RENZI LOTTI
Stefano Folli per “la Repubblica”
Ora che il caso Consip-Romeo ha toccato il ministro Luca Lotti e Tiziano Renzi, si affacciano alcune domande non trascurabili. Quelle relative all'inchiesta giudiziaria, alle sue ramificazioni e all'effettivo grado di responsabilità dei personaggi coinvolti trovano risposta giorno per giorno nelle cronache e nelle rivelazioni che pubblichiamo. E quello che si è saputo, soprattutto nelle ultime ore, lascia inquieti, per non dire sconvolti.
tiziano renzi luca lotti
Le accuse della procura appaiono ben definite e sostenute da prove non approssimative. È ovvio che gli accusati e i sospettati hanno i loro diritti, il primo dei quali consiste nel non essere condannati anzitempo dalla macchina mediatica. Ma non si renderebbe un buon servizio alla verità edulcorando le notizie che arrivano da Napoli, anzi dall' inedito asse Napoli-Firenze.
Soprattutto perché sta emergendo il reticolo di un sistema di potere forse ancora artigianale e persino ingenuo in certi suoi passaggi (l' sms, la buona parola presso l' amico, i lauti compensi richiesti e promessi), ma senza dubbio famelico, spregiudicato e del tutto privo di etica pubblica. Qui si misura quanta retorica ci sia o ci sia stata nell'approccio "nuovista" degli ultimi anni, dietro il quale è mancato un reale rinnovamento morale del costume politico.
matteo renzi con il padre tiziano
Al contrario, l'intreccio fra politica e affari sembra non meno soffocante di quanto fosse nel lontano passato della Prima Repubblica declinante, i cui vizi sono stati per anni esecrati pubblicamente ma in privato, a quanto pare, replicati. È lecito domandarsi le ragioni di questo cinismo senza valori che contribuisce a uccidere, fra l'altro, le speranze di una generazione di giovani. Per cui è bene non stupirsi troppo se poi questi stessi giovani disdegnano la politica, ne diffidano e irridono il referendum sulle riforme presentate come il passaporto verso la Terra Promessa.
INCHIESTA CONSIP - IL PIZZINO STRAPPATO
Qui si arriva a un altro quesito, proprio nel cuore del problema. Ha un nome e un cognome: Tiziano Renzi. Qualcuno dice che la giustizia, quando sfiora il livello politico, funziona come una bomba a orologeria. Potrebbero dirlo anche i francesi che vedono il candidato del centrodestra, Fillon, azzoppato e di fatto estromesso dalla campagna per l'Eliseo dal mediocre scandalo che lo sta travolgendo insieme alla moglie Penelope.
La risposta è che è sempre buona norma tenere a bada i familiari, in Italia come in Francia. L'attivismo affaristico del padre di Renzi, al di là delle sue eventuali responsabilità penali nell'affare Romeo, appariva molto inopportuno già da tempo. Adesso è diventato il macigno su cui il figlio può inciampare nel momento più delicato della sua carriera politica.
ALFREDO ROMEO
Non c'è molto da aggiungere alla brusca realtà delle carte. I nomi di Lotti e di Tiziano, l'amico più stretto e il padre, pongono l'ex segretario del Pd di fronte a una precisa e ovvia responsabilità: chiarire quel che c'è da chiarire in una vicenda assai limacciosa, prendere le distanze dalla zona d'ombra, rispondere senza arroganza a quanti in queste ore gli rivolgono attacchi politici. È solo l'inizio, si può presumere.
Grillo ha già chiesto a Renzi di spiegare perché accettò un finanziamento da Alfredo Romeo per la Fondazione Open, un Romeo già noto alle cronache processuali. Forse è il caso che l'ex presidente del Consiglio sia fedele alla sua immagine ben coltivata di giovane aperto e solare e si sforzi di dissipare le nebbie. Nessun figlio deve pagare per le colpe del padre. Ma esistono situazioni in cui la reticenza può essere fatale, come adesso di fronte all'evidente risvolto politico dell'inchiesta di Napoli.
Alfredo Romeo esce dal carcere
Né può essere sufficiente dire «ho fiducia nei magistrati» e poi tacere a oltranza. L'omaggio formale e generico alla magistratura è un vecchio manierismo che non porta molto lontano. Il Renzi di oggi è già indebolito dalle recenti sconfitte e dalla scissione nel partito. C'è chi crede che le procure abbiano voluto colpirlo proprio perché debole.
Un teorema che si ripropone sempre, davanti a ogni indagine scottante. Ma quel che conta, da oggi in poi, sarà la capacità dell'ex segretario del Pd di dissipare ogni dubbio. Se sarà in grado di farlo. Renzi considera l'opinione pubblica la fonte del suo potere, ben oltre i rituali di partito. Ma proprio l'opinione pubblica vorrà vederci chiaro in questa torbida storia.