Edoardo Sassi per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”
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Nella stessa sala, a poca distanza l'uno dall'altro, per un confronto ravvicinato - anzi, ravvicinatissimo - di quelli che mettono un po' di brivido agli appassionati d'arte. Di là, il celeberrimo Amor sacro e amor profano , una delle allegorie più studiate e ammirate dell'intera storia dell'arte, opera dipinta dal genio nel 1514-1515. Di qua, Ninfa e pastore , realizzata dalla stessa mano esattamente sessant' anni dopo, nel 1575, un anno prima della morte del maestro, autore di entrambe: Tiziano.
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Questa l'opportunità offerta dalla mostra Tiziano. Dialoghi di Natura e di Amore , inaugurata ieri alla Galleria Borghese, che dell'Amore è orgogliosa proprietaria - uno dei quadri identitari di un museo che pure di «icone» ne possiede molte - e che ora ospita Ninfa e pastore grazie a un prestito-scambio con il Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Al museo austriaco, a suo tempo, la Borghese aveva infatti concesso per un periodo la terza opera oggetto di questa mostra-dossier, curata da Maria Giovanna Sarti, ovvero Venere che benda amore, 1565 circa.
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Dunque un Tiziano giovanile, dipinto da un pittore non ancora trentenne, un Tiziano maturo e un Tiziano dell'addio, in uno degli ultimi, struggenti dipinti della sua parabola creativa, quando - da sempre la storia dell'arte si interroga se quella maniera di dipingere fosse una precisa scelta stilistica, e quanto invece fosse dovuta alla vista ormai ridotta dell'artista - il grande veneto darà vita a opere «espressive» che anticipano di secoli tanta contemporaneità.
Opere dipinte a colpi di colore, perfino direttamente con le dita di mani tremanti (come hanno rivelato le moderne indagine diagnostiche) , con esiti da inquietudine qui sottolineata dal cielo livido, dagli improvvisi impasti di biacca luminescente, da quella figura solo sbozzata e quasi invisibile di un uomo riverso a terra, dal tronco rinsecchito dietro la scena centrale dalla conturbante carica erotica, con l'unico ramo verde azzannato da un capro affamato. Tutto, più che a un «non finito», fa pensare a una metafora dell'esistenza umana, fatalmente soggetta alle leggi del transeunte e del tempo che divora ogni cosa.
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Quasi a commento, tematico o stilistico, di questo intenso dialogo, le altre opere che compongono la mostra: Le tre età proposto nella replica di Sassoferrato che nel corso del Seicento copiò, con ogni probabilità proprio per i Borghese, una versione presente a Roma del dipinto di Tiziano. E ancora l'Adamo e la Eva di Marco Basaiti, due cantori pseudo giorgioneschi e altri due Tiziano, il Cristo flagellato e il San Domenico , cronologicamente vicini ai dipinti più tardi del pittore. Completa l'esposizione il dipinto, attualmente ritenuto una tarda derivazione da un modello tizianesco perduto, raffigurante Venere, Amore e un satiro , posto a commento di Venere che benda Amore .
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