Paolo Salom per il “Corriere della Sera”
XI JINPING VLADIMIR PUTIN - VIGNETTA DI GIANNELLI
Per tutta la vita Mao Zedong ha vissuto un rapporto conflittuale con la Russia. Sin dai tempi in cui si batteva, prima che la sua rivoluzione contadina trionfasse, per far capire agli emissari sovietici che in Cina gli operai non avevano la forza di condurre la lotta di classe (fondamentalmente per il loro esiguo numero), il Grande Timoniere ha sempre mal tollerato la supponenza con cui Stalin e i suoi successori lo guardavano dall'alto in basso, come fosse una sorta di «parente rozzo del socialismo internazionale».
Chissà cosa penserebbe oggi Mao dell'inversione di ruoli tra Mosca e Pechino: nella capitale originaria del movimento comunista, il Pcus non esiste praticamente più; a Oriente, invece, il cielo, almeno nella teoria, è ancora rosso, il Pcc è saldamente al comando e il «socialismo con caratteristiche cinesi» (che i padri del marxismo realizzato consideravano come fumo negli occhi) ha trasformato un Paese sottosviluppato, sovrappopolato e isolato nella seconda economia del mondo e nel primo avversario strategico degli Stati Uniti.
Xi Jinping e Vladimir Putin
Se un tempo erano i comunisti cinesi ad andare a Mosca in pellegrinaggio, adesso il percorso avviene nella direzione opposta. E il Washington Post , in un articolo basato su fonti «ben informate», spiega ora come i russi, in crisi per lo stallo imprevisto in Ucraina, abbiano (disperatamente) chiesto aiuto ai cinesi.
VLADIMIR PUTIN XI JINPING BY EDOARDO BARALDI
Mosca ha bisogno urgente di forniture militari, tecnologiche e finanziarie. Pechino è l'unico alleato che può fare la differenza. E qui entra tuttavia in campo la forza ineluttabile della Realpolitik. Perché se il presidente Xi Jinping ha sin dall'inizio dichiarato il suo sostegno incondizionato a Putin, accusando gli Stati Uniti e l'Occidente tutto di aver causato la guerra contro l'Ucraina con il «provocatorio» allargamento a Est della Nato, nei fatti si è guardato bene dal mettersi in rotta di collisione con Washington.
Il discorso, come emerge dai dialoghi riportati dal quotidiano americano, è semplice: su un piano politico e diplomatico, la Cina è dalla parte della Russia, considera le sanzioni occidentali «un abuso illegale», gli aiuti militari a Kiev un «azzardo», tanto da assicurare a Mosca il suo «pieno appoggio» sulla scena internazionale. Ma, alla prova dei fatti, i cinesi non hanno praticamente mosso un dito.
xi jinping vladimir putin
Anzi: molte grandi società (per esempio i giganti telefonici) hanno abbandonato la Russia. Le banche e i gruppi tecnologici si guardano bene dal continuare a «fare affari» con Mosca per non incorrere nelle sanzioni secondarie da parte americana. Nessun sistema d'arma (e forse neppure ricambi) ha superato la lunghissima frontiera tra i due giganti globali.
Ecco dunque che i russi hanno insistentemente chiesto ai loro partner di adempiere a tutti gli impegni promessi, quanto meno di rispettare gli accordi economico-strategici precedenti l'invasione iniziata il 24 febbraio. Secondo il Washington Post , i dialoghi tra i funzionari dei due Paesi sono stati «intensi».
vladimir putin 2
Ma i risultati non si sono visti: «Pechino - dice la fonte anonima di parte cinese - resta convinta sostenitrice delle ragioni della Russia, consideriamo le sanzioni illegali, ma non possiamo ignorare gli interessi nazionali in questa vicenda. E il nostro governo metterà sempre e comunque il benessere del popolo cinese davanti a ogni considerazione». In altre parole: a meno che non si trovi un sistema per annullare gli effetti delle sanzioni primarie e secondarie, la Repubblica Popolare non muoverà un dito proprio per non rischiare di essere danneggiata a sua volta.
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putin xi jinping
XI JINPING E VLADIMIR PUTIN