Tommaso Rodano per il "Fatto Quotidiano" - Estratti
MAURIZIO DE GIOVANNI
Maurizio de Giovanni approccia il tema serioso dell’intervista con un sorriso: “Di crisi della sinistra potremmo parlare ogni sei mesi fin dal 1970. E credo, temo, anche nel lontano futuro”. Intanto prendono forma i risultati delle Regionali: una minestra calda per il centrosinistra. Lo scrittore prende nota, ma posa lo sguardo altrove: “I numeri dell’astensione descrivono un’altra sconfitta del sistema politico”.
In Umbria l’affluenza è calata di 12 punti, in Emilia-Romagna di 20.
È una fuga dal voto, un distacco impressionante.
Perugia non è Washington, ma dopo le elezioni americane sono tornati i discorsi sulla sinistra che abusano le consuete categorie: la gauche caviar, la distanza dal popolo, le élite autoreferenziali.
Provo ad allargare un po’ lo sguardo. Non è detto che la condizione di crisi sia un fatto negativo: la crisi nasce dalla discussione e io sono più preoccupato dal pensiero unico. Continuo, da uomo della strada, a vedere differenze più profonde e radicali tra le posizioni dei partiti di destra al governo. I risultati delle Regionali mi sembra lo confermino: dietro Fratelli d’Italia ci sono macerie.
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La Lega straperde in Regioni dove l’ultima volta aveva fatto benissimo: l’ambizione di Salvini di un movimento nazionale credo sia archiviata. Eppure Meloni e i suoi governano senza divisioni.
È un fatto che mi incuriosisce. I tre partiti appartengono a gruppi parlamentari europei contrapposti. Sono su posizioni profondamente distanti su molti temi fondamentali. Ma vanno avanti compatti.
ELLY SCHLEIN GIORGIA MELONI
Il potere è sempre stato un collante straordinario.
Invece a sinistra, dove la missione è difendere i ceti più bassi, i piccoli distinguo individuali diventano insuperabili e non si arriva a una posizione comune. L’uomo della strada osserva queste anomalie e rimane sconcertato. Non si riconosce da nessuna parte e non vota.
Dice che l’obiettivo dei partiti di centrosinistra è la difesa dei più fragili. È davvero così?
MAURIZIO DE GIOVANNI
Credo di sì. Per esempio nella campagna per il salario minimo o nella contrapposizione ai condoni che incentivano l’evasione fiscale e a una Finanziaria clamorosamente spostata verso i ceti medio-alti. Sono posizioni orientate verso il riequilibrio delle condizioni sociali. Ce n’è bisogno. L’ultimo rapporto della Caritas parla di 6 milioni di persone sotto la soglia della povertà. Sei milioni! Fino a 30 anni fa o lavoravi o facevi la fame. Ora c’è gente che lavora facendo la fame.
(...)
Tornando alla tesi iniziale, non trova che la sinistra abbia perso il contatto con la realtà sociale che dovrebbe rappresentare?
Riconosco che ha privilegiato alcune lotte: diritti civili, Europa, migranti. Questioni importanti. Ma quando vado a fare la spesa o pago le bollette, voglio risposte concrete. Capisco che la politica non sia l’amministrazione di un condominio, ma ogni tanto un occhio al condominio lo deve dare.
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C’è stato un eccesso di politicamente corretto?
Non dico questo. Non penso che sia possibile stare a guardare mentre 7 migranti vengono trasferiti avanti e indietro dall’Albania in quella maniera umiliante e ridicola, non credo che sia giusto permettere a un miliardario americano di insultare i nostri giudici, non credo siano accettabili le discriminazioni verso le comunità Lgbt o che le donne prendano due terzi dello stipendio di un uomo a parità di mansioni, o che i bambini dell’Italia Centro-meridionale non abbiano asili e scuole come quelli del Nord.
COPERTINA LIBRO Maurizio de Giovanni
Forse non sono discorsi che pagano dal punto di vista elettorale, ma non per questo si possono tacere. Però insieme a questo devi proporre anche soluzioni all’inflazione, all’aumento dei prezzi, alla diminuzione dei salari, alla terribile sperequazione tra Sud e Nord.
Quando era stato coinvolto nel “comitato costituente” degli 87 “saggi” del Pd, nel 2022, le erano cascate le braccia...
Ci sono rimasto quasi per tre minuti (ride). Sono una persona piuttosto concreta e non ricordo esiti di quel comitato.
MAURIZIO DE GIOVANNI
Il film su Berlinguer ha riacceso il dibattito sulla sua figura. Il sentimento prevalente è la nostalgia, soprattutto tra i giovani.
Sono le mancanze di quest’epoca che richiamano la nostalgia dell’altra. È triste, ma non darei la colpa solo agli adulti. Mi sembra che i ragazzi abbiano molta capacità nel riconoscere i problemi, ma siano difettosi nelle proposte. Raramente sono impegnati in politica e anche le piazze mi paiono troppo vuote. Approfitterei di questa nostalgia per invitarli ad alzare la voce e proporre qualcosa di alternativo. Ce n’è bisogno.
La vittoria di Trump se l’aspettava?
Certo. Per un motivo: 11 milioni di immigrati clandestini. E ribadisco: 11 milioni, non i 15 mila che in Italia vengono spacciati per emergenza. E poi la situazione economica negativa, con l’aumento enorme dei prezzi e dei mutui. La proposta dell’amministrazione Biden-Harris era di una debolezza drammatica.
Trump la inquieta?
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È un pregiudicato, sessista, omofobo, razzista... ma su questo noi italiani non possiamo scandalizzarci più di tanto. Il problema sono le intenzioni: la sua parola preferita è “dazi”. Noi dipendiamo dalle esportazioni negli Stati Uniti, speriamo non mantenga le promesse. Trovo curioso che ci siano connazionali contenti, che esibiscono magliette trumpiane. Mi auguro abbiano ragione loro, ma non sono ottimista.
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