STEFANIA ULIVI per il Corriere della Sera
AMANDA LEAR PHILIPPE MALAGNAC
«Capisco bene la voglia di non arrendersi raccontata nel film di Alberto Rizzi. Il protagonista ha perso tutto nel terremoto in Emilia ma non si arrende all'idea che tutto debba finire così. Anche io ho avuto una tragedia terribile nella vita. Ho perso tutto nell'incendio della mia casa, mio marito (Alain-Philippe Malagnac, ndr , i ricordi, i quadri, tutto. Ma devi farti forza e ricominciare, lo so».
Amanda Lear è nel cast della commedia Si muore solo da vivi, prodotto da Nicola Fedrigoni e Valentina Zanella, per KPlusFilm distribuito da Fandango, on demand da domani sulle principali piattaforme, con Alessandro Roia e Alessandra Mastronardi.
È un'opera prima, come l'hanno convinta?
«Amo lavorare con i giovani, hanno luce e quando sentono il mio nome non si fermano ai cliché. Accetto volentieri, come ho fatto con Metti una notte di Cosimo Messeri. Non si sa mai, forse sono gli Scorsese e Coppola di domani, il talento va incoraggiato».
Lei fa un cameo, che personaggio è?
AMANDA LEAR MALAGNAC
«Sono Giusi Ganaglia, una specie di impresaria musicale che se la tira un po' a cui si rivolge il protagonista, ex leader di una band. Girare in Emilia, a Correggio, è stato bello. Mi hanno raccontato questa storia della saponificatrice, su cui Bolognini girò Gran bollito, non l'avevo mai sentita. La sera in hotel guardavo la saponetta con una certa inquietudine Scherzo, sono stata benissimo, quando potevo andavo a Bologna a trovare i miei amici. Amo l'Italia. Sarei voluta tornare ora ma con il virus non si può».
Dove ha passato il lockdown?
«In Provenza a casa mia, sono scappata da Parigi all'inizio di marzo. Stranamente dopo tutto questo tempo in campagna quasi quasi non ci torno più. Il lavoro non c'è. E poi, a cosa serve correre come dei matti: sfilate, fashion week, serate? Mi manca il teatro, quello sì e non vedo come potrà veramente ripartire».
amanda lear
Nella sua vita ha vissuto esperienze straordinarie.
«Ho fatto di tutto di più. Se ci ripenso la cosa più sorprendente è il successo con la musica, pezzi come Tomorrow , ho venduto 28 milioni di dischi. Non mi considero grande cantante, lo sono Mina e Ornella Vanoni. Adoro la musica, ho sempre cercato di migliorare. Ora lavoro a un nuovo album, ho registrato tre pezzi, anche uno bellissimo del maestro Riz Ortolani. La mia voce è ancora lì, fare teatro mi aiuta, è un muscolo. Come andare in palestra».
Vita straordinaria e incontri straordinari.
«Fantastici e imprevisti. Chi si aspettava mai di trovare in un locale Salvador Dalí, o che un'amica mi presentasse David Bowie? Creativi, geniali, ho imparato tante cose, liberato la creatività. E ogni incontro ne ha portati altri».
Per esempio?
AMANDA LEAR PHILIPPE MALAGNAC 5
«Appena conosciuto Dalí, ero una ragazzina, mi disse: "Se vuoi ti mando da Fellini, ti farà lavorare". Salgo su un aereo direzione Roma. Era a Cinecittà, girava forse Satyricon . Mi guarda e dice: "Sei bellissima, a me serve una gigante con tre teste, una nana, non una modella alta, magra e bionda. Torna a trovarmi quando sarai brutta".
Adesso potrei andare ma non c'è più lui. Mi ha portato al ristorante con Giulietta Masina e mi hanno fatto abbuffare di pasta. E poi mi ricordo Bolognini, con cui ho fatto gli spot del Nano ghiacciato e Antonioni che una sera a cena, a dispetto dei suoi film seriosi, mi faceva ridere con le barzellette. Ora mi piacerebbe lavorare con gente come Sorrentino, posso fare la parte di una nonna un po' pazzesca, una cattiva».
federico fellini
Come passa le giornate?
«Una volta vivevo di notte e la mattina dormivo. Ora mi alzo prestissimo, mi godo il sole, il giardino, cucino, faccio cruciverba, sento gli amici, non posso annoiarmi. E dipingo. È la mia terapia. Quadri con colori accesi, non sarò mai una tipa in bianco e nero, sono sempre la ragazza dei fiori».
Programmi?
«Mi dicono: devi pensare a mettere via soldi per la vecchiaia. Non sarò mai vecchia, perché devo mettere i soldi da parte? Li spendo e si vedrà».
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