1. GENOVESE E IL SUPERATTICO DEGLI ORRORI "QUELLA RAGAZZA TORTURATA PER 24 ORE"
Monica Serra per ''la Stampa''
alberto genovese
Nel superattico dell'orrore si arrivava solo su invito. In una selezionatissima cerchia di amici. Salire all'ultimo piano con vista Duomo di "terrazza sentimento" era un "must" cui pochi avrebbero rinunciato. Cosa accedeva poi nella camera padronale del manager prodigio Alberto Maria Genovese, molti preferivano far finta di non saperlo. Ma le telecamere interne di sorveglianza raccontano un film di violenze che non si possono tacere.
Ventiquattro ore di brutali abusi in cui l'imprenditore napoletano, 43 anni, ha agito «prescindendo dal consenso della vittima, palesemente incosciente, tanto da sembrare in alcuni frangenti un corpo privo di vita, spostato, rimosso, posizionato, adagiato, rivoltato, abusato, come se fosse quello di una bambola di pezza».
A scriverlo è il giudice Tommaso Perna, nel provvedimento con cui convalida l'arresto in carcere del fondatore di Facile.it, da cui è uscito nel 2014, incassando 106 milioni di euro. Ma infierire così su una ragazza di 18 anni «non è bastato» a Genovese. «Quando la vittima ha ripreso un barlume di lucidità, iniziando a opporsi, fino a implorare il suo aguzzino di fermarsi, lei non è stata ascoltata dal carnefice che, imperterrito, ha proseguito nella sua azione violenta».
E, per raggiungere il suo scopo «non ha esitato a legarla a letto e ad ammanettarla ai polsi e alle caviglie». Le ha procurato ferite così atroci che il medico legale che l'ha presa in cura ha dichiarato: «Non mi era mai capitato di vedere qualcosa di così cruento». Per questo il gip parla di lui come di un uomo dalla «spinta antisociale elevatissima e dell'assoluto disprezzo per il valore della vita umana, soprattutto di quella delle donne».
alberto genovese
E ipotizza contro di lui l'aggravante della tortura: «L'indagato ha agito con crudeltà e cagionato alla ragazza sofferenze fisiche e psichiche difficilmente emarginabili, così travalicando ampiamente i confini dei reati di violenza sessuale e sequestro di persona già contestati», con le lesioni aggravate e lo spaccio di droga che, a fiumi, circolava nei festini patinati nel superattico di Genovese. Cocaina, chetamina e 2cb, (la pregiatissima "coca rosa"), venivano servite sui piatti ai party esclusivi della Terrazza sentimento, destinati solo a liste ristrette di invitati.
Quella stessa droga a cui ora Genovese «addebita la colpa delle sue azioni»: «Una spirale che mi ha messo sempre più in difficoltà - ha spiegato al gip -. Ogni volta che mi drogo ho allucinazioni e faccio casino, faccio cose di cui non ho il controllo: nella mia percezione della serata trascorsa con la ragazza, noi eravamo innamorati e stavamo trascorrendo una serata bellissima».
Una ricostruzione che però non convince il gip: «Nonostante l'uso di sostanza stupefacente, l'indagato è rimasto sempre lucidissimo, disponendo del corpo della ragazza come meglio credeva». Tra l'altro quello del 10 ottobre scorso non è un caso isolato: un'altra ventenne si è fatta avanti per denunciare abusi subiti dall'imprenditore. Gli investigatori stanno cercando traccia di eventuali altre violenze nei filmati sequestrati che dovrebbero contenere immagini di almeno altri due festini. Anche se Genovese «era solito cancellare i video quando esagerava».
alberto genovese
2. «GLI ABUSI? TANTI SAPEVANO» DROGA, VIOLENZE E SILENZI ALLA CORTE DEL MAGO DEL WEB
Gianni Santucci e Giuseppe Guastella per il ''Corriere della Sera''
Tutti sapevano, o quantomeno sospettavano, che il ricco Alberto Genovese drogasse e violentasse le donne. Lo sapevano gli amici che lo coprivano. Ad Ibiza, di fronte a una ragazza che aveva appena subito una violenza, il più stretto compagno dell'imprenditore lasciò scivolare una velata minaccia. «Mi disse - racconta la giovane a verbale - che io non ero una bambinetta sprovveduta e pertanto non mi sarei dovuta mettere in una situazione nella quale non volevo stare».
