Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
francesco iorio gianni zonin
Un brivido corre lungo la schiena di Ignazio Visco e di tutti i grandi banchieri italiani, da Carlo Messina a Jean Pierre Mustier. Quella di oggi è, di fatto, una data spartiacque per l’industria creditizia del Paese. Trema il governatore della Banca d’Italia e tremano pure i vertici dei big del Paese, da Intesa a Unicredit.
E assai preoccupati sono anche a palazzo Chigi e al Tesoro. Il futuro dei colossi bancari della Penisola dipende dalla decisione di decine di migliaia di piccoli risparmiatori. Un paradosso, come accade nel calcio: quando la seconda in classifica, per sperare di vincere lo scudetto, deve augurarsi che la capolista perda con l’ultima della classe.
BANCA POPOLARE DI VICENZA
Fatto sta che la sorte dell’intero settore finanziario è in mano ai soci di Popolare Vicenza e Veneto Banca, rimasti col cerino in mano dopo il dissesto delle due aziende creditizie. Alle 18:45 di oggi, si chiude infatti l’adesione all’offerta di indennizzo proposta dai due istituti del Nord Est: 169mila risparmiatori e investitori che avevano scommesso alcuni miliardi di euro, ai quali sono stati proposti indennizzi ridicoli, 9 euro per azione per Vicenza e attorno al 15% del capitale nel caso di Montebelluna.
veneto banca
Attenzione. Se il piano fallisce, lo Stato - già chiamato in causa per la ricapitalizzazione precauzionale - non può intervenire e c’è il serio rischio che scatti il bail in, vale a dire la procedura europea di salvataggio con azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate. Ballano 200 milioni, un’altra montagna di risparmi che potrebbe evaporare dopo lo scandalo di banca Etruria.
Una prospettiva che sarebbe letale per la fiducia dei risparmiatori, non solo quelli veneti: la peste si espanderebbe a livello sistemico e verrebbe minacciata la stabilità del «sistema». Compromessa anche per un’altra conseguenza letale cagionata dal bail in: l’applicazione delle norme europee azzererebbe anche il valore delle azioni, oggi in mano ad Atlante. Ciò con una consequenziale perdita secca sui bilanci degli azionisti del fondo - dalle grandi banche alla Cassa depositi e prestiti - che, peraltro, avevano già svalutato quei titoli.
veneto banca assemblea soci
Ecco perché sono ore decisive, coi telefoni bollenti e le fonti informative, dal web alle agenzie di stampa, compulsate in maniera ossessiva dagli addetti a lavori. Perché l’operazione vada in porto, deve essere raggiunto l’80% dei consensi. Ma a ieri, secondo indiscrezioni, le adesioni si sarebbero attestate tra il 60 e il 70%. Troppo poco.
C’è tempo, come accennato, fino alle 18:45 e, in caso di fallimento, non è escluso un rinvio fino a sabato. Ma la proroga verrebbe essere presa in considerazione solo se le adesioni fossero vicine alla parte alta della forchetta (ovvero il 70%). La tensione, nei due quartier generali di Vicenza e Montebelluna - due piccole province, per un giorno più importanti di Roma e Milano - è altissima: l’ipotesi di fallimento dell’operazione, partita lo scorso 10 gennaio, non viene nemmeno contemplata tra le opzioni, visti i pericolosissimi risvolti.
veneto banca assemblea soci
Il caso è rimbalzato anche oltreconfine. Ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha affrontato la faccenda a Bruxelles, in un confronto col commissario Ue alla Concorrenza: l’ok alla nazionalizzazione dipende anche dalla valutazione di Margrethe Vestager. Prima dell’Antitrust europeo, però, è indispensabile il via libera della Banca centrale europea che la scorsa settimana ha ricevuto la formale richiesta di aiuto pubblico dagli alti dirigenti di PopVicenza e Veneto Banca.
Lo stesso iter che sta seguendo il Monte dei paschi di Siena che a 100 giorni di distanza dal l'approvazione del decreto "salva banche" non ha ancora completato il negoziato con la vigilanza dell’Eurotower. Un ritardo, però, che non dipende dalla lentezza di Rocca Salimbeni, quanto dalla irresponsabile melina messa in atto da Francoforte e da Bruxelles.