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    “ALMENO IL 70% DEGLI ITALIANI DOVRÀ VACCINARSI ALTRIMENTI FINIRÀ COME CON L'APPLICAZIONE IMMUNI” – L’IMMUNOLOGA ANTONELLA VIOLA: “SE SI VACCINASSE SOLO IL 30% DEGLI ITALIANI NON SERVIREBBE A NIENTE” – IL VACCINO POTREBBE ESSERE PRONTO A DICEMBRE, MA È GIÀ SCONTRO SULL’OBBLIGATORIETÀ: UN’IMPOSIZIONE PRESENTEREBBE PROFILI DI INCOSTITUZIONALITÀ, MA IL PROBLEMA, ALMENO NELLA FASE INIZIALE, È CHE LE DOSI NON BASTEREBBERO PER TUTTI…


     
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    Francesco Rigatelli per “La Stampa”

     

    ANTONELLA VIOLA ANTONELLA VIOLA

    «Sul vaccino per il coronavirus, se e quando sarà pronto, la politica dovrà assumersi le proprie responsabilità». Antonella Viola, professore ordinario di Immunologia all'Università di Padova, è molto chiara sui ruoli in campo: «Gli scienziati fanno i vaccini e il legislatore decide a chi darli».

     

    Il premier Conte ha detto che non sarà obbligatorio, che ne pensa?

    «Si potrà fare così solo con la sicurezza che gli italiani rispondano almeno al 70 per cento. Se succedesse come con la app Immuni, che è stata scaricata solo da 4 milioni di persone, sarebbe un grosso guaio».

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    Cosa dovrebbe fare il governo?

    «Assumersi le sue responsabilità nei confronti delle persone fragili e dell'economia. Se si vaccinasse solo il 30 per cento degli italiani non servirebbe a niente e cosa faremmo? Continueremmo in presenza di un vaccino a vivere con distanze, mascherine e treni mezzi vuoti?».

     

    Non sarebbe un errore di comunicazione rendere il vaccino obbligatorio?

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    «Concordo, ma in ogni caso bisogna capire quale sarà la risposta. Perché Immuni non ha funzionato? Non andava bene la app o la gente non si è fidata? Se non si vuole arrivare al vaccino obbligatorio serve una campagna di sensibilizzazione per spiegare a tutti che è utile e sicuro. Il problema è: i giovani che ora vanno in Grecia e in Croazia si vaccineranno?».

     

    Il vaccino sarà sicuro?

    «Quando arriverà sì e lo dimostreranno i test in corso della fase tre sull'efficacia e la sicurezza. Sono svolti su grandi numeri e servono per evitare gli effetti collaterali, ma anche per valutare che il vaccino funzioni».

     

    Quanto tempo ci vorrà?

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    «Abbiamo accelerato tutto per cui penso che avremo i risultati per l'inizio del prossimo anno, poi ci sono la produzione e la distribuzione».

     

    Come si farà il vaccino?

    «Se sarà come l'antinfluenzale lo compreremo in farmacia oppure si andrà dal medico di famiglia. Non sappiamo se sarà una dose sola o più somministrazioni a distanza di tempo, dunque con una protezione che partirà dopo alcuni mesi. Un aspetto della ricerca è proprio sugli adiuvanti per renderlo potente fin da subito».

     

    L'immunità vacillante rende più improbabile il vaccino?

    «Non si sa ancora. Gli anticorpi calano nel giro di tre mesi, ma bisogna capire se oltre a questi c'è una memoria immunitaria su cui il vaccino possa basarsi».

     

    vaccino anti-covid vaccino anti-covid

    E se non si trovasse?

    «È lo scenario peggiore, in cui dovremmo danzare con il virus, intendendo un'oscillazione tra periodi sereni come quest' estate e altri in cui mantenere e eventualmente aumentare le precauzioni. Il punto d'arrivo sarebbe l'immunità di gregge, da cui siamo lontanissimi perché ora è al 5 per cento».

     

    E il vaccino di Putin?

