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    DE LAURENTIIS, SENTI ANCELOTTI: "A NAPOLI AVEVO ANNUSATO L'ESONERO. HANNO CERCATO DI CAMBIARMI. NON PUOI INGAGGIARMI E POI DIRMI: 'USA LA FRUSTA'. I DIRIGENTI NON SANNO COME ALLENO?" - "ECCO: FORSE IL MILAN È STATO L' UNICO POSTO DOVE…" - "SE UNO È ABITUATO ALLA SERIE A NELLA PREMIER SCOPRE UN ALTRO MONDO NON ESISTE L'INSULTO, NON C'È ODIO. UNA BREXIT DALL’UEFA? IMPENSABILE"


     
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    Beppe Severgnini per il “Corriere della Sera”

     

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     Tra Goodison Park e il fiume Mersey ci sono due miglia. Tra la tana dell' Everton - e Anfield, la casa del Liverpool - e i vecchi magazzini sul porto (warehouses), la via più diretta passa tra case popolari basse e scure, pub con le sbarre alle finestre (The Crown Vaults, The Queens Arms), sportelli per prestiti (Pay as U Go Car Finance), depositi di legname, chiese riconvertite per l' arrampicata sportiva (Clip 'n Climb! Awesome Walls).

     

    Non credo che Carlo Ancelotti abbia mai percorso, a piedi, questa strada. Ma, dopo aver passato con lui un po' di tempo (una conversazione, una cena, un allenamento, una partita), ho capito che ha capito: Liverpool è una città di tristezza e dolcezza. Per questo ha prodotto calcio e musica sensazionali.

     

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    La permanenza nell' Unione Europea, nel secondo porto dell' impero britannico, è passata come un alito di vento. I ricordi, i rimpianti e l' orgoglio resistono, invece. Anche l' umorismo scouse , un incrocio tra humour britannico e risata irlandese. Ancelotti mi spiega che, in quanto allenatore dell' Everton (the Blues), non può guidare un' automobile rossa: quello è il colore degli avversari del Liverpool (the Reds). Il cameriere del ristorante interviene: «Ronald Koeman (ex allenatore dell' Everton, ndr ) ha postato una foto con l' albero di Natale sullo sfondo. Aveva addobbi e palline rosse, è successo un putiferio».

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    Viva l' infantilismo del calcio: è un segno di salute. Viva la combinazione di tecnologia, finanza e artigianato della Premier League. A Finch Farm, il centro di allenamento dell' Everton FC, ho visto quanti dati vengono raccolti su ogni giocata e ogni giocatore. Ma i campi - salvo tre o quattro, a Londra - sono classici, colorati, semplici, accessibili. Pieni di cori, canzoni, sospiri collettivi; del rumore perfetto del piede sul pallone. A Goodison Park ho sentito applaudire la formazione avversaria del Crystal Palace.

     

    «C' è felicità dentro gli stadi inglesi», ha detto Ancelotti in conferenza-stampa. Ma i colleghi britannici, che non conoscono il rancore di tanti stadi italiani, non hanno colto la poesia dell' affermazione.

     

    Carlo Ancelotti è un allenatore calmo e ha calmato la squadra, che ha ripreso a girare. Settimo posto in classifica, una sconfitta con il City in Premier League. Solo il Liverpool ha fatto più punti dell' Everton, da quando è arrivato l' italiano. In dicembre, poche settimane prima di Brexit (31 gennaio).

    Le dirò: non sembra che da dieci giorni il Regno Unito sia fuori dall' Unione europea.

    Non qui a Liverpool, almeno.

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    «Già, non se ne accorge nessuno. Lavoro con tanti inglesi, non me ne hanno mai parlato. Neppure il giorno in cui sono finalmente usciti.Forse perché non danno troppa importanza alla cosa...».

    O forse sono stanchi di discuterne: vanno avanti da quattro anni, in Inghilterra.

     

    Neanche i suoi giocatori parlano di Brexit?

    «No, assolutamente no. E poi, nel calcio, quali potrebbero essere le conseguenze?

    Limitare il numero degli stranieri in Premier League? Io non credo che l' Inghilterra voglia fare passi indietro. Qui sono consapevoli del potenziale del calcio inglese nel mondo: con i diritti guadagnano quattro volte la serie A. Uscire dalle competizioni europee? Impensabile.Per forza di cose dovranno trovare un accordo. Prima politico, poi sportivo».

     

    E Liverpool? La gloria di questa città precede l' Unione Europea, risale al tempo in cui i commerci puntavano verso l' America e il resto del mondo.

    AURELIO DE LAURENTIIS CARLO ANCELOTTI A CAPRI IN BARCA AURELIO DE LAURENTIIS CARLO ANCELOTTI A CAPRI IN BARCA

    «Sono qui da poco, ma ho l' impressione che sia una città in evoluzione, vedo tante costruzioni nuove... È vero che ci sono anche zone con molti problemi, anche intorno allo stadio: disoccupazione, solitudine, alcol. E suicidi: 114, l' anno scorso. L' Everton sta facendo tanto, tutti i giocatori sono coinvolti.Quattordici programmi per aiutare 146 mila persone, 5 milioni di sterline l' anno».

