Cristiano Vitali per www.iodonna.it
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Facile per Jenny Ortega farsi fare le trecce e mettere il muso di Mercoledì. Nel frattempo – ci sono le foto – chi ha dato vita a Mano ha lavorato piegato, contorto, rannicchiato pur di dare il massimo della mimica a un arto (Thing in originale). E il mago e illusionista Victor Dorobantu (al suo debutto in una produzione tv) ci è riuscito così bene che, piuttosto che sull’adolescente di casa Addams trasformata in una Veronica Mars dark, l’attenzione è molto spesso sul suo servitore. All’inizio della serie tutt’altro che fedele, però: è la spia che Gomez scarica al college di Nevermore per controllare la figlia.
Scoperto da Mercoledì dopo cinque minuti, sotto minaccia di frantumazione delle dita, Mano cambia padrone. È però tutt’altro di una cosa. Di un mero esecutore. Ha un’identità, un carattere, una sensibilità. Lo si era capito già attraverso il telefilm in bianco e nero, i film anni ’90 e gli ultimi due cartoni.
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Mano sente, vede, si fa capire, anzi parla proprio. Fatica e architetta, prevede e aiuta. E, in Mercoledì, si comporta anche come un’adolescente permaloso – poiché ora ci vive in mezzo, pur se lupi mannari e sirene. Sicché a un certo punto cerca di farsi passare l’incazzatura sfogliando una rivista (e chi non si è immedesimata disdica ogni abbonamento), momento che segue la confessione di uno stato d’animo frustrato per come viene trattato con sufficienza da Mercoledì, e scena che fa desiderare una serie dedicata solo a lui. Chi oggi, del resto, non ne ha una? Da Bridgerton stanno per arrivare solo 200mila origin story. Se non altro si capirebbe a cosa era attaccato Mano; la soluzione a uno dei più grandi misteri degli Addams.
Victor Dorobantu, la Mano di Mercoledì
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Comunque, parte dell’affetto verso Mano versione Tim Burton in versione Netflix (prima volta con le cicatrici) è che l’animazione non è frutto solo di computer grafica, ma appunto dello sforzo di un attore. Le camminate, corse, salti e arrampicate, titubanze, ritrosie e sfacciataggini, nonché una piccola nuotata sono stati realizzati dal bravo Victor. Che, guaina munita di polso sulla mano (vera) e tuta blu da togliere in post produzione, ha lavorato a terra o su carrelli.
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Si poteva fare come fanno tutti nell’industria, mettendo palline da tennis in sostituzione di una mano che opera da sola. Invece, quel pochissimo che del vecchio genio di Burton si vede in Mercoledì, si direbbe che il regista l’ha messo in questa resa ibrida di Mano. Metà uomo, metà computer. E chissà in quali percentuali. Certo è che si tratta di un ottimo lavoro in una serie memorabile solo per brevi squarci di grottesco, e nemmeno così originali. Per esempio il ballo della scuola in cui Mercoledì si lascia andare a una sua personalissima routine che fa il paio con quella di Monica e Ross in Friends, scena che sfuma in un “omaggio” a Carrie di De Palma. E non so quanto sia innovativo far ricordare qualcos’altro a un’eroina che ribadisce continuamente la sua unicità.
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Si dirà, ma anche nei film usciti nel 1991 e nel 1993 Mano aveva una resa attoriale. Il mago di trent’anni da si chiamava Christopher Hart – ex assistente di David Copperfield, e molto simile a lui. Pure Hart veniva spinto sui carrelli mentre faceva muoveva le cinque dita sul pavimento e altrove. Solo che il suo contributo venne mescolato con quello di una serie di mani-marionetta. E infine fusi tutt’e due tramite un misto di computer ed effetti di rotazione dell’immagine che, oggi, per un tecnico giovane degli effetti speciali vogliono dire roba tipo il missile che buca la Luna di Georges Méliès.
Mano inizio anni ’90 talvolta pare scivolare sulle superfici; l’efficienza e la presa di quella di Victor, e i mille usi che se ne possono fare, fa venire voglia di tentare un esperimento alla Frankeinstein.
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