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    ALT! LA MELONI FRIGNA PERCHÉ È STATA ISOLATA IN EUROPA, MA È STATA LEI A CHIAMARSI FUORI – GLI EMISSARI DI MASSIMO LIVELLO DEL PPE LE AVEVANO PROPOSTO DI PARTECIPARE AI NEGOZIATI UFFICIALI TRA POPOLARI, SOCIALISTI E LIBERALI, COME OSSERVATRICE. A UNA SOLA CONDIZIONE: AVREBBE DOVUTO RINUNCIARE ALLA PRESIDENZA DI ECR, E PARTECIPARE COME PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. LEI HA RIFIUTATO: EVIDENTEMENTE TIENE PIÙ AL SUO RUOLO NEL PARTITO CHE ALL’INTERESSE DELL’ITALIA…


     
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    1. MELONI IN UN VICOLO CIECO: “NON POTEVO FARE ALTRO”. SALVINI: “COLPO DI STATO”

    Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

     

    giorgia meloni kyriakos mitsotakis giorgia meloni kyriakos mitsotakis

    [... ] la premier non ha più intenzione di ragionare con Kyriakos Mitsotakis — l’altro negoziatore del Ppe — irritata per come ha gestito la partita e convinta di aver subito uno sgambetto dal greco. In realtà, emerge in queste ore un dettaglio che getta una luce diversa sulle lamentele di Palazzo Chigi: emissari di massimo livello dei popolari avevano proposto a Meloni di partecipare ai negoziati ufficiali tra Ppe, Pse e Renew, in veste di osservatrice.

     

    La condizione posta, però, avrebbe bloccato tutto: la leader avrebbe dovuto rinunciare alla Presidenza di Ecr e partecipare come presidente del Consiglio, a nome dell’Italia. […]

     

    2. NOMINE UE, LA VENDETTA DI MELONI SU PPE E SOCIALISTI: “L’HO FATTO PER I CITTADINI E LA MAGGIORANZA”

    Estratto dell’articolo di Francesco Olivo per “La Stampa”

     

    GIORGIA MELONI IN EUROPA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA GIORGIA MELONI IN EUROPA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA

    […] Certo, alla lunga giornata di Bruxelles Meloni si è presentata con qualche debolezza in più. I toni duri dei giorni scorsi si sono ammorbiditi solo nella forma. Le difficoltà emergono sin da subito: i suoi Conservatori rischiano di perdere i pezzi. L’unico suo alleato in Consiglio, il ceco Pietr Fiala annuncia sin da subito il sì all’accordo.

     

    A Roma, intanto, il suo governo non nasconde più le divisioni, chiudendola in un vicolo apparentemente senza uscita. Antonio Tajani dice che «non si può votare contro von der Leyen» perché nella maggioranza c’è Forza Italia, mentre Matteo Salvini, proprio mentre Meloni sta negoziando, parla delle nomine europee come di «un colpo di Stato».

     

    giorgia meloni e viktor orban con dietro emmanuel macron e klaus iohannis giorgia meloni e viktor orban con dietro emmanuel macron e klaus iohannis

    Posizioni inconciliabili, che la portano all’astensione, «nel rispetto delle diverse valutazioni tra i partiti della maggioranza», spiegano fonti di governo. Eppure una strada gliela avevano offerta i leader, anche quelli finora apertamente ostili (tra tutti il premier polacco Donald Tusk) che sin dal mattino le hanno teso la mano, riconoscendo all’Italia un ruolo importante. Frasi giudicate tardive, ora che i giochi sono fatti e l’accordo sui vertici dell’Ue è ormai chiuso.

     

    Tajani ha lavorato senza sosta perché quei ponti bombardati dal discorso incendiario alle Camere di mercoledì si potessero tornare a percorrere. Il ministro degli Esteri si presenta al mattino al vertice del Popolari in un hotel non lontano dai palazzi della politica comunitaria.

     

    Convincere i colleghi di partito a includere se non i Conservatori, almeno la premier italiana non è facile. Tajani ha marcato stretto il capo di governo più potente del Ppe, il polacco Tusk e ottiene una dichiarazione («non si può fare a meno dell’Italia») che aiuta a iniziare il Consiglio con un clima diverso. L’argomento del «rispetto della volontà popolare» nel frattempo è risultato un po’ indebolito dal fuoco amico.

     

    ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia

    Prima ancora di arrivare a Bruxelles, Meloni si trova ad affrontare una grana importante: Diritto e Giustizia, il partito nazionalista polacco, dice apertamente di valutare l’addio a Ecr, il gruppo dei conservatori europei di cui Meloni è presidente. La bomba la sgancia l’ex premier Mateusz Morawiecki con un’intervista all’edizione europea di Politico: «Direi che la probabilità di uscire è del 50%». Per Fratelli d’Italia è un colpo duro visto che i polacchi toglierebbero 20 deputati a Ecr. Mercoledì delle liti interne avevano costretto a rimandare la costituzione del gruppo parlamentare, «banali questioni interne» era stata la spiegazione della delegazione italiana. Anche ieri da FdI si è cercato di sminuire: «Si vogliono solo posizionare».

     

    IL VOTO DI MELONI ALLA VON DER LEYEN - VIGNETTA BY GIANNELLI IL VOTO DI MELONI ALLA VON DER LEYEN - VIGNETTA BY GIANNELLI

    Morawiecki però si è spinto a immaginare il nuovo approdo: l’alleanza con Viktor Orban e altri Paesi dell’Est, «raggiungere i numeri richiesti per formare un nuovo gruppo non sarà un problema, potremmo avere 40 o 50 membri». La questione entra direttamente nel cuore delle trattative: senza i 20 polacchi i suoi Conservatori non sarebbero più il terzo gruppo (superati dai liberali) e nemmeno il quarto (Identità e democrazia di Le Pen e Salvini). Così, prima di cominciare il Consiglio, la premier cerca di ricucire con Moriawecki. Il dilemma resta intatto fino al cuore della notte, quando Meloni rompe gli indugi e strappa senza rompere completamente. Con una minaccia che reste nell’aria: «Ci vediamo in Parlamento».

     

    roberta metsola viktor orban giorgia meloni roberta metsola viktor orban giorgia meloni

     

    GIORGIA MELONI CHIEDE AI MEMBRI DEL GOVERNO DI ALZARSI GIORGIA MELONI CHIEDE AI MEMBRI DEL GOVERNO DI ALZARSI giorgia meloni alla camera giorgia meloni alla camera giorgia meloni al senato 1 giorgia meloni al senato 1 ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia giorgia meloni al consiglio europeo a bruxelles giorgia meloni al consiglio europeo a bruxelles

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