Anna Guaita per “il Messaggero”
James Stavridis
«Napoleone Bonaparte usava dire che non bisogna interferire quando il nemico sta compiendo massicci errori strategici. Ma il nemico di Bonaparte non aveva le armi nucleari. Putin ce le ha. Per questo è arrivato il momento di cercare una via d'uscita, per non chiuderlo nell'angolo». Chi parla non è un pacifista, ma un uomo di guerra, quell'Ammiraglio James Stavridis che è stato il comandante supremo delle forze Nato dal 2009 al 2013, e che oggi sembra schierarsi a fianco di Henry Kissinger sulla necessità di cominciare a ipotizzare «che Putin possa conservare una parte dell'Ucraina».
Una settimana fa persino il New York Times, il giornale che finora ha appoggiato la guerra con più convinzione di tutti gli altri, ha pubblicato un fondo che ha generato un certo scalpore perché tra le righe si affermava senza mezzi termini che è diventato assolutamente necessario evitare uno scontro Usa-Russia «anche se una pace negoziata potrebbe richiedere all'Ucraina di prendere alcune decisioni difficili».
Henry Kissinger e Vladimir Putin
Il fondo del New York Times che apriva all'idea di sacrificare l'integrità territoriale ucraina scaturiva a sua volta dall'allarme generato dalla testimonianza di Avril Haines, direttore dell'intelligence nazionale, davanti alla Commissione delle Forze armate del Senato. Haines ha annunciato che il conflitto «potrebbe prendere una traiettoria più imprevedibile e potenzialmente portare a una escalation», con una maggiore probabilità che la Russia possa minacciare di utilizzare armi nucleari. È chiaro che l'intervento di Henry Kissinger a Davos teneva conto dell'analisi dell'intelligence Usa, che finora si è rivelata eccezionalmente precisa.
Il 99enne ex segretario di Stato e riconosciuto esperto mondiale di geopolitica ha dichiarato che «i negoziati devono iniziare nei prossimi due mesi prima che si creino tensioni difficili da superare: idealmente, la linea di divisione dovrebbe essere il ritorno allo status quo».
avril haines
Due mesi è anche il termine che l'ammiraglio Stavridis ha citato come possibile scadenza dalla quale la situazione potrebbe degenerare: «Tra due, quattro, sei mesi al massimo entriamo in un'area a rischio».
Stavridis, che conosce bene Biden, visto che fu a capo della Nato proprio quando l'attuale inquilino della Casa Bianca era vicepresidente e aveva avuto da Obama l'incartamento Ucraina, ha sostenuto nella sua conversazione nel podcast The Gist che «l'Amministrazione sta lavorando molto seriamente per portare gli ucraini a riflettere su questo rischio, a ricordare che comunque stia andando la guerra adesso, la Russia rimane una potenza formidabile, e resterà sui loro confini per sempre, e che forse è giunto il momento per loro di discutere se non sia giusto rinunciare al dieci per cento del loro territorio per avere in cambio la pace e garanzie di sicurezza sponsorizzate dall'Ovest».
JOE BIDEN HENRY KISSINGER
Un altro analista molto ascoltato, Aaron David Miller, che nella sua lunga carriera al Dipartimento di Stato ha lavorato sia con presidenti repubblicani che democratici, ha riconosciuto che cercare la famosa «exit ramp» la via d'uscita sulla quale la diplomazia si affaticò tanto nelle settimane prima della guerra, è diventato quanto mai pressante: «Kissinger ha sempre lottato sulla base di questo principio: che non si deve mai arrivare alla sconfitta totale di uno dei contendenti, alla sua umiliazione».
avril haines e kamala harris
Quella direttiva, ricorda Miller, «nel 1973 lo spinse a convincere Israele a non umiliare l'Egitto, lasciando così la porta aperta tra i due Paesi, e la possibilità di una pace». Miller, che è stato parte di moltissimi negoziati ai massimi livelli, pensa tuttavia che il momento non sia ancora arrivato, che Zelensky non può permettersi, davanti al suo popolo, che si è sacrificato tanto e sta combattendo con immenso coraggio, di accettare di sacrificare una parte del Paese, mentre Putin non dà segnali di essere interessato: «Noi occidentali possiamo cominciare a fare pressioni su Zelensky, ma dobbiamo essere assolutamente certi che Putin sia pronto ad accettare un compromesso».
PUTIN ZELENSKY
«Condivido i sentimenti che Kissinger ha espresso, ma prima di poter attuare questi programmi dovremo tutti, noi americani, la Nato, l'Ue, lavorare per togliere i tanti ostacoli che ci sono sulla strada, e il primo è proprio questo: capire cosa voglia Putin».