Carlo Bertini per "la Stampa"
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Ora la paura dei dem è uno scenario inedito, fantascientifico per alcuni, meno per altri: ovvero che Roberto Gualtieri arrivi al ballottaggio con Carlo Calenda. Uno scenario da incubo per i dem, che spaccherebbe il partito: esorcizzato da chi dice che «Calenda non può farcela senza il traino dei consiglieri comunali delle liste di centrodestra». Uno scenario che ha cominciato a materializzarsi «da quando Calenda ha capito che Michetti non seduce la destra», nota un dirigente dem dalla centrale operativa di Gualtieri.
Dove vengono monitorate le mosse dell'ex ministro, «il fatto che abbia proposto Bertolaso come suo vice, che si sia fatto quel tatuaggio S.P.Q.R. che richiama simboli fascisti...». Nonché l'endorsement di Giorgetti incassato dalle colonne di questo giornale, «la quadratura del cerchio» notano i dirigenti dem. «A noi fa comodo, perché ci aiuta a rastrellare i voti a sinistra nell'ultima settimana di campagna elettorale, polarizzando la sfida». Mentre altri la vedono diversamente. Calenda ammette di inseguire i voti di destra, certo che finirà «con un ballottaggio tra me e Roberto Gualtieri. Basta che faccio girare i video di Michetti per convincere gli indecisi...».
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I dem più ansiosi vedono il fantasma del «voto disgiunto»: ovvero quella doppia preferenza che si può dare a un candidato sindaco di sinistra e a un consigliere comunale dell'altra sponda. E che potrebbe far lievitare i consensi per Calenda. «I fascisti - dicono con tono sprezzante - potranno votare per lui e per le liste di destra. Ecco il rischio».
Avviso di bufera su Conte E qui entra in gioco il peso del nuovo leader pentastellato. Scatterà lunedì 4 ottobre il vero test della futura alleanza per le politiche Pd-M5s e sia Letta sia Conte ne sono ben consapevoli. Dalle parti di Gualtieri, contano sul fatto che «una volta eliminata la Raggi dal proscenio, per Conte sarà più facile spendersi per Roberto, anche perché il rapporto tra i due è molto forte...».
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Sì perché l'ex premier e il suo ex ministro del Tesoro hanno condotto insieme in Europa le trattative per il Recovery fund e hanno cementato il legame. Ed è l'asse con i 5stelle che potrebbe mettere al riparo Gualtieri, sia in un ballottaggio con Michetti, sia con Calenda, inviso ai grillini. Se è vero che quello delle convergenze è un cantiere, che non si fanno fusioni a freddo, ma sui contenuti, come dicono al Nazareno, è vero pure che ai ballottaggi questi cantieri vanno aperti e chiusi in due settimane.
Letta spera di uscire in vantaggio nelle città al primo turno: con i 5stelle, indeboliti forse, ma non azzoppati. Pronto a fare quadrato con il leader grillino per difenderlo dal fuoco amico. «Non potranno scaricare addosso a lui un flop di voti, visto che i loro candidati sono stati scelti da altri», mettono le mani avanti gli stessi dem. Che già hanno messo in conto una bufera sul capo di Conte dopo il primo turno, quando sarà chiamato a dirimere la querelle sulle benedizioni (da dare, non dare) ai candidati Pd per il secondo turno.
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Non è detto che ci saranno apparentamenti formali, ma il processo, confermato da Conte, di un'alleanza alle politiche con il Pd, porta a far confluire già alle amministrative i voti grillini sui candidati di centrosinistra. Del resto, lo fa capire anche Paola Taverna, quando al Corriere della Sera dice che qualora Raggi non ce la facesse «sicuramente siamo lontani anni luce dal centrodestra», così come a Torino.
Alleati ma distanti su Draghi Il problema casomai, sarà motivare questa confluenza tra due partiti con visioni diverse sul governo: al punto che potrebbe rivelarsi questo il punto di frattura nei prossimi mesi: «Se oggi è tornata di moda l'idea che prima si vota meglio è, sarebbe da irresponsabili andare al voto anticipato», si impunta Letta. Mentre Conte glissa. A dispetto dei rumors che lo darebbero propenso a giocarsi presto la carta delle urne nazionali, ministri e big del Pd, fiutata l'aria di un crollo dei 5stelle nelle urne, specie al nord, sono tranquilli: «Che interesse avrebbero a correre alle politiche in primavera, se andassero male ora alle comunali?».
