Un’altra chat «sessista»: voti, giudizi, apprezzamenti sul fisico delle colleghe dottorande. Dopo l’Università di Palermo, dove il caso è scoppiato solo una settimana fa, ora tocca a quella di Modena (e, in particolare alla Scuola di Medicina). Questa volta, però, il rettore ha deciso di muoversi subito, aprendo un’indagine interna.
SPECIALIZZANDE
Ma veniamo ai fatti. La chat è stata creata da alcuni specializzandi — inequivocabile il titolo — e nel giro di poco ha iniziato a girare da cellulare a cellulare fino a giungere ad almeno una delle vittime dei giudizi sessisti. La quale ha segnalato l’accaduto al docente e direttore della scuola chiedendo che venissero presi provvedimenti al più presto.
La chat conteneva giudizi sull’aspetto fisico delle giovani iscritte con tanto di un giudizio, come un voto a un esame, ma non solo: pare che alcuni di questi commenti fossero anche corredati da fotografie carpite sui social sempre delle specializzande apprezzate o meno dagli autori dei commenti. Non si sa quanto a lungo il tutto sia andato avanti, ma è stato chiarito che all’interno della scuola di Medicina d’Urgenza di Modena il caso è scoppiato nel momento in cui le giovani sono entrate in contatto con le chat o comunque con parte di quello che veniva condiviso tra gli iscritti e che le riguardava.
La chat incriminata comunque oggi non esiste più, è stata fatta chiudere proprio dal direttore della scuola, Luca Roncucci, una volta che ha saputo di quello che avveniva. Il direttore della scuola ha convocato sia i creatori che gli autori dei commenti sessisti e una volta che da loro sono giunte le scuse con la promessa che non sarebbe più accaduto, il docente, accogliendo anche il punto di vista di alcune specializzande che volevano evitare conseguenze peggiori per i colleghi autori del misfatto social, ha scritto a tutti i frequentanti, esprimendo il rammarico e l’augurio che episodi del genere non si ripetano in futuro all’interno della scuola. Ora però deciderà il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia Carlo Adolfo Porro.