DAGOREPORT
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco e Concetto Vecchio per la Repubblica
sergio mattarella giorgia meloni
L'allarme del Capo dello Stato è nell'incontro. Il primo pranzo al Quirinale tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni non è né breve né estemporaneo. Proprio nella settimana in cui il governo ha ammesso che non riuscirà a rispettare tutti gli impegni del Pnrr. Una mezza resa, che il presidente non può accettare. E che la leader deve cercare di evitare. Per farlo, chiede al Colle una mano per uscire dall'angolo nel quale si è cacciata in Europa. Ha necessità vitale dell'"ombrello presidenziale". Anche a costo di attenuare - almeno per un po', almeno fino a quando riuscirà - le pesanti lamentele su un presunto strabismo della Commissione Ue verso l'Italia, che tornano comunque anche nel faccia a faccia.
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Gli sproni del Quirinale sul Piano di resilienza sono stati ricorrenti negli ultimi anni. Una settimana fa, a Firenze, Mattarella aveva pubblicamente invitato "alla stanga" tutti gli attori coinvolti nella predisposizione dei bandi europei: governo, sindaci, burocrazia statale. Nei giorni successivi la situazione è però peggiorata, con lo slittamento di una riforma cruciale - il decreto sulla concorrenza - e la bandiera bianca sventolata dal ministro Raffaele Fitto.
È vero, l'Europa ha poi concesso un altro mese di tempo, ma ci osserva con rinnovato scetticismo. Ce la faremo? Dubbi s'insinuano anche nel Paese, mentre i sondaggi segnalano un primo calo sensibile per la maggioranza. Una sfida esistenziale, per Meloni. Si gioca la credibilità: nei confronti di Bruxelles e dell'establishment nazionale.
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(…) Ma nondimeno Mattarella è preoccupato. Da investimento per il futuro, il Pnrr rischia di trasformarsi in un disastro. Uno scenario che il Quirinale vuole assolutamente evitare.
(...)
La frase già citata sul mettersi "alla stanga" ha avuto a Palazzo Chigi un effetto deflagrante. Quel segnale ha colpito la leader. Ne ha confermato i timori sull'immagine che va costruendosi anche in Europa. Davanti al Presidente reclama dunque l'ombrello del Quirinale sul Pnrr, ma lo fa continuando a denunciare alcuni sospetti. Per Meloni, la Commissione si mostra più severa con l'esecutivo di destra rispetto a quello di Draghi. Ma è proprio il rapporto con l'ex banchiere a essere lo specchio della difficoltà dei sovranisti alla guida del Paese.
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L'interlocuzione tra il Colle e Draghi, infatti, non si è mai interrotta. Neanche negli ultimi giorni, perché il predecessore di Meloni conosce punti forti ed elementi critici del Piano. La premier, a colloquio con Mattarella, deve dunque impegnarsi - si vedrà poi se dando seguito all'intenzione - ad evitare in futuro accenti troppo critici, che dimostrano l'incapacità del Paese di unirsi almeno attorno a un progetto di sviluppo da 209 miliardi. E poi, mettere in discussione l'ex banchiere non sembra favorirla neanche oltreconfine.
Ma è sempre il rapporto con Bruxelles ha rappresentato la ferita che più brucia. Meloni considera Macron il principale dei suoi problemi, forse addirittura l'ispiratore di una strategia che tende a escluderla dai tavoli continentali che pesano. Anche su questo punto, però, non può che appellarsi al Presidente, da anni il tessitore capace di ammortizzare diversi incidenti diplomatici tra i governi italiani e l'Eliseo.
GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN URSULA VON DER LEYEN GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI sergio mattarella giorgia meloni