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2 - IL CENTRODESTRA IN TENSIONE SUL VOTO LA SPINTA DI BERLUSCONI PER MICHETTI A ROMA
Paola Di Caro per il "Corriere della Sera"
Unito ovunque sulle schede di tutta Italia, ma non altrettanto in campagna elettorale. Il centrodestra affronta la tornata amministrativa di domenica palesando tensione e nervosismo. La paura di non portare a casa altro risultato positivo che la vittoria in Calabria e di non riuscire a prevalere nelle grandi città (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna) anche lì dove si andrà sicuramente al ballottaggio, sta mettendo in luce crepe, complice la divisione sul governo e la competizione interna.
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Ieri si è aperto anche un caso Roma, dove la coalizione pare in vantaggio sugli avversari come sommatoria di voti, ma dove il candidato Enrico Michetti non sembra avere la forza trascinante che Giorgia Meloni, che lo ha fortemente voluto, sperava. E non a caso a sostenerlo «in una sfida difficile», con una lettera ai romani, scende in campo anche Silvio Berlusconi.
Proprio quando Giancarlo Giorgetti, in un'intervista a La Stampa , accende la miccia: «Chi vince le amministrative a Roma? Dipende da quanto Calenda riesce a intercettare il voto in uscita dalla destra. Se va al ballottaggio con Gualtieri ha buone possibilità di vincere. E, al netto delle esuberanze, mi pare che abbia le caratteristiche giuste per amministrare una città complessa come Roma», ha detto il ministro leghista dello Sviluppo economico, aggiungendo che il miglior candidato sarebbe stato «Bertolaso» e confessando che a Milano si aspetta la vittoria di Sala.
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Insomma, ancora frizioni dopo che Vittorio Feltri, capolista a Milano di FdI, aveva bocciato Bernardo. Ecco arrivare dunque reazioni e puntualizzazioni, oltre che i ringraziamenti di Calenda. A sera è lo stesso Giorgetti ad assicurare che è stato «strumentalizzato».
Ma in mattinata a sostegno di Michetti e Sala era intervenuto subito Matteo Salvini: «La voglia di cambiamento a Roma e a Milano è tantissima e i due candidati scelti dal centrodestra unito, ovvero Michetti e Bernardo, saranno ottimi sindaci per queste straordinarie città». E in serata, dopo aver spronato gli elettori del centrodestra a non disertare le urne, chiudendo a Niguarda la campagna di Bernardo è apparso ottimista: «Domenica a Milano ci sarà una sorpresa, qualcuno dovrà prendere un Maalox...».
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Ma per Michetti scende in campo soprattutto Silvio Berlusconi, con una lettera ai romani: «L'amministrazione Raggi ha tradito le speranze di cambiamento di chi l'ha votata e ha accentuato, invece di arrestarlo, il degrado ereditato da vent' anni di giunte di sinistra». Per questo, scrive il Cavaliere, per vincere bisogna sostenere Forza Italia che può dare dal centro la spinta «necessaria per vincere e cambiare la storia della Capitale» a fianco di Michetti che affronta «una sfida elettorale difficile» da «uomo proveniente dalla società civile con notevole esperienza amministrativa» e di «formazione moderata», non estremista insomma.
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Accorata anche la difesa del coordinatore azzurro Antonio Tajani, che non condivide «il 90% delle cose che ha detto Giorgetti nell'intervista» e che aggiunge: «È di Varese, mica di Milano o di Roma. Vada a fare la campagna elettorale lì, lasci fare ai romani la campagna per Roma che è meglio...».
Naturalmente per il proprio candidato si spende Giorgia Meloni, che però preferisce non dare l'immagine di una coalizione divisa, ma al contrario esalta l'unità per rafforzarne il peso: «Non mi pare che Giorgetti conosca così bene Roma. Per me conta che Salvini sia stato molto presente a Roma, così come per me conta che Berlusconi si stia impegnando in prima persona. Poi se ci sono altri che preferiscono che vinca la sinistra è un problema loro e non mio».
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