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    ANCHE LE CORNA VANNO INDOSSATE CON STILE: IL TRADIMENTO SECONDO FRANCA VALERI


     
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    Leonetta Bentivoglio per La Repubblica

    Tradimento. Parola vasta, smisurata, odiosa. Se ogni tradimento «implica un vincolo morale», scrisse Joseph Conrad, «l'unica cosa che l'uomo può tradire è la sua coscienza». Ma quali sono i limiti della coscienza, in questo territorio scivoloso? Tradimento che vuol dire? Esistono traditori fedeli? O traditi che non si sentono tali? Certo, il tradimento ha emblemi antichi quanto il mondo. La nostra memoria storica può farci evocare Giuda, ma si potrebbe andare assai più indietro. Però, se è vero che la nozione è eterna, il peso che le viene attribuito cambia.

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    L'adulterio visto da Tolstoj o da Flaubert è lontano mille miglia da quello descritto da Philip Roth o da Ian McEwan. In Shakespeare i tradimenti politici non sono paragonabili a quelli narrati da Forsythe. Indubbio, tuttavia, che oggi il tradimento sia socialmente capillare e potente. Colpisce duro in politica, s'infiltra nelle transazioni economiche, affligge ogni legame.

    Viene giudicato un peccato da alcuni e risibile da altri. E' relativo e mutabile. Nell'epoca della solidità annullata e dell'instabilità dei ruoli (famiglie allargatissime, generi sessuali indecifrabili, cancellazione della logica del posto fisso nel lavoro), il tradimento ha perso un valore "oggettivo".

    Inseguendone il significato dinamico, percorreremo varie categorie di tradimento attraverso una serie d'incontri, tracciando storie di traditori e di traditi: buoni o cattivi, passivi o attivi, pianificati o inconsapevoli. Il viaggio parte dal più ovvio dei tradimenti, quello d'amore. Sicuramente il più diffuso.

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    Per molti versi il più veniale. Interpelliamo sul tema quell'incrollabile signora del teatro che è Franca Valeri, definitasi a più riprese, nell'amore, una tradita vera, dichiarata, esplicita. La conversazione avviene nella sua casa di Trevignano, vicino a Roma. Circondata da orde di cani iper-affettuosi, Franca è ironica e solitaria come una nave da combattimento incagliatasi su una spiaggia non troppo scomoda, dove ha deciso di riposarsi.

    Signora Valeri: nel libro Lezioni d'amore (nottetempo), che riunisce interventi di alcuni scrittori sulle varianti del rapporto amoroso, lei ha scelto di parlare del tradimento. Perché? «Perché è drammatico, teatrale. E' una rottura delle regole. Un temporale. Comporta pensieri, ripensamenti, casi di coscienza Essendo un'amante della musica lo sento simile a un si bemolle, nota non felice ».

    Trova che oggi sia diverso da ieri?
    «Molto. Non è più qualcosa che investe una vita e si prolunga frantumandosi in confessioni e in consolazioni, per poi restare lì dov'è. Nelle vecchie famiglie borghesi o nobili, di gente morale, perbene, il padre o il nonno aveva quasi sempre un'amante-moglie parallela, con un figlio non riconosciuto e identico a lui. A volte si sviluppavano delle solidarietà fra moglie e amante, che dopo un po' si scambiavano volentieri opinioni sull'oggetto. Questo per dire che l'uomo è traditore per natura: lo è sempre stato. E di solito la moglie si rassegnava a quest'evidenza ».

    Il Gay Village premia Franca ValeriIl Gay Village premia Franca Valeri

    Invece adesso?
    «Ora il tradimento rompe subito gli argini. Le donne non ammettono più d'essere tradite. Per carità, il perdono no! Inutile sentimento corrosivo, che per di più mette in discussione la conquistata parità. E' di data recente l'inammissibilità della mala condotta, con la conseguente frequenza caotica di separazioni e divorzi. Inoltre, spinta da una nuova leggerezza, la donna s'è messa a capeggiare le vicende sessuali. Basta con l'avvilimento delle scoperte: il frugare, i capelli sulle giacche, i rossetti sulle camicie. No al tradimento passivo! Sì a quello attivo!».

