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    ANCHE PER L'ITALIA SONO KAZAKI AMARI - DAL PETROLIO AL METANO, SIAMO IL PRIMO PARTNER COMMERCIALE EUROPEO DEL KAZAKISTAN SCOSSO DALLE RIVOLTE: TRA MECCANICA, AGROALIMENTARE, ENERGIA E LOGISTICA CI SONO CIRCA 250 AZIENDE E JOINT VENTURE A CAPITALE ITALIANO CHE OPERANO IN QUEL PAESE - LA RABBIA CONTRO IL CLAN NAZARBAYEV CHE SI BARCAMENA DA ANNI SU UN MARE DI DELITTI E DI FOLLIE…


     
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    1 - DAL PETROLIO AL METANO, L'ITALIA È IL PRIMO PARTNER EUROPEO DEL KAZAKISTAN: LO SCENARIO

    Gabriele Rosana per "Il Messaggero"

     

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    Occhi puntati sulle rivolte in Kazakistan anche in Italia: quasi 6mila chilometri separano Roma da Nur-Sultan, ma il nostro Paese è il primo partner commerciale europeo del più grande fra gli Stati centro-asiatici nati dalle ceneri dell'Unione sovietica.

     

    statua di nazarbayev abbattuta statua di nazarbayev abbattuta

    Un rapporto privilegiato iniziato già trent'anni fa, all'indomani della dissoluzione dell'Urss, che si è cementato attorno alla radicata presenza dell'Eni, e che ha via via attratto in Kazakistan un crescente numero di aziende italiane accanto a quelle russe e cinesi.

     

    ECONOMIA DIVERSIFICATA

    Fondamentale partner per le importazioni italiane di energia visto il ricchissimo sottosuolo di petrolio e gas (il Cane a sei zampe è presente nei mega-giacimenti di Karachaganak, nel nord-ovest, e di Kashagan, nel Mar Caspio), negli ultimi tempi il Kazakistan sta anche puntando a diversificare la propria economia.

     

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    Dalla meccanica all'agroalimentare, dall'energia alla logistica, secondo i dati della nostra ambasciata a Nur-Sultan diffusi dal ministero degli Esteri attualmente sono circa 250 le aziende e le joint venture a capitale italiano che operano nel Paese dell'Asia Centrale (una quarantina delle quali con una sede stabile).

     

    Insomma, quello kazako adesso messo in crisi dalla protesta legata alla corsa dei prezzi del carburante che si è presto trasformata in contestazione politica è in realtà da anni un mercato piuttosto stabile e in piena espansione anche per gli investitori italiani, con esportazioni-record pari a 1,1 miliardi di euro all'anno nel 2018 e nel 2019.

     

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    COOPERAZIONE CON LA UE

    Interlocutore diplomatico di Roma e delle altre cancellerie Ue nelle ore dell'evacuazione dei profughi dall'Afghanistan, questa estate, il Kazakistan è stato anche il primo Stato della regione centro-asiatica a firmare un Accordo di partenariato e cooperazione rafforzata con l'Ue.

     

    Nono Paese al mondo per estensione territoriale, la sua sterminata superficie di 2,7 milioni di chilometri quadrati fa da cerniera tra Asia e Europa ed è un importante snodo di passaggio per vari oleodotti e gasdotti, oltre che un punto d'accesso per le merci verso i mercati orientali.

     

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    La tradizionale leva sulle fonti fossili è oggi accompagnata da una strategia volta a diminuire la dipendenza dall'esportazione di idrocarburi e attrarre investimenti internazionali per diversificare le attività produttive kazake, finora legate all'industria estrattiva (Nur-Sultan è il principale produttore al mondo di uranio, di cui è responsabile per il 40% dell'offerta, indispensabile per il nucleare civile): attenzione particolare oggi, quindi, per rinnovabili, agribusiness, meccanica, industria leggera e turismo; tutti settori in cui l'Italia è interlocutore privilegiato del tessuto imprenditoriale di Nur-Sultan, ricostruisce la Farnesina in un report sulle relazioni commerciali con il Paese centro-asiatico.

     

    A giugno s' è tenuto l'ultimo Business Forum organizzato dai due Stati e a cui hanno partecipato oltre 600 aziende. Ecco che l'Italia, come dichiarato ieri in una nota del ministero degli Esteri, «segue con grande preoccupazione i gravi eventi che stanno avendo luogo in Kazakistan, al quale è legata da rapporti di amicizia e da un solido partenariato economico».