    «I tempi sono troppo brevi perché siano stati fatti tutti gli studi necessari. Un'ipotesi è che siano stati saltati i passaggi, ma non ci sono dati affidabili».

     

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     Qual è lo scenario da qui a un mese?

     «I focolai aumentano, ma sono sotto controllo rispetto ad altri Paesi. Il problema è che segnalano dei comportamenti superficiali. Vacanze, discoteche ed età media bassa ci dicono che tra i giovani manca attenzione. Se questo dovesse continuare, con la riapertura di scuole e università e col ritorno al chiuso, in autunno ci potrebbero essere problemi».

     

     La vaccinazione antinfluenzale va fatta?

    «Quest' anno va consigliata a tutti per non fare confusione con il coronavirus, per non affollare gli ospedali e perché prendere entrambe le malattie è un rischio maggiore e l'influenza può favorire il coronavirus. Va anche detto che le precauzioni attuali funzionano contro tutti i virus».

     

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    2. A dicembre i primi vaccinati in Italia Ma sull'obbligo adesso è scontro

    Giovanna Vitale per “la Repubblica”

    Le prime fiale, nate da una collaborazione italo-inglese, potranno essere iniettate, al più tardi, ai primi di dicembre. È il timing previsto, per il vaccino anti-Covid, dal ministero della Salute.

     

    (…) Le prime due fasi di sperimentazione sono già state concluse e «i risultati, pubblicati su Lancet, sono molto incoraggianti» prosegue Speranza. «Ora è in corso la Fase 3». Che dovrebbe terminare entro il mese prossimo. E non è neppure l'unica buona notizia. «Dopo l'iniziativa dei quattro Paesi» continua il responsabile della Sanità, «la Commissione si è messa in moto e sta trattando con altre compagnie» - Sanofi, Pfizer, Johnson - per aumentare la dotazione di 400 milioni di dosi «garantite» da destinare a tutta la popolazione europea. «Le prime 60 milioni arriveranno entro il 2020», assicura Speranza.

     

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    Ma all'Italia potrebbero toccarne poco più di tre milioni. Dopodiché bisognerà aspettare l'autorizzazione dell'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali, che la Salute confida verrà rilasciata tra fine settembre e inizio ottobre. A quel punto partirà la produzione, che richiede un mesetto di tempo. E siamo a novembre. Quando il vaccino verrà portato alla Catalent di Anagni per essere infialato e distribuito. Pronto, a dicembre, per essere iniettato.

     

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    Ma l'accesso all'anti-Covid, almeno nella fase iniziale, non sarà libero. «Le dosi non arriveranno tutte insieme », precisa il ministro, «e quando arriveranno le prime andranno ai sanitari e agli anziani più fragili, a partire dalle Rsa». Ovvero le strutture più colpite dall'epidemia: potenziali focolai in caso di seconda ondata.

     

    Una delle ragioni per cui non sarà possibile, nemmeno se nel governo dovessero infine accordarsi, introdurre l'obbligatorietà del vaccino. Non solo perché, come sostiene qualche tecnico, un'imposizione di questo tipo potrebbe presentare profili di incostituzionalità. Il problema vero, almeno nella fase iniziale, è che le dosi non basterebbero per tutti.

     

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    (…)«Non ritengo che debba essere reso obbligatorio, ma sicuramente sarà messo a disposizione della popolazione», ha detto Giuseppe Conte nel corso di una iniziativa in Puglia. Gli ha risposto ieri Matteo Renzi: «Se davvero arriveremo al vaccino contro il Covid, dovrà essere obbligatorio per tutti», ha scritto il leader di Italia Viva nella sua e-news.

     

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    (…) Opposta la linea del M5S, storicamente attestata contro qualsiasi imposizione, mentre nel Pd al momento prevale la prudenza. «Il vaccino ancora non si conosce, anzi nemmeno c'è, prima di decidere sarà bene approfondire le indicazioni e soprattutto le controindicazioni», fanno sapere dal Nazareno. Anche se c'è chi, come Dario Franceschini, preferirebbe fosse reso obbligatorio. Due visioni agli antipodi che, quando sarà, rischiano di spaccare il governo. (...)

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