Laura Cesaretti per il Giornale
«La Cgil non dà indicazioni di voto, ognuno voti con la propria testa».
camusso landini
Il messaggio lanciato da Maurizio Landini all'assemblea nazionale di Bologna, mercoledì, è a suo modo chiaro: per lui, Giorgia Meloni o Enrico Letta fanno lo stesso. Altro che «voto utile»: la Cgil è pronta ad adeguarsi al nuovo vento, perché i suoi iscritti votano come la maggioranza degli italiani, e perché in fondo le politiche assistenzialiste, corporative e stataliste della destra sociale (come quelle del populismo grillino) sono assai più vicine alle sue istanze di quelle del riformismo draghiano.
A farne le spese è il Pd, dove infatti si respira una forte irritazione contro il caudillo del sindacato (un tempo) di sinistra, che rifiuta sdegnosamente di dare una mano all'ex partito di riferimento, e innanzitutto una sua candidata-simbolo come Susanna Camusso, colei da cui Landini ha ereditato il soglio di Corso Italia.
La Cgil prima ha fatto pressioni sul Pd per spedirla in Parlamento (e, dicono i maligni, metterla a carico della collettività anziché dei propri bilanci: è di pochi giorni fa la notizia che le è stata tolta dal sindacato anche l'auto di servizio che aveva a disposizione in quanto ex leader) e poi ha iniziato a boicottarla.
enrico letta cartabianca 2
Basta rileggere cosa diceva pochi giorni fa a La Stampa il segretario regionale della Cgil emiliana Massimo Bussandri, sprizzando livore da tutti i pori, per capire che aria tira: «Non basta candidare la Camusso per invertire la tendenza del Pd. Al posto suo, avrei fatto scelte diverse.
E se non dovesse venire eletta, dovrebbe restare lontana dalla Cgil almeno un anno». Per poi concludere che non si può dire «ai lavoratori di votare contro la destra», tanto il Pd è peggio perché «ha fatto il Jobs Act».
BACIO LANDINI CAMUSSO
Con amici così, i dem stanno allegri.
E a poco sono servite le affannose prese di posizione contro la riforma del lavoro varata dal governo Renzi da parte di esponenti dem: «Il Jobs Act è stata l'ultima grande scommessa liberista sul mercato del lavoro», ha proclamato il ministro del Lavoro Andrea Orlando. «Così diventate solo una copia di M5s: un partito riformista dovrebbe rivendicare quella riforma», gli ha replicato Renzi.
Collocare la Camusso si è rivelato un problema per il Pd dall'inizio: in Lombardia non l'hanno voluta, in Puglia neppure, in Toscana idem.
Alla fine è stato il campano De Luca a trovarle una collocazione nella «sua» Salerno, facendo fuori il locale parlamentare uscente di Leu Federico Conte. Ma le rappresaglie sono continuate. Con la Cgil che ha addirittura deciso di spostare a Bari il suo Forum del Sud, già organizzato a Napoli per inizio settembre. Per far dispetto alla sua ex leader ora candidata.
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