     

    2 - GAS E URANIO, DELITTI E FOLLIE: LA DINASTY NAZARBAYEV

    Francesco Battistini per il "Corriere della Sera"

     

    «Ci sei tu, in riva al mareee!». Al più grande Paese del mondo senza mare, ogni tanto tocca anche questo: ascoltare i gorgheggi di Dariga Nazarbayeva, la figlia prediletta del Leader della Nazione, l'erede predestinata che la stampa kazaka (di cui è proprietaria) descrive come un usignolo e che quando molla il Senato (di cui è presidente) va sulla tv di Stato (di cui è fondatrice) a cantare ballate folk, l'immancabile Toto Cutugno e l'amata versione francese di «Luglio» by Riccardo Del Turco, «luglio col bene che ti voglio/ credevo ad un abbagliooo».

     

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    Cose normali, nel Nazarbayev-stan. Dove la rabbia contro il clan Nazarbayev, ben prima che per il prezzo del gas, si barcamena da anni su un mare di delitti e di follie. Di città cambiate di nome e d'ordinanze per imporre l'uso dell'apostrofo. «Andate tutti in vacanza in Kazakistan», esortava nel 2008 il premier italiano Silvio Berlusconi: «Lì c'è un signore che è un mio amico, non a caso ha il 92% dei voti. Un consenso che non può non basarsi sui fatti».

     

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    Il consenso è nei numeri: è dal 1991 che l'81enne Nursultan Nazarbayev macina percentuali fra il 90 e il 98%, e in fondo cosa conta che i candidati dell'opposizione rinuncino a farsi votare e raccomandino di preferire lui, Nursultan, il Sultano di Luce, il tiranno che Amnesty International accusa di torture e uccisioni mirate?

     

    nursultan nazarbayev vladimir putin nursultan nazarbayev vladimir putin

    I fatti dicono che il Sultano s'è dimesso a sorpresa nel 2019, pretendendo la totale immunità: gli preme che la corte resti protetta. E se finora ha esercitato un controllo assoluto, l'appello all'intervento militare russo è apparso un segno di debolezza. La sua rete di sostegno internazionale, che un tempo passava per Tony Blair e David Cameron, oggi comprende la Turchia di Erdogan e la Cina, domani chissà.

     

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    Perché Nazarbayev è sempre stato veloce a trovarsi gli amici giusti e a scaricare quelli inutili, fin da quando osava dire no a un declinante Gorbaciov che voleva nominarlo vicepresidente dell'ultima Urss, o buttava alle ortiche la tonaca di comunista ateo per mettersi il turbante del sunnita anti-iraniano.

     

    Con tutto il gas e l'uranio che in trent' anni di potere ha venduto per il mondo, soprattutto a noi italiani, gli è riuscito facile rilanciare l'economia e rifarsi una capitale nuova di zecca, Astana, con modestia ribattezzata Nur-sultan.

     

    statua di nursultan nazarbayev statua di nursultan nazarbayev

    Un po' meno, il Sultano ha saputo placare gli appetiti della corte. A cominciare da Dariga, 58 anni, la prima delle tre figlie, che ha fondato un partito poi confluito in quello di papà («sei tornata da tuo padre!», fu il pubblico riconoscimento) e in attesa di salire al trono presidenziale alterna concerti sugli Champs-Elisées a ruoli nei musical. È l'ambiziosa Dariga a tenere la cassaforte, dicono: i Panama Papers rivelarono i suoi depositi off-shore alle Isole Vergini, compresa la proprietà della finta casa di Sherock Holmes a Londra, al 221B di Baker Street.

     

    Sono noti i suoi contrasti col presidente Tokayev, che ne ha temporaneamente usurpato il trono. Dariga sa aspettare e non si cura delle folle furiose che ora la insultano. Alla corte dei Nazarbayev, del resto, il dissenso non è contemplato. E una strana maledizione s'abbatte su chi rompe le regole.

     

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    Rakhat Aliyev, l'ex marito di Dariga, già capo dei servizi, entrò in contrasto con la Famiglia e suo malgrado «venne divorziato» via fax mentre si trovava all'estero. Il malcapitato genero del Leader Nazionale chiese inutilmente asilo politico a Malta e a Cipro, ma fu inseguito da un ordine di cattura internazionale per omicidio e poi incarcerato in Austria: misteriosamente, lo trovarono impiccato.

     

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    E il figlio di Dariga? Anche il giovane Nurali figurava intestatario di fortune nei Panama Papers, era un promettente calciatore passato per il Chelsea e il Portsmouth, col vizio della cocaina e di parlare un po' troppo: su Facebook, raccontò «la mentalità medievale» dei suoi parenti, rivelò d'essere nato da un incesto, denunciò la «corruzione della famiglia e di chi fa affari tra Russia e Kazakistan», quindi nel 2020 scappò a Londra e chiese asilo, pure lui. «Mi vogliono uccidere», spiegò. Sei mesi dopo, morì. «Arresto cardiaco». A 29 anni.

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