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    RENZI E LA TATTICA DEGLI SCUDI UMANI – IL PREMIER ARRUOLA SEMPRE QUALCUNO DALLE FILA NEMICHE E LO USA COME SCUDO UMANO – UNA TATTICA CHE HA PRODOTTO GLI ORFINI, LE FINOCCHIARO E I MAGISTRATI AMICI COME CANTONE E GRATTERI


     
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    Roberto Scafuri per “il Giornale

     

    Prima fase: bastonare, dividere, desertificare. Seconda: cooptare, gratificare, sopire. Ergo dominare, game over. Lo scacco matto di Matteo Renzi alla Repubblica si attua in tre mosse, tutte chiaramente leggibili, eppure ogni volta ciascuna a suo modo sorprendente. Una strategia sempre uguale a se stessa, per ora vincente su ogni campo di applicazione: Parlamento, governo, partiti, sindacati e, da ultimo, magistratura.

    MATTEO ORFINI MATTEO ORFINI

     

    Ovunque il premier si circonda di «scudi umani», tratti dalle fila avversarie; scudo umano in casa Pd l'ex portaborse di D'Alema, Matteo Orfini (rivelatosi assai fragilino, per la verità). Scudi umani i capigruppo parlamentari (Speranza e Zanda), nelle riforme l'ex oppositrice Anna Finocchiaro. Scudo umano è Angelino Alfano e la sua pattuglia Vinavil avvinghiata alla poltrona.

     

    Scudi umani gli onorevoli sottratti, poco alla volta, alla minoranza e agli altri partiti. Scudi umani rischiano di diventare i sindacati con le concessioni fatte loro nel Jobs Act e la legge sulla rappresentanza. Scudi umani in predicato di diventarlo sono i magistrati che Matteo ha già inserito o pensa di inserire nel governo.

     

    Ogni altrui debolezza diventa il punto forte di Renzi che, sia pure nella traduzione pret-à-porter in voga a Palazzo Chigi, sembra ripercorrere gli ammonimenti di Sun Tzu, insuperabile generale maestro dell'arte della guerra, vissuto tra il sesto e quinto secolo avanti Cristo. «Chi non dà nemmeno battaglia, e sottomette le truppe dell'avversario, è il più abile in assoluto». E poi: «Senza forma... questa la configurazione tattica dell'eccellenza».

     

    finocchiaro veltroni finocchiaro veltroni

    Non è pura e semplice propaganda, ma qualcosa di più vasto e profondo. «Con Cantone alle Infrastrutture quale magistrato intercetterà mai il ministro?», insinuava un abile vignettista qualche giorno fa. L'utilizzo dei magistrati in politica, di cui la sinistra è antesignana (Casson, D'Ambrosio, Colombo eccetera - per lasciar perdere Di Pietro), ormai non è più soltanto la «bandierina» da sventolare all'opinione pubblica.

     

    Con Renzi è metodo di governo e paravento che concorre a rafforzare il potere e lo determina. Anche perché sempre si accompagna ad aspri contrasti con la categoria di cui il beneficiato fa parte. Non basti solo il Moloch anti-corruzione Raffaele Cantone, diventato suo malgrado il Mastro Lindo di ogni scandalo e corrutela (come l'Expo), o il potere che al ministero s'è ritagliato Mario Barbuto, già presidente della Corte d'Appello di Torino, o quello del sottosegretario Cosimo Maria Ferri. Sintomatico è il caso di Nicola Gratteri, Pm della Locride e superesperto di 'ndrangheta.

    RAFFAELE CANTONE NICOLA ZINGARETTI - Copyright Pizzi RAFFAELE CANTONE NICOLA ZINGARETTI - Copyright Pizzi

     

    Era già ministro della Giustizia quando Renzi salì al Colle. Fu soltanto una sfuriata del presidente Napolitano a impedirlo. «C'è una regola non scritta, ma sempre rispettata da tutti: i magistrati in servizio non possono andare alla Giustizia», sibilò il capo dello Stato tagliando con un frego il nome dalla lista. Ma il premier non si è dato per vinto e, all'interno della categoria, suscitando grandi contrasti e divisioni, oggi si dibatte su di un ministro-ombra alle spalle del travicello Orlando. Appunto Gratteri, che ha appena consegnato una relazione di 266 pagine con la sua proposta di riforma di cui non si conoscono i contenuti (e non si sa quanto ne verrà usato dal premier).

     

    NICOLA GRATTERI NICOLA GRATTERI

    Tutto questo, mentre le cronache traboccano di scontri verbali tra il premier e l'Anm di Sabelli. Il capo della Fiom, Maurizio Landini, ha capito il giochino e imparato a fiutare il pericolo: sa che il premier dissemina il terreno di trappole sia quando fa la voce grossa sia quando concede regali. Nell'orrendo sindacalese la definisce: disintermediazione. Tradotto suona: comando io, nel bene e nel male, finché morte non vi separi.

     

    Matteo Renzi davanti ad una foto di Maurizio Landini, Matteo Renzi davanti ad una foto di Maurizio Landini,

    Ma in tempi di elezioni regionali e amministrative, e quindi di liste, Renzi e il suo partito hanno qualche problema con inquisiti e impresentabili vari. Come Mirello Crisafulli, chiacchieratissimo e potente ras del Pd siciliano, che qualche democratico vorrebbe candidato sindaco a Enna. Palazzo Chigi fa sapere che non se parla.

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