Fabrizio Goria per "La Stampa"
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La Germania frena e rischia di spaccare una Banca centrale europea già divisa in modo ampio. Il rallentamento dell'economia tedesca nel primo trimestre del 2022, evidenziato dalla Bundesbank nel suo bollettino mensile, è dato per certo. E sarà «notevole».
A tal punto Berlino entrerà in recessione tecnica, dopo la contrazione dello 0,7% nell'ultimo trimestre del 2021. Elemento che costringerà la Bce a ricalibrare la propria politica monetaria il 10 marzo, quando Christine Lagarde dovrà spiegare al Consiglio direttivo quali sono le prospettive per tenere ancorate le aspettative d'inflazione.
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Il Covid-19 continua a essere un pericolo per l'economia dell'eurozona. E a farne le spese, rimarca la Bundesbank, sarà la locomotiva che dall'introduzione dell'euro a oggi ha sempre trainato il continente.
«Contrariamente alle precedenti ondate di pandemia, non è solo il settore dei servizi che rischia di essere interessato dalle misure di contenimento del virus e dai cambiamenti comportamentali, la perdita di lavoro potrebbe anche rallentare notevolmente la produzione economica, anche in altre aree», spiega la banca centrale guidata da Joachim Nagel.
christine lagarde con mario draghi
Le prospettive di fondo restano «buone» e «data l'ottima situazione della domanda, è probabile che l'economia tedesca riprenda velocità in primavera, a condizione che la pandemia si plachi e le strozzature dell'offerta continuino ad allentarsi».
Ma è proprio sotto questo profilo che ci sono le maggiori preoccupazioni. Due sono le situazioni più critiche. Da un lato la crisi dei semiconduttori, che secondo i produttori di chip durerà «almeno» fino alla fine dell'anno, rallentando l'industria pesante e il settore automobilistico.
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Dall'altro, l'impennata dei costi dell'energia. Che, per la Germania, significa una transizione ecologica ancora più difficile da portare a regime. Non è un caso che il membro tedesco del board della Bce, Isabel Schnabel, abbia parlato del comparto dell'energia come uno di quelli da tenere sotto monitoraggio estremo.
In tale contesto si inserisce il tema dei salari, come sottolineato da Deutsche Bank in una nota della scorsa settimana. «Oltre agli shock dell'offerta, dobbiamo valutare i forti sviluppi nel mercato del lavoro e le loro implicazioni per l'inflazione a medio termine», ha sottolineato Schnabel.
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E i salari, come evidenziato da Deutsche Bank, si stanno già surriscaldando. Il timore, per la Germania, è che la situazione sfugga dal controllo della Bce. Dopo mesi passati a ribadire che le spirali sui prezzi erano «temporanee» e «transitorie», analisti ed economisti ritengono che siano più persistenti delle stime.
Nello specifico, Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le prospettive dei prezzi, mentre il Fondo monetario internazionale ha ribassato il proprio outlook per l'eurozona, con particolare focus su Germania, Francia e Italia.
Gli occhi ora sono puntati alla ricalibratura degli stimoli monetari nell'area euro, per evitare di creare bolle sui prezzi e deprimere una crescita già fragile. Un concetto lasciato intendere anche dai governatori di svariati Paesi, come Austria, Belgio, Germania e Paesi Bassi. Con l'aggiunta, recente, della Francia.
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Il numero uno della Banque de France, François Villeroy de Galhau, ha detto che Francoforte potrebbe terminare gli acquisti di asset del programma convenzionale di acquisti di titoli (Asset purchase programme) già nel terzo trimestre.
Elemento di novità, e che riflette il cambio di paradigma nelle aspettative d'inflazione. A oggi, secondo la Bundesbank, i prezzi resteranno ben al di sopra di quota 4% nel 2022. Il doppio del target storico della Bce. Un dato che, se unito alla contrazione di questi primi tre mesi dell'anno, rischia di far tirare il freno a mano a Lagarde. Già entro la fine dell'anno.