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Emanuele Trevi per la Lettura – Corriere dellla Sera
Ebrea cresciuta ad Anversa e laureata a Gerusalemme, Esther Perel lavora in America, dedicandosi con successo a uno dei più incerti, spinosi, sfibranti mestieri che si possano immaginare. Psicoterapeuta esperta di problemi affettivi, ripara coppie in crisi, relazioni ormai prive di piacere, matrimoni in caduta libera.
O almeno ci prova. Perché a volte, molte volte, non c' è nulla da fare. Certi legami sembrano fatti di una materia simile a una tazza di ceramica, di cui si possono incollare i pezzi con destrezza tale da farla sembrare nuova. Si direbbe che più si rompono, meglio si aggiustano. Altri però sono come un bicchiere di vetro, che una volta incrinato si può solo buttare.
Da profano, direi che l' aspetto più difficile di questo lavoro consiste proprio nel capire se i legami che ci si trova di fronte sono di ceramica o di vetro. I legami, e non le persone: perché una coppia, in ogni caso, non è il frutto di un' addizione, ma un animale dotato di vita propria, un esempio istruttivo di zoologia fantastica al pari dei draghi e delle chimere, con un' anatomia e una psicologia che spesso risultano indecifrabili anche e soprattutto ai diretti interessati.
tradimenti
L' esistenza di questo animale può essere sancita dalla legge, com' è il caso dei matrimoni, ma è praticamente identica quando si tratta di una libera scelta, senza impegni formali di sorta. Perché il suo cuore pulsante sembra consistere nell' esclusività.
Anche se è perfettamente naturale, e nessuno ci può incolpare di come siamo fatti, il desiderio sessuale rivolto ad altri come per magia diventa una colpa. E le cosiddette «coppie libere»? A parte il fatto che sono più rare dei panda, è la stessa maniera di definirle che rimanda a una norma monogamica.
Ma le «coppie prigioniere», di cosa sono prigioniere, esattamente? È abbastanza logico che Esther Perel, dopo aver scritto un bestseller intitolato L' intelligenza erotica (Ponte alle Grazie, 2007), abbia deciso di centrare la sua attenzione sui tradimenti, dedicando a questo capitale e insidiosissimo nemico della felicità domestica un' intera monografia, Così fan tutti (Solferino).
Un' avventura infatti, quali che siano le nostre convinzioni morali, è un atto di trasgressione, come ci avverte l' autrice al principio del suo libro, «in grado di distruggere una relazione, privando la coppia della sua felicità e della sua stessa identità».
Ludovico Ariosto
Ci si abbandona volentieri alla commedia umana imbastita da Esther Perel sulla base di una casistica così imponente e variegata che si ha quasi la sensazione che... prima o poi si parlerà anche di noi. Certo, bisogna fare una tara, perché i pazienti della Perel sono americani, cioè gravati da un culto della verità a tutti i costi, che a volte sembra davvero mancare di qualsiasi barlume di saggezza.
Tutto si può dire in questa delicata materia ma la confessione non richiesta di un tradimento mi sembra una turpitudine ingiustificabile. Nel primo grande romanzo psicologico dell' età moderna, La principessa di Clèves, pubblicato da Madame de La Fayette nel 1678, la scena della confessione (il celebre aveu) costituisce il vertice drammatico. Non si tratta nemmeno di un peccato, bensì di una semplice «inclinazione», ma il marito della virtuosa protagonista, pur ammirato dall' onestà della moglie, ne muore di dolore, lasciando nei lettori del tempo come in quelli dei nostri giorni la sensazione di qualcosa di gratuito e disumano.
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Il narcisismo dell' onestà diventa ripugnante quando pretende di scaricarsi la coscienza ai danni dell' altro. Se c' è una colpa, bisogna assumersene tutto il peso, farla marcire dentro sé stessi, là dove non arriva nessuna assoluzione.
Ma di che colpa, esattamente, stiamo parlando? E soprattutto: che cosa ci chiede esattamente la norma monogamica, e su che basi fonda la sua autorità? Il guaio della vita umana è che non sappiamo mai precisamente che cosa appartiene al carattere individuale, con le sue possibilità di scelta, e cosa al nostro destino di creature imperfette, lacerate, dissonanti.
L' anatomia del desiderio è una scienza talmente problematica di per sé, che non c' è nessun bisogno di sovrapporre lo schermo del giudizio morale alla complicazione della vita, che è fatta anche di tentazioni e dolcissimi veleni.
GARCIA MARQUEZ 8
Un grande conforto si trova sempre nelle pagine di quei pensatori, di quei poeti, di quei romanzieri che sono stati capaci di raggiungere una comprensione luminosa, sorridente dei peccati e dei peccatori.
Le loro parole sono medicine che sciolgono quei grumi di colpa che ostruiscono il nostro spirito, rendendolo schiavo di lugubri fantasmi. Da molto tempo annoto su un quaderno tutte le schegge di tollerante saggezza che ho avuto la fortuna di incontrare, e vi ricorro in quei momenti di follia e tristezza nei quali vorrei essere migliore di quello che sono.
Ne condivido volentieri una dall' Amore ai tempi del colera di García Márquez: «Si può essere innamorati di diverse persone allo stesso momento, e di tutte con lo stesso dolore, senza tradirne nessuna». Sono parole che mi consolano perché rappresentano l' umano con umiltà e bonomia, rimanendo distanti da quelle due fregature opposte e complementari, da quei due castighi gratuiti che sono il libertinaggio e la penitenza.