Delle derive aggressive sapeva forse il buttafuori che faceva la guardia alla porta sbarrata della camera da letto dello stupro, forse lo immaginavano le stesse donne, belle e giovanissime, che partecipavano ai party nel lussuoso attico e superattico nel centro di Milano. Eppure nessuno ha fermato il brillante ex amministratore di Facile.it , diventato milionario con le startup. A farlo finire in galera è stata l'unica che ha avuto il coraggio di denunciarlo dopo aver rischiato di morire.
ALBERTO GENOVESE
Criminale complicità, attrazione per un ambiente dorato dove la droga gira nei piatti di portata e per i soldi che Genovese sciala per tutti: dagli atti dell'inchiesta del pm Rosaria Stagnaro diretta dall'aggiunto Letizia Mannella emerge una corte dei miracoli che venera Genovese nonostante, come ha scritto il gip Tommaso Perna nell'ordinanza di custodia in carcere per violenza sessuale, lesioni, sequestro di persona e cessione di droga, avesse una «personalità altamente pericolosa» in quanto «del tutto incapace di controllare i propri impulsi e la propria aggressività sessuale», spinto da un «assoluto disprezzo per il valore della vita umana, soprattutto di quella delle donne».
È «un vero e proprio calvario» ciò che ha subito tra il 10 e l'11 ottobre «nelle mani del suo aguzzino» la modella di appena 18 anni finita in quello che ha tutto l'aspetto di un rituale sacrificale abituale, come sospettano gli investigatori della Squadra mobile di Milano che indagano ipotizzando altre vittime. Lo ammette lo stesso Genovese subito dopo l'arresto quando al gip dice che è stata la droga a trascinarlo in una «spirale» in cui, dichiara, «ho allucinazioni e faccio casino, faccio cose di cui non ho il controllo». Il film da Arancia meccanica comincia invariabilmente con le ragazze che bussano al lussuoso palazzo in Piazza Santa Maria Beltrade.
Al sesto piano ci sono «una ventina di persone - racconta una modella alla Polizia - in gran parte ragazze della nostra età mentre gli uomini hanno tra i 30 e i 40 anni». Le ragazze non disdegnano qualche «riga» della coca messa a disposizione degli ospiti. L'interesse di Genovese, dichiara la testimone, si concentra su una delle ragazze, che convince a seguirlo in camera sua. Quando l'amica con cui era arrivata va a cercarla, il buttafuori la blocca: «Nessuno poteva disturbare». La rivedrà solo il giorno dopo quando le confesserà di essere stata violentata.
alberto genovese
Alla Polizia la teste ora riferisce che c'erano «voci» che dicevano che Genovese drogava le ragazze per «essere libero di fare ciò che voleva». A Milano la notizia che Genovese è nei guai per violenza carnale comincia a circolare nei giorni che precedono l'arresto. Arriva anche a un'altra diciottenne che si presenta in Questura e racconta che a luglio, ospite di Genovese a Ibiza, anche lei ha perso il controllo dopo aver assunto droga e che quando si è svegliata aveva dolori dovunque, anche ai polsi e alle caviglie come se fosse stata legata. Sospetta di essere stata violentata.
Quando lo ha detto a un amico comune, anche lui ospite a «Villa Lolita», quello le ha risposto che «loro si preoccupano non solo per me ma anche per Alberto e che lo sanno che lui esagera. Come amici, lui e gli altri, gli dicono che esagera». La ragazza decide in un primo momento di non denunciare perché teme la reazione di Genovese verso di lei e i suoi familiari: «Aveva mandato delle persone sotto casa di una ragazza che voleva denunciarlo».
A riprova che l'ambiente sapesse e coprisse, una giovane modella che ha partecipato (due volte), e poi si è allontanata, alle feste di Genovese, sui social ha scritto: «Tutti sapevano, e tutti facevano finta di non vedere... perché là dentro c'erano alcol e droga gratis. Le sue feste erano solo un pretesto per trovare nuove vittime».