Estratto dell'articolo di Anna Zafesova per “La Stampa”
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«Gli ucraini picchiano forte! Tutti i nostri avversari alla fine verranno sconfitti», esulta Volodymyr Zelensky sui social, e con lui centinaia di migliaia di ucraini che hanno seguito lo scontro tra Oleksandr Usyk e Tyson Fury, in un'ennesima notte di sirene e bombe, che però è stata anche una notte di festeggiamenti e bottiglie stappate. L'Ucraina ha un grande bisogno di una vittoria, e i 12 round del match che ha portato al 37enne pugile il titolo di campione assoluto dei pesi massimi vengono vissuti come una parafrasi della guerra contro la Russia, […]
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Le immagini dei pugni di Usyk sulla faccia del suo avversario si mescolano alla televisione e nei social con le foto dei droni ucraini che attaccano le raffinerie russe, e dei missili che affondano un dragamine, 26ª nave del Cremlino distrutta da un Paese praticamente privo di una marina militare.
[…] Insomma, un vero simbolo dell'Ucraina, scagionato grazie alla vittoria dagli ultimi strascichi di una polemica che aveva portato Usyk nelle liste del celebre sito «Mirotvorets», che censisce i nemici della nazione. Russofono originario di Simferopoli, in Crimea, Usik per anni aveva scansato la domanda «Di chi è la Crimea?» - diventata dopo l'annessione russa del 2014 un test di fedeltà da entrambe le parti del confine – con risposte come «è di dio» oppure «di chi la abita», probabilmente per non inimicarsi i suoi numerosi fan russi.
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Ancora nel 2018 sosteneva che russi e ucraini «sono lo stesso popolo, gli slavi», e aveva consigliato ai sostenitori della «decomunistizzazione» - la campagna per cambiare i toponimi sovietici – di «prendere sapone e corda e impiccarsi». Fervente cristiano che dopo la vittoria ha ringraziato Gesù Cristo, Usyk è rimasto un fedele della Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca, e in occasione della Pasqua 2020 aveva girato un video di propaganda religiosa in Russia.
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Ora i siti della propaganda di Mosca accusano Usyk di essere un «traditore dei russi e degli ortodossi». In realtà, il campione dei pesi massimi ha seguito un percorso comune a molti ucraini che avevano sostenuto una coesistenza pacifica con il «popolo fratello»: tornato da Londra in patria subito dopo l'invasione russa del 2022, ha accusato i russi del «peccato di Caino». […]
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Il pugile si era iscritto ai reparti di difesa territoriale, e aveva registrato un video in cui chiedeva agli ormai ex «fratelli» di andarsene: «Questa è la nostra terra. Noi qui siamo a casa, non siamo stati noi a venire da voi». La sua fondazione benefica ha raccolto centinaia di migliaia di euro per le vittime ucraine della guerra, e Usyk ha deciso di restare in Ucraina, fino a che Vitaly Klichko – sindaco di Kyiv e a sua volta ex campione dei pesi massimi - non lo aveva convinto di tornare a combattere.
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Ora promette che dopo la partita della rivincita con Tyson tornerà in patria, per "andare ad aiutare i ragazzi laddove sarà più dura". Un tempo Usyk diceva di voler diventare il presidente dell'Ucraina, ma ora sostiene che è uno scherzo, e restituisce i complimenti a Zelensky dicendo «abbiamo un presidente fantastico, che si batte fino alla fine».
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