    Crede che rispetto al passato le donne tradiscano di più?
    «Mi pare di sì. Non si mostrano più assuefatte ad avere un solo uomo nella vita. Prima c'erano le donne effimere che erano un po' speciali, o quelle povere che a volte finivano a fare le puttane. Ma la donna normale, se trovava marito, si rassegnava a tenerselo così com'era. Decidere di andare a letto con un altro uomo era una decisione grossa, impegnativa.

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    Ora invece la donna riconosce a se stessa l'importanza del fatto fisico con più facilità. Non che prima non pensasse all'amore e al sesso. Lo ha sempre fatto, e anche tanto. Solo che era un suo segreto. Adesso molto meno. In ogni caso, una volta che la donna ha deciso di tradire, se la gode un mondo, essendo molto predisposta al sesso».

    In che senso?
    «E' tentatrice e vittima per natura. Vulnerabile, certo, ma anche assai dedita al lavoro di attrazione. Che in lei è una faccenda complicata, perché al contrario del maschio se la deve un po' giustificare: deve capire perché un uomo le piace. Ma quando ci riesce non vede ragioni per rinunciarvi ».

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    Nella sua autobiografia Bugiarda no, reticente (Einaudi), riferisce di aver avuto amori lunghi con due traditori.
    «Uno è mio marito, Vittorio Caprioli. Uomo molto attratto dalle donne. Amava piacere e ci riusciva con la sua simpatia e qualche bassezza, tipo la chitarra e le canzoni napoletane raffinate, alla Murolo. Comunque era molto attaccato al nostro rapporto. Il mio guaio con gli uomini è stato sempre quello di rendermi indispensabile.

    Una specie di roccia, un sostegno nella vita e nel lavoro. Intanto loro facevano un po' quello che volevano. Non ho mai fatto scenate né sventolato valigie. Con Vittorio è durata una decina d'anni. Poi, per trent'anni, sono stata con un vero, grande traditore (il direttore d'orchestra Maurizio Rinaldi, scomparso nel 1995, ndr). I direttori d'orchestra sono così: pericolosissimi. Magnetici poli d'attrazione. Consideri che lui aveva quattordici anni meno di me: tanti».

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    La tradiva e lei fingeva di non vedere?
    «Impossibile ignorare, anche perché raccontava. La sua memoria delle donne ripassate era topografica. "Quella piazzetta dove incontravo la cassiera". Oppure: "Lì a destra il marito ha preso a schiaffi Monica". E io: "Ma tu dov'eri?". E lui: "Me n'ero annato un momento prima". Parlava romanesco, il che gli dava una strana nobiltà. Non si può sapere tutto quello che abbiamo vissuto insieme. Sono riuscita a fargli un piatto di spaghetti al pomodoro in un albergo finlandese alle due di notte. Per fortuna era giugno e il cielo era chiaro».

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    Non si sentiva gelosa?
    «Certo. Tutti sono gelosi. Anche i cani. Anzi: i cani moltissimo. Ma quando si ama qualcuno è più affascinante possederlo con i gesti della vita che con quelli del sesso. Lui faceva sempre un bagno caldo prima di dirigere. Mentre lo insaponavo vedevo dalle sue labbra che ripassava la partitura. Poi uno scatto: "Basta. Mica so' sporco". Che una stesse nel suo letto mezz'ora prima d'incontrarlo non mi faceva piacere, ma se gli avesse lavato i capelli l'avrei uccisa».

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    Il piacere del rapporto era più forte del dispiacere di essere tradita?
    «Era un ragazzo attraente e un compagno piacevole, affettuoso. Mi chiamava asino, animale che adoro. Cosa volevo di più?».

    Esiste la fedeltà in amore?
    «Rarissima. Oggi più che mai. Si sono aperte troppe porte, si è parlato troppo di sesso. E i giovani lo fanno troppo presto. Il che, fatalmente, accorcia la vita».

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    Perché?
    «Dolori, malattie, noia. Se si comincia a far l'amore a tredici anni, a cinquanta non se ne può più».

     

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