Estratto dell’ultimo libro di Angelo Molica Franco “Il buio straordinario. La nascita dell’identità omosessuale nel romanzo del Novecento” pubblicato da "Il Fatto Quotidiano"
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Si racconta che la sera del 28 dicembre 1895 a Parigi, nella cantina del Grand Café al 17 del boulevard des Capucines, durante la proiezione del primo film dei fratelli Lumière – in realtà ombre grigie e tremolanti su uno schermo bianco, che poi divennero i celebri 49 secondi de L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat –, il pubblico in sala, preso dal panico nel vedere la locomotiva che avanzava verso di loro, si alzò e fece come per uscire. E questo perché, prima di quella sera, il movimento era solo reale, cioè quello irripetibile e osservabile nella realtà.
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Ma non è solo la storia del cinema a iniziare così. Con il treno, inizia anche il viaggio dell’identità omosessuale come una specie di figlio indesiderato della Rivoluzione industriale. (...) Cosa è successo alla società quando le stazioni ferroviarie si sono collocate fuori dalle mura medievali? Ecco, allora, che viene deflagrata la cintura fisica che per secoli fino a quel momento aveva tenuto al sicuro il patriarcato, la famiglia tradizionale, aveva protetto il nido di quel piccolo mondo antico.
Come alternativa al modello unico uomo-donna, si profila l’idea del singolo, dell’individuo – uomo, donna –, che si chiede “chi sono io?”.
(...) Questo senso dell’individuo corrisponde a una ritrovata vita sensibile, un nuovo epicureismo che fa ritrovare negli individui il principio del piacere. André Gide è tra i primi a recuperare in letteratura questa frenesia erotica del diverso. Lo scrittore francese, però, riversa questa interrogazione del corpo erotico dentro un io narrante colmo di humanitas, e dunque fatto di contraddizioni, inciampi, rimorsi, sbagli, insomma: di sconfinati sentimenti. In poche parole, dentro un cuore pulsante. L’immoralista, infatti, possiamo considerarlo il primo romanzo della letteratura omosessuale che si concentra in senso letterale sulla scoperta da parte di un protagonista della propria omosessualità.
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Michel affronta la battaglia interiore dell’affermazione di sé.
(...) Con il suo protagonista – scisso tra ciò che deve e ciò che desidera – racconta perfettamente la gracilità dell’uomo e la sua rincorsa bugiarda in direzione di un sogno che non si realizzerà in questa specie di viaggio a ritroso nella memoria di un io-coscienza e del suo doloroso sforzo di stabilire un rapporto con la verità: tentativo che fallisce. Soprattutto, anticipa di due anni ciò che Pirandello scriverà ne Il fu Mattia Pascal (che, insieme al romanzo di Gide, inaugura il modello del romanzo-saggio): “Non è più il tempo di Oreste, è semmai il tempo di Amleto”.
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(...) Gide, tuttavia, non solo mette l’omosessuale allo specchio, ma compie ancora un passo in avanti. Prima di lui, infatti, gli scrittori francesi di fine Ottocento nel romanzo naturalista – i primi a trattare l’argomento senza reticenze – mettevano sordidamente in relazione la perversione sessuale dei propri personaggi con la degradazione dell’ambiente nel quale vivevano in termini di un rapporto di causa-effetto. Ciò perché il primo passo che l’omoerotismo compie nel campo della parola scritta è stato, infatti, quello dei casi clinici in cui gli psichiatri – la parola apparteneva ancora a loro – racconta vano in terza personale perversioni confessate dai loro pazienti.
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Di pari passo, però, proprio per via di quell’alterità di cui si appropria la letteratura, che deve costruire mondi possibili alternativi, quelle perversioni entrarono anche nei romanzi. (...) Rivelando la parola scritta il suo più ancestrale e primitivo potere, l’immedesimazione, l’omosessuale smette –o almeno inizia a smettere–di essere un malato, uno spostato, un paziente senza voce che demandi ad altri il racconto di sé.
Ed è proprio in questo momento, quando cioè viene affermato un io narrante omosessuale, che inizia a farsi spazio nascostamente e illuminata (si fa per dire) dal buio della vergogna anche l’idea dell’esistenza di un’identità omosessuale. (...) Senza questo passaggio fondamentale, il centro d’attrazione de L’immoralista di Gide non avrebbe potuto essere l’ascolto di un personaggio della propria mente, del proprio cuore, del proprio corpo, del proprio piacere, e il doloroso fronteggiare la lotta interiore tra queste voci. “Le opere più belle degli uomini sono ostinatamente dolorose” scrive Gide.
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