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    “FIDATEVI DI ME, ALLA FINE ANDRA’ BENE” – L’EX PORTAVOCE DI CONTE, TA-ROCCO CASALINO, RASSICURA I PENTASTELLATI SUL RISULTATO DELLE EUROPEE DOPO LA SINISTRA PROFEZIA DEL FILO-PD PATUANELLI CHE, COME DAGO DIXIT, HA MANIFESTATO OSCURI PRESAGI PER CONTE IN VISTA DEL VOTO DI DOMENICA (CONSENSI DIMEZZATI RISPETTO A QUELLI PRESI DA DI MAIO NEL 2019) - L’IMPORTANZA DELL’AFFLUENZA AL SUD E LA STORIA DEL MOVIMENTO ALLE EUROPEE: UNA MALEDIZIONE SENZA FINE…


     
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    Tommaso Labate per il “Corriere della Sera” - Estratti

     

    rocco casalino rocco casalino

    «Ma no, ragazzi, state tranquilli e fidatevi di me. Sono convinto, anzi convintissimo, che alla fine andrà bene…». C’è stato un tempo, mesi fa, in cui si pensava che Rocco Casalino sarebbe stato tra i protagonisti della campagna elettorale del Movimento 5 Stelle alle Europee.

     

    Più d’uno — in realtà non lui, che si vede deputato o senatore al prossimo giro — lo immaginava candidato capolista; poi non se n’è fatto nulla ma qualcosa di significativo, il dominus della comunicazione di Giuseppe Conte dai tempi di Palazzo Chigi, in vista delle urne del fine settimana lo sta combinando.

     

    Nelle ultime ventiquattr’ore, per esempio, s’è messo a rispondere con pazienza alle telefonate di dirigenti, parlamentari, candidati sul territorio e in certi casi militanti storici alle prese con una specie di crisi collettiva di panico pre-elettorale, alimentata da una sorta di apprensione in vista del voto; apprensione che sarebbe condivisa anche da Conte in persona, convintosi che l’attesa flessione dell’affluenza soprattutto nel Sud Italia (non a caso chiuderà la campagna elettorale a Palermo) — dove il Movimento ha il suo serbatoio principale di consensi — possa portare a uno score finale decisamente distante dalle ambizioni di inizio anno.

     

    conte casalino conte casalino

    Casalino sta provando a tranquillizzare tutti. Ma i suoi «vedrete che andrà bene», la camomilla retorica che oppone allo scoramento diffuso nel Movimento, trovano in giro parecchi ostacoli. Uno di questi l’ha fatto emergere domenica pomeriggio Dagospia , scovando nel profilo Facebook personale di Stefano Patuanelli gli oscuri presagi in vista del voto di domenica che il capogruppo al Senato aveva messo nero su bianco a uso e consumo dei suoi amici più stretti.

     

    Numeri non se ne possono fare e non ne ha fatti neanche lui; ma l’analisi, carica di metafore facilmente decrittabili, è la solita: parte dal calo dell’affluenza nella circoscrizione Meridionale e arriva a raccontare di una corsa decisamente diversa dai desiderata grillini di qualche mese fa, quando la vittoria di Alessandra Todde in Sardegna e i niet opposti all’alleanza col Pd sembravano il segnalibro sull’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova fase.

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    A irrobustire la frangia di coloro che prevedono le nubi in vista delle Europee, oltre all’affluenza, ci sono altre considerazioni, che se i timori della vigilia fossero confermati richiederebbero un’analisi post-voto di quelle vecchio stampo.

     

    Per esempio, sui candidati: tolta qualche eccezione, come l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico, che sta battendo il Sud Italia trovando un discreto pubblico alle sue iniziative, le liste non vengono considerate «una macchina da guerra» di quelle che si schierano in occasioni del genere e soprattutto manca un capolista diffuso di quelli che tira la volata agli altri.

     

    Poi c’è l’incubo della polarizzazione degli ultimi giorni, che nel passato remoto aveva favorito l’ascesa del Movimento; ai piani alti, infatti, più d’uno confessa «che il dualismo Meloni-Schlein rischia di far male a noi così come al partito di Salvini».

    stefano patuanelli foto di bacco stefano patuanelli foto di bacco

     

    Tutte riflessioni cariche di condizionali, ovviamente. Inquietudini diffuse che possono concludersi con uno scampato pericolo, come va dicendo Casalino, oppure no. La storia del Movimento alle Europee è il racconto di una maledizione senza fine: nel 2014, alla vigilia del voto si parlava del sorpasso sul Pd di Renzi e finì con Grillo che mangiava il Maalox; cinque anni dopo, Salvini rovesciò i rapporti di forza delle Politiche dell’anno prima e poi aprì l’opera di demolizione del Conte I

     

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