per quella orientale. Ad affascinare poi è sicuramente la forma iterativa, quella ripetitività costante di due note che si ripetono, quasi ipnotiche. Il monito della storia è che non dovremmo mai dimenticare che c' è sempre qualcuno più forte di noi».
Alla fiera dell' Est è nell' album omonimo del 1976, ma tu per il lancio avevi puntato su Il dono del cervo.
bob dylan whisky 4
«Furono gli autori di un programma di Rai 2, Odeon - Tutto quanto fu spettacolo, a insistere perché eseguissimo Alla fiera dell' Est.
Mi resi conto dell' impatto della tv un paio di giorni dopo, entrando in un supermercato: si girarono tutti a guardarmi.Anche perché la capigliatura (invariata negli anni) è inconfondibile, adottata anche da Giovanni Allevi. In pochi anni cali un tris vincente: a ruota arrivano La pulce dell' acqua e Cogli la prima mela.
Tutte ai vertici delle classifiche, tradotte in francese e inglese, premiate in Italia e all' estero. Tutte riconoscibili grazie al tuo marchio di fabbrica, le atmosfere tra folk e pop, tradizione celtica e madrigali, sonorità barocche e rinascimentali, violini e flauti «dolci». Che non c' entrano molto con Bob Dylan, o sbaglio?
«Ti riferisci al commento che feci in diretta per la tv italiana del suo concerto al Madison Square Garden di New York, nel 1992? Fu un' idea di un altro caro amico, Enzo Guaitamacchi, giornalista musicale, che me lo propose.
yusuf islam cat stevens
Dylan è un grande, e bene hanno fatto ad assegnargli il Nobel per la letteratura, ma i miei idoli erano in realtà Donovan e Cat Stevens, che poi abbraccerà l' Islam diventando Yusuf».
E come te ancora va sul palco: c' è una versione live di Father and son con Eddie Vedder dei Pearl Jam, e una di Wild world con lo scomparso Chris Cornell, che sono da pelle d' oca. Alla musica come sei arrivato?
«Mio padre era un melomane verdiano. A 5 anni andai a prendere lezioni di violino, il Comune organizzava corsi per bambini di famiglie non abbienti. Il mio primo strumento fu opera di un tramviere che si dilettava a fare il liutaio, perché mio padre, che non poteva certo permettersi di comprarmi uno Stradivari, non voleva comunque che io imparassi a suonare con uno strumento "industriale". A 16 anni mi diplomai al Conservatorio».
Come mai il violino?
«In realtà preferivo il pianoforte, ma a casa avrebbe ingombrato».
A Cuggiono, nell' hinterland milanese?
angelo branduardi
«Ci sono solo nato, perché ci trasferimmo a Genova, in quell' angolo pittoresco che era l' angiporto, tra contrabbandieri e prostitute».
Bell' ambientino...
«Oh, ma io appunto suonavo il violino, venivo considerato una specie di piccolo principe, ero amatissimo. I contrabbandieri ci passavano cibo, magari per un mese mangiavamo solo banane, e infatti le odio, o carne argentina congelata, bada: non surgelata, quindi avvolta in una specie di sudario. Ma stavamo benissimo, mia madre non chiudeva mai a chiave la porta, con tutto che sotto di noi c' erano due fratelli che facevano avanti e indietro dalla galera».
angelo branduardi
Quand' è che Branduardi il polistrumentista, l' artista più «medievale» della canzone italiana, scopre Francesco, non il Papa bensì il santo più «moderno» del medioevo? Da quell' incontro sono nati nel Duemila un disco, L' infinitamente piccolo, e un' opera teatrale, La Lauda di Francesco.
«Cui va aggiunto il doppio cd di due anni fa Da Francesco a Francesco, il Papa, che ho realizzato in occasione del Giubileo della Misericordia. Il primo contatto con San Francesco, che - non dimentichiamolo - è stato anche il primo poeta in lingua italiana, è avvenuto quando ero ventenne, scrissi una canzone rimasta inedita fino a quando non ho realizzato su commissione l' album del Duemila».
Chi te lo chiese?
«Vennero da me quattro frati d' Assisi, affinché io scrivessi un album basato sulle fonti francescane. Ero titubante e orientato al «no, grazie». Anche perché la Chiesa ha espresso per 500 anni la musica più sublime che sia stata scritta, ma poi si è persa per strada, passando anche attraverso quell' obbrobrio della messa beat. Ho domandato: "Perché venite a chiedere una cosa simile a me, che sono, come tutti del resto, un grande peccatore?". E loro: "Dio per le grandi opere sceglie sempre gli uomini peggiori!". Mi hanno convinto».
Perché quel titolo, L' infinitamente piccolo?
Angelo Branduardi-2
«È l' intuizione di Francesco. Se prendi un pezzo di carta e lo dividi a metà, e ogni metà a metà, e così via, non finirai mai di ottenere pezzi sempre più piccoli. È una teoria rivoluzionaria che ci dice che l' infinito, il mondo, il cosmo, l' eternità, non sono fuori, ma dentro ciascuno di noi. È da queste basi che nel Novecento prende le mosse la fisica quantistica, e poi si arriva -con l' acceleratore del Cern - al bosone di Higgs, la «particella di Dio».
Cosa pensi dei talent e degli youtubers?
«So che potrebbe sembrare il contrario, ma per un debuttante era meglio ai miei tempi.
Non è una provocazione. Oggi compri un computerino, componi e metti tutto su Internet, e pensi: è fatta. Tutto molto bello, facile e democratico. Solo che all' epoca la casa discografica coltivava gli artisti, in base a questa logica: con il primo disco perderemo, con il secondo andremo in pari, dal terzo in poi guadagneremo.
Enzo Jannacci
Oggi hai cinque minuti su un palco, se ci arrivi. E poi un calcio in quel posto, perché o funzioni o sei finito. Con il rischio, però, che se anche raggiungi la cima, dopo qualche mese vieni scalzato e finisci nel dimenticatoio. In questo i discografici hanno molte responsabilità. Enzo Jannacci aveva già capito tutto in La canzone intelligente: "La casa discografica adiacente veste il cantante come un deficiente e lo lancia sul mercato sottostante".
Enzo Jannacci
Dieci anni fa avevi, scherzando, espresso una serie di desideri. Te li ricordi?
«Vincere l' Oscar come Morricone, vedere mia figlia Maddalena diventare celebre come violoncellista (anche se poi ha scelto di fare altro in ambito musicale), dirigere un' orchestra sinfonica nel Tristano e Isotta di Richard Wagner, pilastro del romanticismo tedesco e della musica moderna, in cui il cromatismo esasperato corrisponde a un' ascesa verso l' infinito, ai confini della rottura della tonalità, un' instabilità che provoca un senso d' irrequietezza e mistero. E poi, immagino, mi sarò augurato di invecchiare bene».
Ci stai riuscendo?
«Che ti devo dire? Sono un viaggiatore. Che spera di non diventare mai un naufrago.
Sono pieno di vita, ma la vecchiaia non è fonte di saggezza.La vecchiaia è una grandissima palla».
ENNIO MORRICONE ELLADE BANDINI BRANDUARDI