     

    Liverpool le piace?

    «È una città informale. Non è grande, la gente è amichevole. Mi trovo bene perché non amo le città formali. Londra e Parigi offrono più scelta per le cose da fare, certo. Ma a Liverpool, come a Madrid, non devi metterti elegante per uscire a cena.

     

    Ogni volta che incontro un allenatore italiano in Inghilterra - Vialli, Zola, Ranieri, oggi lei - ho l' impressione che si senta, come dire, sollevato.

    «Beh, hanno ragione! (ride) . Se uno è abituato al calcio italiano, trova un altro mondo. Non parlo dell' intensità del gioco, non è quello che fa la differenza. Qui c' è un ambiente diverso. In Inghilterra non si viene offesi, per esempio. L' insulto è fastidioso. In alcuni stadi italiani hai l' impressione che la gente ti odi, magari perché hai cambiato squadra. Un tipo si mette dietro la panchina e ti vomita addosso insulti per 90 minuti.Qui, è impensabile».

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    La differenza principale tra Everton e Liverpool?

    «Rivalità sportiva al cento per cento. Come a Milano tra Milan e Inter. Nessun odio.

    Nessuna vera differenza geografica, sociale, politica o religiosa tra le tifoserie».

     

    Rapporti con Jürgen Klopp, allenatore dei rivali del Liverpool?

    «Ottimi, ci conoscevamo già. Lo stesso con Mourinho.Ci mandiamo messaggi».

     

    Ho conosciuto suo figlio Davide, che lavora con lei. Eravate insieme anche a Napoli, a Parigi, a Monaco, a Madrid. Com' è lavorare con un figlio trentenne?

    «Com' è? È bello. Davide è un allenatore con un patentino Uefa A: in Italia, non avrebbe l' età minima, chissà poi perché. Il rapporto tra noi è professionale, ma certamente mio figlio mi dice cose che nessun altro mi dice: anche sulle cazzate che faccio. Il rapporto interpersonale va benissimo. Ma all' esterno questo condiziona molto. Lui porta un peso».

     

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    Perché è andato ad allenare il Napoli, perché è venuto via in quel modo, perché dopo poche ore era già accasato con l' Everton?

    «Sono andato a Napoli perché, dopo nove anni all' estero, avevo voglia di tornare in Italia e Napoli mi sembrava una piazza interessante... Diciamo che non è finita bene, ma è stata una buona esperienza. Vivere a Napoli è una delle più belle cose che possano capitare. Poi un po' per i risultati, un po' per altre difficoltà, si è chiuso il rapporto. Io vengo esonerato il 12 dicembre, l' Everton ha mandato via l' allenatore ai primi di dicembre, le cose si sono combinate.

     

    Coincidenze. De Laurentiis ha detto: "Ho pensato di cambiare", io gli ho detto "Sei sicuro?", lui mi ha detto "Sì", allora io ho detto: "Ok, allora cerco un' altra squadra". Non avevo voglia di star fermo e farmi pagare senza lavorare. Allenare in Inghilterra è affascinante, e la società dell' Everton è ambiziosa».

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    Come fa un allenatore a capire che presto verrà esonerato?

    «Lo annusi, lo annusi... Nel calcio i segreti non esistono, si sa tutto di tutti. A Napoli si annusava... e che devi fare? Devi prendere atto».

     

    Cosa le ha dato fastidio di questa vicenda?

    «Mi dà fastidio che, quando le cose non vanno bene, mi dicano "Ah, bisogna usare la frusta, sei troppo buono, sei troppo gentile e accomodante coi giocatori!". Ma dico: i dirigenti al mondo non conoscono come alleno? Non mi puoi prendere e poi dirmi di cambiare il mio modo non solo di allenare: il mio modo di essere. Perché io sono così, e così sono arrivati i successi. Se tu mi dici "Devi usare la frusta!", è sbagliato, è sbagliato».

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    È successo solo a Napoli...?

    «Ma no, è successo anche al Chelsea, è successo al Paris Saint-Germain... Ho vinto tanto, lo so, ma i momenti difficili ci sono stati dappertutto. Anche al Milan ci sono stati dei passaggi difficilissimi. Però superati. Ecco: forse il Milan è stato l' unico posto dove non mi hanno detto: "Usa la frusta!". Perché mi conoscevano».

     

    A proposito di Milan. Un' opinione sul derby da una gloria rossonera che da ragazzo tifava Inter? Qual è stata la squadra più britannica?

    «Grande Milan nel primo tempo, grande reazione Inter nel secondo tempo. Di britannico c' era l' atmosfera fantastica di San Siro».

    Non è che voi dell' Everton ci portate via Vecino, vero? Ricordi che adesso lei allena i blu, non più i rossi.

    «Vecino? Tranquilli, resta dov' è».

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