diego simeone
Stefano Sacchi per lastampa.it
Polvere di campioni e finaliste. La prima fase di Champions League sta facendo rotolare teste eccellenti, come raramente era successo negli ultimi anni. Alla Juventus, fuori martedì sera dopo la sconfitta col Benfica, si sono unite Barcellona e Atletico Madrid. Scorrendo gli archivi dell’ultimo decennio significa che sono uscite, senza nemmeno provare l’ebbrezza dell’eliminazione diretta, la vincitrice di un’edizione (2015) e le protagoniste sconfitte di quattro finali (2014, 2015, 2016 e 2017).
La Juventus non conosceva un esito così infausto dal 2013, dall’uscita di scena col Galatasaray sotto l’imprevedibile neve ghiacciata di Istanbul. Per il Barcellona è la seconda volta consecutiva, emblema della difficilissima transizione nell’epoca del dopo-Messi. L’Atletico non salutava così presto dal 2018, unico neo recente della rocciosissima truppa del Cholo Simeone entrata stabilmente nel gotha continentale.
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Allargando lo sguardo, ha dovuto alzare subito bandiera bianca anche l’Ajax, ultima formazione estranea ai cinque campionati principali – Inghilterra, Spagna, Italia, Germania e Francia – in grado di spingersi fino alla semifinale. E deve ancora faticare per il passaggio del turno la finalista del 2019: il Tottenham di Antonio Conte, atteso da uno spareggio appassionante a Marsiglia con l’Olympique, allenato dal suo ex compagno in bianconero Igor Tudor. La doppia eliminazione di Barcellona e Atletico si unisce a quella del Siviglia per disegnare un fallimento mai visto nel periodo recente del calcio spagnolo, il movimento che era stato più capace di contenere il predominio della Premier League nelle stagioni precedenti.
La penisola iberica sarà rappresentata più numerosamente dal Portogallo, con Benfica e Porto, senza dimenticare lo Sporting Lisbona ancora in corsa nell’equilibratissimo gruppo D. L’exploit delle squadre portoghesi dimostra che i fatturati contano, ma è ancora possibile fare strada in Champions con budget inferiori alla concorrenza grazie a idee e lungimiranza.
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Queste sorprese stanno delineando ottavi geograficamente più variegati rispetto alla classica griglia formata solo dai club dei cinque tornei nazionali più ricchi, un esclusivismo diventato troppo scontato e un po’ noioso. Oltre alle due portoghesi è già agli ottavi l’outsider belga Bruges. È ancora in lizza l’Austria con il Salisburgo, che affida le ultime speranze alla necessità di un’impresa a San Siro con il Milan (ai rossoneri basterà un pareggio per portare a tre il contingente italiano tra le magnifiche 16, raggiungendo Inter e Napoli). E soprattutto può ancora sperare l’Ucraina con lo splendido Shakhtar Donetsk, che si è guadagnato il diritto alla sfida decisiva con il Lipsia martedì prossimo a Varsavia (campo scelto per le gare europee a causa dell'invasione russa).
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Potrebbe essere la Champions League con i confini più allargati degli ultimi anni. Una risposta indiretta al rilancio della SuperLega, che comunque ha scelto di intraprendere una strada meno elitaria rispetto a quella del progetto originario, affossato nel giro di 48 ore ad aprile del 2021. Due dei tre club, ancora fortemente convinti della battaglia contro la Uefa, sono già fuori: Juventus e Barcellona.
Addirittura con un turno di anticipo. A portare la bandiera di chi vuole cambiare le regole del calcio europeo è rimasto solo il Real Madrid, campione in carica. Con Carlo Ancelotti al timone non c’è format che tenga: le probabilità di successo sono sempre altissime.
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