Maria Giovanna Maglie per Dagospia
“When will the media accept that Trump is not a criminal target?”
trump mueller
Quando i media si decideranno ad accettare che Trump non è un obiettivo dell'inchiesta? Lo scrive The Hill, nella pagina degli editoriali ed opinioni, pubblicazione non certo trumpiana, nel raccontare come si faccia finta di niente rispetto all'informazione ufficiale che il consigliere e procuratore speciale Robert Mueller ha dato agli avvocati del presidente: Donald Trump anche se l'inchiesta continua non è un obiettivo diretto.
Ovvero il procuratore non pensa di incriminarlo. Ovvero non è in aule di giustizia o col sistema dell’impeachment che la presidenza Trump può essere sconfitta.
Scrive The Hill che si tratta evidentemente di un doloroso processo di negazione e rimozione, ancora più evidente da quando proprio il Washington Post ha pubblicato la notizia del procuratore speciale, una vera botta dopo un anno in cui il bombardamento di notizie è avvenuto a base di annunci di imminenti prove inconfutabili, pistole fumanti, notizie bomba.
trump mueller
Di qui la sottovalutazione plateale di una informazione che invece è chiara. Robert Mueller ha detto che il presidente è un subject, un soggetto dell'indagine, ovvero è una persona la cui condotta e’ all'interno del raggio dell'investigazione speciale. La definizione invece di target, ovvero di oggetto, Individua una persona sulla quale ci sono sostanziali prove che la leghino a un crimine e che e’ un potenziale imputato. Più chiaro di così, al termine di un anno, lo ripeto ancora, di investigazioni massicce, migliaia di documenti, milioni di dollari spesi, e anche una bella quantità di testimoni di buona volontà.
Sarà bene che il procuratore speciale completi senza alcuna forma di intromissione da parte della Casa Bianca la sua inchiesta. Ma la verità è che sono passati 6 mesi da quando nell'ottobre scorso Mueller accuso ufficialmente con grandi squilli di trombe Paul Manafort, manager della campagna Trump per pochi mesi della Primavera del 2016, e il suo vice Richard Gates.
Ma le accuse rivolte a tutti e due non erano legate né’ alla campagna ne’ a Trump.
mueller trump
Stessa sorte a novembre per l'accordo con l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale, durato lo spazio di un mattino, Michael Flynn, e per l'ex volontario di politica estera, George Papadopoulos. Tutti e due si sono dichiarati colpevoli di false dichiarazioni a investigatori federali, ma niente di tutto ciò era ancora una volta direttamente legato alla campagna o a Trump.
Ogni volta I commentatori schierati in militanza contro il presidente riempivano le loro colonne e i loro Talk Show TV di supposizioni sul fatto che di certo il procuratore speciale stava soltanto preparando il terreno per la grande incriminazione del presidente prossima e imminente...
A febbraio l'ultima delle sorprese è stata l’incriminazione di 13 russi e di 3 organizzazioni russe per crimini legati alle elezioni, che vanno dall' hackeraggio alla frode di identità.
Ma ancora una volta non solo il presidente non è stato coinvolto, di più, nelle incriminazioni era chiaramente scritto che questi signori e le loro organizzazioni non conoscevano nessuno degli uomini di Trump.
Paul Manafort
Niente però placa e convince i giornaloni e I commentatori tv, sapientemente scimmiottati dagli italiani. Sono gli stessi che, come Jimmy Kimmel, invece di ascoltare il consiglio di Roseanne Barr, e chiudere la loro boccaccia, fanno gli spiritosi e prendono in giro Melania Trump perché parla inglese con un accento e una inflessione straniera.
Ora, in una nazione nella quale il 90% forse anche di più, non solo della classe bassa ma di qualsiasi classe, parla solo l'inglese, davanti a una signora che parla fluentemente 5 lingue e ha naturalmente un accento straniero perché è straniera, gli stessi che se chiami nero un nero si rivoltano come delle anguille, e che ritengono sessista qualunque frase di buongiorno rivolta a una donna, dovrebbero tacere rispettosamente, no?
donald trump paul manafort
Sono gli stessi che continuano a liquidare il lavoro di Rasmussen reports, istituto di analisi e sondaggi, come non affidabile perché si tratta di personaggi legati al mondo repubblicano, che è come dire, ad esempio, che è una sondaggista rigorosa come Alessandra Ghisleri non si può ascoltare perché legata a Berlusconi.
Rasmussen non solo nel dileggio generale azzecco’ il risultato di novembre del 2016, ma indovino’ la differenza tra voto elettorale e voto popolare. Meriterebbe rispetto e attenzione oggi che essendo l'unico rimasto dopo il ritiro della Gallup a fare quotidianamente sondaggio sul gradimento del presidente, lo Individua al 51% di approvazione contro un 48% di disapprovazione. Il miglior risultato raggiunto da Trump, Barack Obama nel suo secondo anno di presidenza raggiunse un massimo di gradimento del 46.
Rasmussen ci dice anche che il 52% degli elettori pensa che la maggior parte dei giornalisti quando scrive o parla di Trump lo fa solo perché cerca di impedirgli di andare avanti con la sua agenda politica, il 48% pensa che con Obama facessero esattamente l'opposto.
trump clinton i sondaggi rasmussen sulla pagina fb di donald
Infine Rasmussen ci dice che il 51% degli elettori è favorevole che si usi lo strumento del Nafta, il trattato con Canada e Messico, come arma di pressione per gestire e fermare le importazioni illegale di droghe e l'ingresso di immigranti. Solo il 16% confida negli sforzi fatti dal governo messicano, il 62% è certo che quel governo non faccia assolutamente nulla per fermare i clandestini.
Prossime rilevazioni sulla guerra commerciale con la Cina e sulla politica estera. Stay tuned, se volete sentire qualcosa di diverso dal minestrone dei quotidiani e delle Tv.