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    UNA PROCURA SOTTO INCHIESTA! - DOPO IL PROCURATORE CAPO DI MILANO FRANCESCO GRECO ANCHE LAURA PEDIO VIENE INDAGATA A BRESCIA PER OMISSIONE DI ATTI D'UFFICIO PER IL CASO DEI VERBALI DI PIERO AMARA E LE RIVELAZIONI SULLA "LOGGIA UNGHERIA" - IL PM PAOLO STORARI HA PUNTATO IL DITO CONTRO IL CAPO E LA COLLEGA ACCUSANDOLI DI "INERZIA" INVESTIGATIVA E LAMENTANDO INDAGINI RIMANDATE, RICHIESTE INATTUATE, COMPRESA QUELLA DI ARRESTARE AMARA E L'EX MANAGER DI ENI VINCENZO ARMANNA PER CALUNNIA…


     
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    Monica Serra per "la Stampa"

     

    LAURA PEDIO LAURA PEDIO

    Uno dopo l'altro, i vertici della procura di Milano coinvolti nelle indagini su Eni e la presunta «loggia Ungheria» sono finiti sotto inchiesta a Brescia. Dopo il procuratore Francesco Greco, ora anche l'aggiunta Laura Pedio è indagata per omissione di atti d'ufficio. Interrogata dal procuratore Francesco Prete, Pedio si è difesa dall'accusa di aver «ritardato» per quattro mesi l'inchiesta sull'esistenza della presunta associazione segreta, rivelata dall'ex avvocato Eni, Piero Amara.

     

    Ha messo in fila gli accertamenti che a suo dire sarebbero invece stati condotti e le difficoltà incontrate per conciliarli con quelli legati ad altre «corpose» indagini, come il fascicolo su Eni. Tanto da arrivare a chiedere a Greco e al pm Paolo Storari di affiancare un altro magistrato al pool. Scelta che non sarebbe stata fatta proprio per via della «contrarietà» di Storari.

     

    francesco greco e piercamillo davigo francesco greco e piercamillo davigo

    Con lui Pedio, infatti, ha condotto le indagini sul cosiddetto complotto Eni e, tra il 6 dicembre 2019 e l'11 gennaio 2020, ha raccolto le dichiarazioni di Amara sul fantomatico gruppo di potere in grado di influenzare nomine e politica. Proprio quei verbali che Storari, a suo dire per «autotutelarsi dall'inerzia della procura», ad aprile 2020 consegnò all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, finendo accusato di rivelazione del segreto d'ufficio.

     

    laura pedio laura pedio

    Interrogato a maggio a Brescia, Storari ha puntato il dito contro i suoi capi e, producendo mail e documenti, ha spiegato che cosa intendeva per «inerzia» della procura: le indagini rimandate, le sue richieste rimaste inattuate, compresa quella di arrestare Amara e l'ex manager di Eni Vincenzo Armanna per calunnia, con una misura mai vidimata dai capi e passata al vaglio del gip perché - secondo Storari - avrebbe «pregiudicato» un testimone importante nel processo Eni Nigeria, poi finito con l'assoluzione piena.

     

    Come già anticipato nella relazione agli atti dell'inchiesta, e depositata al Csm, in presenza dell'avvocato Luca Lauri, a Brescia Pedio ha ripercorso tutte le preoccupazioni legate alla fuga di notizie, alla scoperta che i verbali di Amara erano arrivati alle redazioni del Fatto Quotidiano e di Repubblica, come si scoprirà, per l'accusa attraverso la ex segretaria di Davigo, Marcella Contraffatto. «Storari minimizzava la cosa. Mi disse che secondo lui non c'era stato alcun accesso abusivo al sistema informatico della procura e che per fermare la diffusione dei verbali dovevamo arrestare Amara e Armanna».

     

    PAOLO STORARI PAOLO STORARI

    In quella fase, a detta di Pedio, il collega «mai avrebbe manifestato un insanabile dissenso: il suo comportamento rappresenta un'infedeltà grave, un oltraggio e un danno» all'indagine e alla «nostra stessa sicurezza». Nel frattempo è stata trasmessa alla procura di Brescia anche la decisione con cui la sezione disciplinare del Csm ha respinto la richiesta del pg di Cassazione Giovanni Salvi di trasferire Storari e impedirgli di continuare a fare il pm.

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