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    PER AMORE DEL VINILE - ESCE “PORTRAITS” IL LIBRO FOTOGRAFICO DI “HIPGNOSIS”, QUEL GENIALE COLLETTIVO CREATIVO CHE SPOSO’ IL SURREALISMO E REALIZZO’ LE PIU’ INCREDIBILI COPERTINE DI DISCHI, DAI PINK FLOYD AI LED ZEPPELIN


     
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    wish you were here wish you were here

    «Vorrei aver potuto usare Photoshop all’epoca!» scherza Aubrey “Po” Powell, un terzo di quel geniale studio fotografico e di disegno noto come “Hipgnosis”, che tra il 1968 e il 1982 ci ha regalato le più strabilianti copertine di dischi. I suoi colleghi erano Peter Christopherson e Storm Thorgerson (purtroppo scomparso l’anno scorso), e i tre hanno dato un contributo incommensurabile all’arte della cover.

     

    Per capirne la portata, basta sfogliare il nuovo volume “Portraits”, pubblicato da “Thames&Hudson”, ricco di opere edite e inedite del trio che spezzò la noia visiva abbracciando il surrealismo (Salvador Dali, Rene Magritte e Man Ray erano fonte di costante ispirazione) e un atteggiamento fai-da-te, come quando cancellarono il volto di Peter Gabriel per la copertina di “Melt”, o misero le stampe al forno, tagliarono e incollarono le immagini ben prima che arrivasse il digitale.

     

    wish you were here di hipgnosis wish you were here di hipgnosis

    Come cominciò tutto?

     

    «Lo studio nacque in simbiosi con ciò che stava accadendo culturalmente. Si percepiva una rivoluzione pacifica a Londra e dintorni. Io e Storm avevamo studiato cinema e fotografia insieme ed eravamo amici dei Pink Floyd, così la band ci chiese di fare qualcosa e nel 1967 uscimmo con “A Saucerful of Secrets”».

     

    C’era alchimia fra voi?

     

    «Il laboratorio in Denmark Street era un bel caos. Quando sei in un collettivo così creativo, non puoi vivere in armonia. C’è bisogno di frizione, e non ne avevamo a iosa. Ma c’era anche complicità, ci completavamo. Storm aveva le idee, io ero il fotografo, e Peter era un po’ l’uno un po’ l’altro. Lui era più cupo, io e Storm appartenevamo alla generazione hippy. Tutti amavamo molto il nostro lavoro».

     

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    Avete completamente ribaltato il senso della copertina di un disco...

     

    «Al tempo tutti i gruppi rock erano disposti a fare qualsiasi cosa che non fosse il solito autoritratto. Non volevano essere visibili. I Beatles se ne erano usciti con “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band”, radicalmente diverso da tutto ciò che li aveva preceduti, e gli artisti cominciarono a dire: «Perché non lo facciamo pure noi?». Da allora sono stati al gioco. Peter Gabriel ha accettato, con grande coraggio, di farci distorcere la sua faccia su “Melt”. Abbiamo rovinato la sua Polaroid con una matita, lo abbiamo sfigurato e messo in primo piano. Fu fantastico. Non c’erano “MTV” o “You Tube”. L’unico modo per dare identità a un artista era attraverso la copertina dell’album. La cover doveva rappresentare la sua essenza ed essere in sintonia con la sua musica».

     

    Quando fu lanciata “MTV” cominciaste a dedicarvi ai video. Era inevitabile?

     

    the alan parsons project pyramid the alan parsons project pyramid

    «Nel 1976-77 arrivarono sulla scena i Sex Pistols: loro erano oltraggiosi e noi solo vecchi hippie! Realizzare una cover ci costava anche 50.000 sterline, mentre la copertina di “Never Mind The Bollocks”, cioè un ritaglio di giornale su sfondo rosa, era costata 2 sterline. Era ora di cambiare».

     

    Che ne pensa della tecnologia attuale?

     

    «E’ tutto molto veloce. Noi impiegavamo settimane a realizzare una cover. Ora si fa presto, però noi avevamo il lusso di costruire le cose, giorno dopo giorno, finché non raggiungevamo il risultato migliore. Con il digitale hai infinite opzioni, ma non è detto che siano le migliori».

     

    lumiere and son theatre company di hipgnosis lumiere and son theatre company di hipgnosis

    Quale eredità ha lasciato “Hipgnosis”?

     

    «Immortalò la scena culturale, soprattutto britannica. Segnammo il lavoro di gruppi come

    Led Zeppelin, Genesis, Bad Company, Pink Floyd, Rolling Stones, Who. Un miliardo di persone nel mondo hanno visto la nostra immagine di “Dark Side Of The Moon».

     

    Chi vi è sfuggito?

     

    «I Doors. Amavano le idee surreali e dovevamo disegnare qualcosa per loro, ma poi non è successo. Fu un peccato, ma abbiamo comunque vissuto un periodo favoloso».

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