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Leggendo il libro di Esther Perel, viene anche spontaneo pensare a quanta infelicità ci si risparmierebbe semplicemente rinunciando a voler sapere dell' altro più di quanto, in effetti, è necessario sapere. I nostri nonni da questo punto di vista erano molto più saggi di noi. La loro intimità prevedeva vaste zone di riservatezza, accorti silenzi, quel pizzico di ipocrisia che tiene vivo a lungo il rispetto. Quale malvagio demonio induce le coppie di oggi a spiarsi?
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Bisognerebbe che a scuola venisse fatto imparare a memoria in tutte le classi, per obbligo ministeriale, uno splendido episodio dell' Orlando furioso. Nei canti XLII e XLIII del poema, Ariosto racconta che a Rinaldo, ospitato in uno splendido palazzo, viene offerta dal padrone di casa una straordinaria opportunità. Bevendo da un certo calice magico, potrà sapere la verità su sua moglie. Se è fedele, nemmeno una goccia di vino gli cadrà sul petto.
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Per convincere Rinaldo, l' ospite impiega il più subdolo degli argomenti: «L' incarco de le corna», come lo chiama il poeta, è così leggero che tutto il mondo se ne accorge, tranne il diretto interessato che le porta in testa! Tanto vale togliersi il dubbio con il mezzo magico che gli viene offerto. Se risulterà che la moglie è fedele, Rinaldo avrà ancora più motivo di onorarla ed amarla. In caso contrario...
Quasi persuaso, Rinaldo ha già afferrato la coppa colma di vino. Le labbra sono vicine all' orlo, quando il prode cavaliere ci pensa bene sopra. Che cosa sta facendo? Il momento è così drammatico che a questo punto, come un abile sceneggiatore di serie televisive, Ariosto interrompe il racconto, rimandando il seguito al canto successivo. Quando riprende il discorso, il pericolo è ormai scampato.
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Come si è salvato il paladino da quel passo falso? A nostro perpetuo beneficio, il poeta ci riporta i pensieri che l' hanno indotto ad allontanare da sé l' oggetto magico. È davvero un pazzo, riflette Rinaldo, chi si mette a cercare ciò che non ha nessun desiderio di trovare («chi quel che non vorria trovar, cercasse»).
Non so se sono saggio o stolto, ma non voglio sapere più di quello che so. E a questo punto, il genio di Ariosto si lancia in un' arditissima comparazione teologica. Infrangendo il comandamento di Dio e mangiando il frutto dell' albero della conoscenza, Adamo piombò dalla gioia nell' afflizione.
La vita coniugale è come la ripetizione profana del racconto biblico, e non può esserci felicità per chi infrange i limiti della conoscenza dell' altro: «Così, se de la moglie sua vuol l' uomo/ tutto saper quanto ella fece e disse,/ cade de l' allegrezze in pianti e guai/ onde non può più rilevarsi mai».
Nei cinque secoli che ci separano dalla prima edizione del capolavoro di Ariosto, il valore di questo ammonimento non è mai venuto meno, né per i mariti né ovviamente per le mogli. Ma chi lo avrebbe detto che il mondo tecnologico in cui ci siamo trovati a vivere si sarebbe rivelato così simile alle fantasie dell' Orlando furioso?
A lungo i lettori possono avere ammirato la saggezza di Rinaldo ma rassicurandosi al pensiero che nella realtà non esisteva nessun mezzo magico per accertarsi della fedeltà del coniuge. Oggi invece quel maledetto calice incantato esiste davvero, e la saggezza di Rinaldo è diventata incomparabilmente più preziosa da imitare.
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Che cos' altro sono i telefoni cellulari, le caselle di posta elettronica e tutte le altre dannate appendici tecnologiche che possono svelarci tutto di chi ci vive accanto?
La versione contemporanea della saggezza di Rinaldo è fin troppo facile da immaginare. Siamo lì, come di fronte a un bivio, tenendo in mano il telefonino della persona che amiamo, o che crediamo di amare.
La tentazione di gettare un' occhiata nei suoi messaggi, nella sua posta, nel registro delle chiamate è tanto più diabolica quanto più si può ammantare di infinite giustificazioni emotive. Crediamo che l' amore ci dia dei diritti particolari, che l' intimità ci esenti dalla civiltà.
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Ed ecco che mangiamo il frutto proibito.
Quello che ci troviamo di fronte, se non è un tradimento in senso classico, è comunque un' immagine dell' altro almeno un po' difforme da quella che ha scelto di darci. Come direbbe il saggio Rinaldo, qualunque sia l' esito della nostra indegna indagine, siamo fuori dal Paradiso Terrestre.
E questa orribile volontà di sapere tutto, questo irragionevole egoismo che induce a violare i più elementari limiti del rispetto, è il più sordido dei tradimenti, l' unico che davvero non si può mai perdonare. Come l' eroe di Ariosto, che sfiora l' abisso, ma decide di essere felice, e allontana da sé il calice stregato, dobbiamo imparare a lasciarlo dove l' abbiamo trovato, quel telefonino più insidioso del serpente biblico. Dobbiamo capire che l' amore, a conti fatti, consiste proprio in tutto ciò che non sappiamo di chi amiamo. Tutto il resto, come diceva quel grande, è noia.
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